Argentina – Miguel Raviolo: “Vado dal parroco a dirgli che ero un falegname. E lui mi risponde: ‘sono un prete, cosa vogliamo fare?’”

09 Ottobre 2018

(ANS – Cordoba) – Miguel Raviolo, 55 anni, è il Responsabile del laboratorio di falegnameria presso la “Casa dell’Oratorio Don Bosco” di Cordoba. Otto anni fa decise di consacrare le sue mani e il suo cuore a questo servizio. Era il 2010 e Miguel all’epoca frequentava i corsi di catechismo. “Mi sentii interpellato dalla catechesi, dalla Parola e da Gesù stesso che mi chiedeva di fare qualcosa per i vulnerabili. Vado dal parroco per dirgli che ero un falegname. E lui mi risponde: ‘bene, molto piacere, io sono un prete, cosa vogliamo fare?’”.

“Alcuni mesi dopo avevamo già ottenuto alcuni strumenti e stavamo lavorando con alcuni ragazzi. È qui che tutto ha avuto inizio, con una porta che fungeva da tavolo di lavoro… Oggi, grazie a Dio, abbiamo un laboratorio ben assemblato nella Casa dell’Oratorio della parrocchia Don Bosco di Cordoba”.

Qual è l’obiettivo del laboratorio?

Ciò che vogliamo fare è la stessa cosa che voleva fare l’oratorio quando lo avviò Don Bosco, cercare anime per Cristo. Lo facciamo attraverso quello che lui stesso ha pensato: il cortile, la scuola, la cappella… Bene, in tutto ciò a me tocca questa parte, un misto di scuola e cortile, perché la falegnameria è un po’ questo.

Che metodologia utilizzate nella pianificazione del laboratorio?

Molte volte abbiamo voluto pianificare un modalità e i ragazzi hanno sempre detto di no, che sarebbero stati loro a impostare la modalità. Col tempo ho imparato che quello che devi fare è parlare con loro, vedere di cosa hanno bisogno e cosa vogliono fare in quel momento.

E quale intenzione ha per te questa modalità?

Non dobbiamo mai perdere di vista l’obiettivo. L’oratorio è uno spazio religioso. Anche se puoi trovarci un laboratorio di falegnameria o di cucina o dei bambini che giocano a calcio, si tratta di uno spazio fondamentalmente religioso. Non dobbiamo dimenticare mai nemmeno che siamo solo con loro solo per un po’ di tempo, due o tre anni. Poi i ragazzi lasciano l’oratorio e partono con i loro strumenti e devono ricordare che noi abbiamo speso il nostro tempo a indicare Gesù e non noi stessi. Quando se ne vanno, deve essere chiaro chi è il Maestro da seguire, che non siamo noi, che siamo appena delle dita puntate verso Qualcuno, niente di più.

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