Egitto – L’eredità del viaggio del Papa: identità ed educazione per un futuro di pace
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02 Maggio 2017

(ANS – Il Cairo) – Del viaggio apostolico di Papa Francesco in Egitto, svoltosi nei giorni 28-29 aprile all’insegna dell’ecumenismo e del dialogo interreligioso, si possono sottolineare due aspetti peculiari, entrambi enunciati dal Papa nel suo intervento alla Conferenza Internazionale per la Pace all’Università Islamica di Al-Azhar, al Cairo: il fatto che un autentico dialogo interreligioso richieda anzitutto “il dovere dell’identità”; e il ruolo dell’educazione.

di don Vittorio Pozzo, SDB

Non ci si può presentare onestamente davanti all’altro camuffando la propria identità: questa, anzi, deve emergere con chiarezza e trasparenza, senza ombre che la offuschino. Questa chiarezza che traduce le proprie convinzioni più profonde è quella che permette di comprendere l’identità dell’altro e le sue convinzioni. Solo così si evita il confronto nell’ambiguità. Ma chiediamoci, anzitutto, qual è la nostra identità? Ce l’abbiamo veramente? La conosciamo e ci immedesimiamo con essa o è una vernice sbiadita?

Questo dialogo richiede il riconoscimento dell’“alterità”: riconoscere che l’altro è diverso da me e m’interpella con la sua diversità, senza per questo essere mio nemico. Se considero l’alterità in senso negativo, la vedrò come minaccia cha suscita sentimenti di diffidenza, sospetto, paura. Se la considero in senso positivo, la vedrò come valore, risorsa, fonte di arricchimento.

La “sincerità delle intenzioni”, infine, deve rivelare che il dialogo non soggiace a una mossa tattica, a una finzione diplomatica o a secondi fini. L’apertura deve essere incondizionata: apertura di mente e di cuore. “Dobbiamo ascoltare il fratello con l’orecchio di Dio, perché ci sia dato di parlare con la parola di Dio” (Dietrich Bonhoeffer).

Come Salesiani siamo poi toccati delle parole del Papa sull’importanza dell’educazione delle giovani generazioni, in particolare della sua qualità e dei suoi contenuti, affinché rispondano realmente “alla natura dell’uomo, essere aperto e relazionale” e ne pongano al centro la dignità. Conoscendo i contenuti di vari manuali scolastici in uso nei paesi mediorientali, zeppi di citazioni confessionali e interpretati nel loro senso più stretto e rigoroso, è quanto mai opportuno l’invito del Pontefice a “far maturare generazioni” affinché “trasformino ogni giorno l’aria inquinata dell’odio nell’ossigeno della fraternità”.

Il cammino è ancora molto lungo, e richiede una vera e profonda rivoluzione culturale. Dal di fuori possono venire stimoli e spinte, ma un vero cambiamento può e deve sgorgare solo dall’interno, da leader religiosi e politici che si battano coraggiosamente e concretamente contro ogni forma di estremismo e per una cittadinanza inclusiva, basata sulla comune umanità, nel riconoscimento incondizionato dei diritti umani universali e delle libertà fondamentali. Emerge così il ruolo centrale dell’educazione che diventa “sapienza di vita” solo se riuscirà a formare costruttori di pace e non ulteriori promotori di conflitti, tanto più se intrisi di odio e di violenza.

In questo quadro s’inserisce il ruolo della presenza educativa salesiana nei paesi islamici, che in molti casi è stata ed è modello di “vivere insieme” tra culture, religioni e nazionalità diverse. Le generazioni passano e cambiano, ma la missione continua.

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