Italia – C’era una volta, e c’è ancora, l’oratorio
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28 Novembre 2017

(ANS – Roma) – “Dai 6 ai 12 anni all’oratorio ho giocato, pregato, frequentato il catechismo e il cinema e ho iniziato a maturare molte delle passioni che mi hanno accompagnato da adulto. Intorno ai 13-14 anni il curato ci faceva lezioni di buona politica, ci educava a osservare il quartiere, a farci carico dei problemi degli altri, alla partecipazione…”. Tanti, fra i nati negli anni ’50-60, potranno ritrovarsi in questa testimonianza di Nando Pagnoncelli, ricercatore sondaggista e Presidente di “IPSOS Italia”, importante azienda di ricerche di mercato. Oggi, proprio grazie ad una sua indagine, l’IPSOS rivela come l’oratorio, in un contesto profondamente mutato, mostri ancora una sorprendente vitalità.

di Maria Teresa Pontara Pederiva

Nel racconto dei suoi anni giovanili la mente corre a locali annessi alle parrocchie che si animavano delle voci di centinaia di ragazzi per interminabili partite di calcetto, a povere pareti che si coloravano con cartelloni e poster e a spazi all’aperto che si riempivano delle grida e del tifo alle partite di calcio o di pallavolo – non era così raro che i futuri campioni provenissero, come accadeva anche per la musica e il canto, dalle fila dei ragazzi dell’oratorio.

Ai - tanti - figli del baby-boom si affiancavano molti giovani cappellani, spesso anche seminaristi, che accompagnavano i ragazzi nella loro crescita verso la vita adulta.

Per chi indulge alla sterile nostalgia, è stata un’esperienza - che pure può vantare oltre 450 anni di vita - definitivamente conclusa.

Ma per ottenere una risposta oggettiva il Servizio nazionale per la Pastorale Giovanile della Conferenza Episcopale Italiana tra ottobre 2015 e aprile 2016 ha somministrato un questionario agli incaricati diocesani (221) per gli oratori. L’obiettivo era quello di verificare il numero di oratori presenti in ogni diocesi e alcune informazioni di tipo strutturale: giorni di apertura, attività svolte, presenza di coordinamento diocesano…. 110 sono state le risposte (73% delle diocesi al Nord, 37% al Centro e 44% al Sud) e i risultati sono confluiti in un agile libretto (“Un pomeriggio all’oratorio. La prima indagine nazionale sui centri giovanili”, di Nando Pagnoncelli testimonianza di Giacomo Poretti e postfazione di don Michele Falabretti, EDB).

Quella che emerge è una “fotografia piena di luci, ma anche di ombre – scrive Pagnoncelli – tuttavia le luci prevalgono, perché la realtà degli oratori italiani è positiva e risponde, con le sue attività diversificate, a quel vuoto di proposte rivolte alle giovani generazioni”.

Vediamo qualche numero. Gli oratori, centri parrocchiali, circoli giovanili non sono affatto scomparsi: quelli dichiarati ammontano a 5.637, ma si stima siano più di 8mila – più diffusi nelle regioni del Nord – e rappresentano gli spazi privilegiati della Pastorale Giovanile della Chiesa cattolica in Italia. Nelle diocesi del nord sono perlopiù annessi alle parrocchie, mentre al sud sono attive anche le Congregazioni religiose – tra cui, ben rappresentati Salesiani e Figlie di Maria Ausiliatrice. 

Le attività in essi proposte hanno sempre una finalità di tipo educativo. L’88% delle diocesi ha oratori aperti tutti i giorni con un’offerta che va dal gioco allo sport, dalla formazione al doposcuola, dal volontariato alle gite ai campi-scuola e ai pellegrinaggi e quasi la metà delle diocesi ha un coordinamento diocesano – fattore, questo, che determina una grande diversità nell’efficacia degli interventi educativi.

A due velocità anche l’offerta di attività e lo stato di strutture e attrezzature: in qualche caso solo calcio-balilla e un campetto esterno, in altri la presenza di un bar e persino una cucina con sala da pranzo, ma anche sale di proiezione, spazi per teatro, musica, web radio. Tra le attività quelle a sfondo ecologico-ambientale registrano solo un esiguo 25%, segno che ci vuole ancora tempo per assumere le sensibilità emerse nella “Laudato si’”.

In sintesi la realtà degli oratori rappresenta ancora un luogo “estremamente rassicurante per i genitori”, “uno snodo che intercetta le domande delle famiglie, dei giovani, dei bambini e anche degli enti pubblici locali” – a maggior ragione nel periodo estivo, quando, con le scuole chiuse, tantissimi bambini non sanno a chi affidare i propri figli – e significativa è anche l’attività di accoglienza e integrazione dei minori stranieri.

Ma c’è una differenza sostanziale nel modo di porsi delle famiglie, simile a quanto avviene da tempo nella scuola: “i genitori di oggi sono meno disponibili a condividere con altre figure di educatori il percorso formativo dei figli e preferiscono la delega accuditiva a quella educativa”.

Un anello debole sono gli educatori: non sono così rari i giovani sacerdoti, ma le figure di educatori professionali sono ancora poco radicate – ne è privo il 63% degli oratori.

Il testo di Pagnoncelli – che si avvale anche di una testimonianza dell’attore Giacomo Poretti e di un commento di don Michele Falabretti, prete bergamasco responsabile del Servizio Nazionale per la Pastorale giovanile – illustra la ricerca con la modalità di tabelle e diagrammi che ne facilitano la lettura e costituiscono un invito per tutti, gerarchie diocesane, congregazioni religiose, educatori e famiglie, a rimboccarsi le maniche, ciascuno per la propria parte.

“Ridestare lo stupore per la sua straordinaria e spesso trascurata memoria educativa può rappresentare il primo passo per la sua reinterpretazione nell’attuale contesto culturale” scrivevano i vescovi nel 2013 pubblicando “Il laboratorio dei talenti”, il primo documento nazionale sul tema degli oratori in Italia.

L’oratorio c’è ed è ancora vivace, ma ha bisogno anch’esso della “cura” di tutta la comunità cristiana.

Fonte: La Stampa

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