Brasile – “I giovani mi hanno aiutato ad aprire il cuore”

25 Maggio 2018

(ANS – San Paolo) – “Sono nato in Vietnam, sono cresciuto in una parrocchia diocesana e sin da piccolo avevo il desiderio di essere sacerdote. Ricevetti un libro sulla vita di san Domenico Savio e mi piacque tanto il prete che aveva toccato la sua vita. Quindi rimasi impressionato dalla visione di un film sulla vita di Don Bosco, e mi dissi: ‘questo è il modello di prete che vorrei essere’”. Ecco la testimonianza di Joseph Tran Van Lich, missionario salesiano in Brasile.

Così sono entrato in contatto con i Salesiani e poi ho maturato la vocazione missionaria. Sono arrivato in Brasile alla fine del 2014 per fare il tirocinio. Durante questo periodo di 4 anni sono stato in diverse realtà culturali, dove mi sono arricchito con diverse esperienze culturali, sociali ed etniche. Arrivato nell’Ispettoria di Brasile-Campo Grande (BCG), sono stato inviato direttamente alla missione indigena, così che non potevo parlare né il portoghese e neppure la lingua Xavante, popolo della mia ‘terra promessa’.

Ero come un sordo-muto. Ero il ‘diverso’ in quella comunità. È stato un inizio difficile, ma gratificante come esperienza missionaria, dove ho vissuto per un anno e mezzo. Allo stesso tempo, ho iniziato a vivere due culture: la cultura brasiliana ‘occidentale’ e quella Xavante. Ho vissuto alcuni momenti di crisi a motivo delle difficoltà linguistiche, durante i quali volevo tornare in patria; ma ho pregato e riflettuto, decidendo di rimanere. Da quando ho deciso di rimanere ho trovato la forza e il desiderio di imparare il ‘nuovo’ linguaggio e la mia vita ha cominciato a cambiare in positivo.

I momenti più belli durante il mio tirocinio, nella missione Xavante, consistevano nel vivere con le popolazioni indigene. Ho partecipato a una grande festa culturale del popolo Xavante chiamata ‘Wai-a’. È una festa che solitamente si svolge solo ogni quindici anni e io ho avuto l’opportunità e la gioia di parteciparvi, ballando e cantando sotto il sole, con i giovani indigeni, dalla mattina fino alle quattro del pomeriggio: attraverso questo rituale sono stato riconosciuto come ‘uno di loro’.

Dopo quel periodo sono stato inviato presso una città dell’interno dello Stato del Mato Grosso, dove ho preso lezioni di portoghese e ho aiutato in un’opera sociale. Qui la missione salesiana lavorava molto intensamente e, aggiungendo anche le mie lezioni di portoghese, trascorrevo una vita salesiana piena di attività e sfide; per questo ero stanco, ma non scoraggiato, perché mi dicevo: ‘questa è la mia vocazione, perché sono un figlio di Don Bosco’.

In questo periodo di tirocinio ho imparato molto dai giovani. Loro mi hanno insegnato non solo la lingua, mi hanno insegnato anche come aprire il cuore. Molti dei ragazzi avevano il cuore aperto e mi domandavano ‘hai bisogno di aiuto?’, o ‘posso aiutarti?’, e mi invitavano alle loro diverse e creative attività pastorali.

Ora sto frequentando il secondo anno di teologia in una grande comunità di formazione a San Paolo, che ospita molte culture diverse. Abbiamo tra di noi anche alcuni missionari provenienti dal Vietnam e dall’Indonesia, nonché dalle varie regioni del grande Brasile. Tutto ciò mi fa sperimentare la ricchezza della vita salesiana.

Ho l’opportunità di imparare la cultura brasiliana dai miei confratelli. D’altra parte, c’è una grande sfida nella vita della comunità perché siamo tanti e non sempre si possono creare amicizie profonde con tutti. In questi anni di studi teologici siamo anche coinvolti nell’apostolato nelle nostre opere e parrocchie. Dall’anno scorso vado in un oratorio con centinaia di bambini e giovani. Amo quell’oratorio perché incontro i preferiti di Don Bosco, i giovani poveri! Con loro mi sento felice della mia vocazione di salesiano.

Ai giovani salesiani che desiderano essere missionari lascio due consigli. Il primo: sii più salesiano, e vivi più da vicino le nostre Costituzioni e già così sarai un missionario! Il secondo: vivi la gioia salesiana, quella gioia che nasce da dentro e cresce nell’intimità con Gesù Cristo, quel sorriso che ha radici. Quella gioia aiuterà i giovani a superare le sfide della vita. Le difficoltà e i difetti ci sono sempre, ma esiste anche la gioia e abbiamo la possibilità di sceglierla”.

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