Italia – Fare dei giovani carcerati dei buoni cristiani e onesti cittadini

04 Ottobre 2017

(ANS – Catania) – Don Francesco Bontà, SDB, da due anni e mezzo è cappellano penitenziario nel carcere minorile Bicocca di Catania. Lì opera quotidianamente, come Don Bosco, “perché dietro le sbarre – racconta - trovo proprio Gesù”.

Cos’è il carcere oggi?

È un mondo molto chiuso e sconosciuto. Per me è diventato un luogo familiare, lo frequento con molta regolarità, perché ho sempre in mente le parole del Vangelo: “Ho avuto fame, mi avete dato da mangiare. Avevo sete e mi avete dato da bere. Ero forestiero e siete venuto ad accogliermi. Ero carcerato e siete venuti a trovarmi” (Mt 25). Ho scelto di stare con questi giovani e di visitarli perché dietro queste sbarre trovo proprio Gesù.

Qual è il suo lavoro pastorale?

Il mio intervento pastorale è caratterizzato da un atteggiamento di ascolto, di fedeltà, di amicizia con i giovani detenuti. Rispondo per quanto posso alle loro esigenze. Ciò significa innanzitutto attivare interventi di solidarietà concreta: cerco di lavorare in rete con tutte le figure professionali all’interno e all’esterno dell’istituto penitenziario: educatori, agenti di polizia penitenziaria, assistenti sociali.

In carcere ci sono stranieri?

Sì. Gli stranieri vivono l’esperienza della carcerazioni in maniera più drammatica rispetto agli Italiani. Non comprendono la lingua, le leggi, i regolamenti e anche in carcere soffrono lo sradicamento e la debolezza economica e sociale che li ha portati a lasciare il loro paese. La gran parte di questi detenuti hanno alle spalle storie particolari, deprivazioni affettive e culturali. Le visite mie e degli altri educatori assumono per la loro un’importanza rilevante, sono come quelle dei familiari, occasioni per parlare con qualcuno: diventiamo per loro dei punti di riferimento. Il carcere è un mondo a parte, un luogo chiuso caratterizzato dall’emarginazione. La visita in carcere vuole significare innanzitutto il rifiuto dell’emarginazione e dell’isolamento. Gesù non giudica e non condanna come fanno i tribunali delle nostre società. Noi possiamo portare il Vangelo, la “buona notizia” a questi giovani detenuti e possiamo così comunicare ai loro compagni che qualcuno si prende cura di loro.

Oggi cosa direbbe di fare Don Bosco con i ragazzi in carcere?

Insieme possiamo moltiplicare e fare tanto bene a questi giovani. E come diceva Don Bosco, riuscire a farne dei buoni cristiani e onesti cittadini.

InfoANS

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