Egitto – Dal volontariato al discernimento della propria missione e infine al servizio. La storia di Marta

13 Giugno 2018

(ANS – Il Cairo) – Come emerso anche dalle risposte delle Conferenze Episcopali ai questionari inviati in vista del Sinodo sui Giovani, anche oggi tanti ragazzi prendono molto seriamente il discernimento di quale sia la loro missione nella vita. E spesso è nel servizio al prossimo che nascono domande e inquietudini che indicano la via. Questa è stata, ad esempio, la storia di Marta Campana: il suo punto di partenza è stato l’anno di Servizio Civile con i Salesiani, e la tappa attuale è quella dell’insegnamento a vantaggio dei giovani in Egitto. Ecco la sua testimonianza.

Durante il nostro percorso di crescita tutti noi cerchiamo qualcosa che ci aiuti a dare un senso alle nostre scelte e che ci mostri qual è la via da percorrere. Ci sono piccole esperienze che illuminano questa strada e a volte il punto di partenza di un lungo viaggio è molto più vicino di quello che potrebbe sembrare. Il mio è stato il Servizio Civile Nazionale presso l’Istituto Salesiano Villa Sora di Frascati.

È stata un'esperienza che ha lasciato impronte profonde. Ho scoperto i miei limiti, le mie capacità. Sono riuscita a mettere tutto ciò che avevo a servizio del prossimo e questo mi ha spinto a vivere tutte le domande della mia vita in modo nuovo. Si dice che il pensiero nasca dal lavoro ed è vero: non c'è mai stata un'attività che non mi abbia portato all'analisi e alla riflessione, sia personale che di gruppo. Un’esperienza a mio parere è veramente formativa quando riesce a scardinare e riordinare ciò che è fermo, distruggendo certezze e ricostruendone altre, più ricche, insomma a mettere in moto la mente e le energie.

Ho iniziato a riflettere: cosa dà veramente senso alle mie azioni? Quanto contano le paure? Quali sono le cose essenziali? Ho scoperto che l’importante nella vita non è essere legati a una situazione sicura e a dei legami sociali o affettivi rassicuranti, ma trovare un modo per esprimere ciò che veramente si è e si possiede, lasciando indietro la paura, che spesso è l'unico limite della nostra vita. In questo modo si riesce ad amare le persone, ma anche il lavoro.

L'anno di servizio non è finito nel vuoto, ho trovato subito l’occasione per mettere in pratica quanto avevo vissuto e appreso. Così mi sono ritrovata in Africa, ad insegnare italiano a dei ragazzi fantastici, ognuno a suo modo.

In Egitto ci sono diversi problemi culturali, religiosi e politici. La durata della vita è in media quindici anni inferiore alla nostra e bisogna crescere in fretta. Può capitare che un ragazzino di 15 anni sia un capofamiglia e abbia la responsabilità di sostenere economicamente la madre e le sorelle, che faccia fronte tutti i giorni alla violenza fisica di genitori severi o che debba spostarsi per ore su mezzi pubblici tutt'altro che sicuri.

Ma se immaginiamo studenti tristi e disperati per la fatica ci sbagliamo... Loro provano dolore e si stancano come non mai, ma non perdono il sorriso e la speranza. Rimangono in classe dalle sette di mattina alle tre del pomeriggio e spesso la campanella non basta ad interrompere il loro lavoro. Si radunano all'uscita per chiedere chiarimenti, curiosità, esercizi extra addirittura! Hanno un'idea quasi sacra della responsabilità e sanno che la scuola è un'occasione, non un obbligo. Giudicano tutto con uno sguardo diverso: ho visto ragazzi commuoversi leggendo “Alla luna” e ammutolire quasi con spavento davanti al Pessimismo Cosmico. Da noi, in Italia, succede sempre meno perché sappiamo già chi è Leopardi, siamo abituati all'idea e ne sottovalutiamo il significato. Loro invece non apprendono mai in modo passivo e sono sempre capaci di dire: “Non sono d’accordo “, “Perché dice questo?”, “Non è vero prof, l'autore si sbaglia, la vita è diversa!”.

Nel Museo Egizio c’è una piccola statua, rappresenta uno scriba, un notaio che lavorava al servizio del Faraone e tramandava documenti, idee, conoscenza e cultura. A differenza delle altre sculture, nobili e severe, lui sembra quasi preoccupato. Ha i lineamenti in tensione e gli occhi sgranati. Il suo atteggiamento tradisce una fortissima attenzione: è teso a memorizzare e a capire ciò che succede intorno a lui per coglierne il senso e riportarlo nei suoi scritti. Questi ragazzi mi ricordano il suo viso: lo sforzo di capire è grande, la concentrazione è intensa, tutto deve imprimersi nella memoria velocemente e bisogna usare ogni forma di intelligenza per cavarsela in mezzo alle difficoltà. Bisogna essere completamente tesi verso il mondo, verso la vita.

Anche noi possiamo imparare da loro a prendere sul serio ciò che facciamo, a dare valore alle cose che lo meritano e a giocare con una lingua nuova e una cultura sconosciuta.

Guardando indietro posso sicuramente essere felice della scelta che ho fatto. Credo che il modo migliore per crescere sia mettere da parte la logica dell'affermazione personale e della competizione e lasciare spazio a qualcosa che amiamo e che ci spinge ad amare. Ciò che di bello ho nella mia vita oggi lo devo a questo.

Fonte: DonBosco.it

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