Myanmar – Il lamento del Card. Bo: “Piangi, mio amato Paese!”

17 Giugno 2019

(ANS – Yangon) – Un lamento accorato, da vero pastore e da vero cittadino del Myanmar: è quello lanciato dal cardinale Charles Maung Bo, salesiano, arcivescovo di di Yangon e Presidente della Federazione delle Conferenze Episcopali dell’Asia, che osserva con amarezza quello che il Myanmar era e poteva essere e i tanti mali che oggi l’affliggono. Eppure, ribadisce, “la pace è possibile, la pace è l’unica via”. Di seguito è riportato il testo della lettera del porporato.

Myanmar, che grande passato! Una volta venivi chiamato ‘Suvarnabhumi’ - la Terra d’Oro. Una terra che è stata benedetta con tesori sopra e sotto il suolo. Giade, rubini, gemme, oro, ambra, petrolio, gas, stagno, zinco, marmi e tantissimi minerali preziosi! Il Myanmar possiede il 50% del “Legno d’Oro” del Teak. Fiumi maestosi danzano attraverso campi seducenti, innaffiando foreste lussureggianti e campi che hanno fatto del Myanmar la risaia dell’Asia. Il Myanmar sembrava essere il dono di un Dio indulgente, che ha amato il popolo del Myanmar in maniera privilegiata.

Piangi, mio amato Paese!

Con tutti questi grandi tesori, il Myanmar è oggi uno dei Paesi più poveri del Sud-Est asiatico. Una brutta etichetta dell’ONU “Paese meno sviluppato” continua a deturparne il volto. Va mendicando gli investimenti stranieri ed è il Programma Alimentare Mondiale che continua a sfamarlo. Come la mendicante cieca chiede l’elemosina con un piatto d’oro, il Myanmar, una volta invidiato dal mondo, aspetta che i suoi salvatori stranieri plachino la sua sete con gli onnipotenti dollari.

Piangi, mio amato Paese!

Una volta eravamo l’invidia del mondo. Negli anni ‘50 e all’inizio degli anni ‘60, eravamo la Nazione ricca del Sud-Est asiatico. La Cina era in rovina, la guerra aveva violentato il Giappone, la Corea era in conflitto, Singapore era una colonia abusiva, la Malesia era ferita dalla sua stessa insurrezione.

Il Myanmar era un paradiso, il Paese più ricco del Sud-Est asiatico, che vantava le migliori università e una cultura condita da un’educazione di qualità e da una ricca tradizione spirituale. I suoi figli erano coloratissimi, provenienti da 8 maestose tribù, con 135 sotto-tribù. Il florilegio di colori e di danze del suo popolo ha reso il Myanmar una scintillante bellezza nella Nazione arcobaleno.

Piangi, mio amato Paese!

Questo paradiso terrestre è stato mutilato in un inferno virtuale. 60 anni di aspri conflitti. Gruppi armati di ogni tribù! Il fiume Irrawaddy, la madre di tutti noi è testimone muto dei fiumi di sangue che hanno bagnato la terra. L’elenco degli odi reciproci e delle ingiustizie è nauseante:

  • Oltre un milione di rifugiati per le guerre
  • Oltre un milione di sfollati interni
  • Oltre quattro milioni di giovani costretti alla migrazione e alla schiavitù.
  • Oltre 10 milioni di persone (il 20% della popolazione) economicamente disagiate. Sono lacrime e lacerazioni per i deboli e vulnerabili in questo Paese.
  • Un Paese in cui il tasso di povertà si aggira intorno al 40%.

La sofferenza di Myanmar non è dovuta ad un Karma cattivo. È un disastro di origine umana. Non è volontà di Dio. È la stupidità degli uomini che ha trasformato una terra d’oro in un incubo. E poiché si tratta di un disastro fatto dall’uomo, può essere fermato una volta per tutte dalla buona volontà degli uomini - e delle donne.

Non è troppo tardi. Se investiamo nella speranza e nella pace, possiamo tornare a quell’originaria Terra d’Oro. Mi appello a tutti coloro che credono solo nel potere delle armi:

Sessant’anni di guerra non hanno portato alcuna soluzione, solo morte e lacrime.

La pace è possibile, la pace è l’unica via. Le armi si sono dimostrate incapace di qualsiasi soluzione.

La strada per la pace aperta dalla Conferenza di Panglong non è perfetta, ma è un punto di partenza. Date una tregua al suono delle armi, date una possibilità alla pace. I nostri conflitti sono tra fratelli e sorelle. Il Myanmar è la nostra famiglia. La pace è il dono che ci possiamo fare l’un l’altro, per formare una famiglia benedetta. La pace e la prosperità attendono questa Nazione. Basta con l’odio e la guerra.

Che la giustizia e la pace scorrano come il fiume Irrawaddy. Che un vero federalismo politico ed economico porti fiducia tra le comunità. Che ci sia trasparenza. Quando il governo assicurerà l’equità attraverso una vera democrazia partecipativa, le nostre ferite guariranno, i conflitti diventeranno storia. Tutti gli eserciti possono far tacere le loro armi. Lottiamo per la pace. Un solo esercito è sufficiente, e quell’esercito deve essere un esercito di giustizia e di pace.

Il Myanmar ha aspettato già troppo. Torniamo ad essere la Terra d’Oro.

La pace è possibile, la pace è l’unica via.

Che il mio Paese possa risvegliarsi in quel sogno di libertà e prosperità.

Card. Charles Bo, SDB,

Arcivescovo di Yangon,

Presidente della Federazione delle Conferenze Episcopali dell’Asia

Fonte: AustraLasia

InfoANS

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