Italia – In ricordo di un “prete da galera”

16 Julio 2018
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(ANS – Milano) – “Bonifica della persona e seminazione della Parola di Dio”. Questi erano, con le sue stesse parole, i compiti di don Luigi Melesi, SDB, come cappellano nel carcere “San Vittore” di Milano. A pochi giorni dalla sua scomparsa, riportiamo alcune testimonianze sul suo operato fornite da due persone la cui vita è stata risanata dallincontro con questo Figlio spirituale di Don Bosco.

Ho trascorso circa 25 anni di carcere per reati legati alla criminalità organizzata (per alcuni giustamente, per altri ingiustamente). Oggi sono un uomo completamente rinnovato, reinserito nella vita civile e sociale e dalla fine della pena (1999/2000) ho sempre lavorato onestamente. All’età di 18 anni ho perso mia madre di anni 43. Mio padre era da 10 anni paralizzato a seguito di un ictus cerebrale. Frequentavo la quinta ragioneria. La mia famiglia era di un’onestà superlativa, di principi e valori dei quali a tutt’oggi sono onorato. Valori che pensavo di aver assimilato nella mia gioventù.

Non riesco ancora oggi a capacitarmi di quello che mi è successo all’improvviso a circa vent’anni: la deviazione, trovarmi a frequentare persone di dubbia moralità con gravi conseguenze. Ero perso! Non credevo più in nulla. Ho girato le peggiori carceri di tutt’Italia e ho conosciuto detenuti di gravi reati. Poi all’improvviso un "Miracolo". Negli anni ‘70/’80 ero rinchiuso al centro clinico di San Vittore per una grave infezione alla gamba destra a causa di un intervento effettuato nel carcere di Perugia.

Il "Miracolo" è scaturito dalla conoscenza del nuovo cappellano del carcere. Credo fosse la prima Messa che celebrava a San Vittore. Nell’ascoltarlo e fissarlo negli occhi ho avuto come un trauma. Sembrava che mi parlasse come un padre a un figlio perso. Con lui sono nati una grande amicizia e un affetto indissolubile che tutt’ora esiste. Se ho riacquistato la Fede lo devo a lui oltre che a Dio. Mi ha ritrovato una figlia mai vista che non avevo voluto riconoscere e con la quale oggi, dopo vent’anni, ho un rapporto più che amorevole (la madre ora è suora di clausura presso le Clarisse di Bologna).

Di cappellani nelle carceri ne ho conosciuti a decine, eppure di uomini di grande Fede e veramente "Pastori" non credo di averne conosciuti come il caro don Luigi. Grazie a don Melesi, che mi aveva trovato un lavoro all’esterno, sono riuscito a uscire prima della fine pena (2020) e ho continuato il mio percorso da uomo rinnovato rimuovendo completamente il mio passato. Don Luigi mi è sempre stato vicino con grande conforto spirituale e materiale. Lo considero come un fratello, un Padre, un grande uomo e a mio modesto parere, un Santo. (Ugo Bossi)

Nel gennaio 1980 fui arrestato per reati gravi e portato a San Vittore. Dopo 5 mesi di sofferenza lontano dai miei cari, i miei affetti, il mio lavoro, la Direzione mi affidò un incarico: lavorare come Sagrestano accanto a don Luigi Melesi. Uno dei lavori più ambiti. Nulla accade per caso: Iddio, vera giustizia umana, in un luogo infernale mi mise in condizione di conoscere e lavorare vicino a una persona speciale che cambierà la mia vita.

Nell’ufficio di don Luigi ogni giorno c’era una processione di detenuti che chiedevano d’incontrarlo. Un gesto, una parola d’affetto per tutti, dai più poveri (e per questi aveva un’attenzione particolare). Fratello-Padre per tutti, banchieri, imprenditori, farmacisti, nonché quei detenuti con reati e condanne pesantissime. Davanti a don Luigi si presentavano con umiltà ed educazione. Restavo senza parole nel vedere questi ultimi che, davanti a Don Luigi, cambiavano e dimostravano tanta umanità.

Ogni mattina arrivava con una borsa piena di indumenti nuovi, scarpe e regali di ogni genere. Ricordo un anziano solo e tanto povero che, davanti al gesto di don Luigi di dargli delle maglie e dei sandali in pelle, al momento di calzarli piangeva dicendo che mai aveva ricevuto dei sandali tanto belli.

Nella piccola chiesa accanto all’ufficio, due volte alla settimana don Luigi celebrava la Messa: era sempre stracolma. Tutti volevano ascoltarlo perché nella predica parlava ai cuori di tutti. Io gli raccontavo dei miei cari, delle mie due meravigliose bimbe, del mio lavoro di artigiano. Senza dirmi nulla si recò alcune volte dal Presidente della IX sezione del Tribunale di Milano. Dopo 2 anni fui assolto. Nell’abbracciarmi mi disse di non dimenticarmi dei "fratelli detenuti". Sono uscito e tornato ai miei cari, ai miei affetti e al mio lavoro.

Non mi scordai di quella richiesta di don Luigi: insieme ad altri amici ex detenuti, nel 1997 fondammo una Associazione di Volontari con lo scopo di dare ospitalità e integrazione al lavoro. (Angelo lacona)

Fonte: Bollettino Salesiano

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