RMG – La parrocchia: una frontiera sempre più missionaria
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16 Maggio 2016

(ANS – Roma) – Benché nel corso della sua vita Don Bosco avesse accettato 7 parrocchie, era sempre considerato il parroco dei ragazzi poveri e abbandonati senza parrocchia. In effetti, l’Oratorio a Valdocco era “una parrocchia che evangelizza”. Perciò non è una sorpresa che nel passato non molto lontano il ministero parrocchiale non è stato visto come un apostolato tipicamente salesiano. È stato il 19° Capitolo Generale che ha riconosciuto la parrocchia come luogo per “una cura esemplare della comunità giovanile” (CG19, IX, 3).

Poi nel 1971 il Capitolo Generale Speciale ha riconosciuto il ministero parrocchiale come “un vero apostolato salesiano” perché offre “vaste possibilità e favorevoli condizioni per adempiere alle finalità proprie della nostra missione e, in particolare, per l’educazione dei giovani di estrazione popolare e povera” (GC20, 400-401). In breve, la scelta della parrocchia era giustificata dalla possibilità di raggiungere i giovani e la classe operaia e di lavorare con loro, così come indicato nell’art. 42 delle Costituzioni e nell’art. 26 dei Regolamenti.

In questa luce le parrocchie sono state collocate sotto la Pastorale Giovanile e il Quadro di Riferimento per la Pastorale Giovanile Salesiana inserisce “la Parrocchia e il Santuario affidati ai Salesiani” tra le Attività e Opere della Pastorale Giovanile Salesiana (Cap. VII), insieme a Oratorio-Centro Giovanile, Scuola e Centro di Formazione Professionale, Istituzione di Educazione Superiore e servizi sociali per i giovani a rischio!

Ma nel nostro mondo globalizzato oggi il contesto è cambiato drasticamente. La parrocchia - sia in città, che in zona rurale o nella foresta - è diventata “un santuario dove gli assetati vanno a bere per continuare a camminare, e centro di costante invio missionario” (Evangelii Gaudium, 28). In essa si incontrano non solo i cattolici ‘lapsi’, ma anche i rifugiati, i migranti, i seguaci di altre religioni e gli atei di tutte le età: “i popoli non ancora evangelizzati” a cui si riferisce l’art. 30 delle Costituzioni.

Quindi, nel territorio di ogni parrocchia si trovano non solo i fedeli impegnati, ma anche molti di coloro che ritengono di aver già conosciuto Gesù abbastanza e sono contenti di vivere la loro fede in un modo di routine o come qualcosa di culturale. Ci sono anche quelli che hanno ricevuto un debole primo annuncio del Vangelo, e quindi, avendo una identità cristiana debole e vulnerabile, probabilmente abbandonano la loro fede in Gesù Cristo o la vivono come un fatto culturale, senza celebrare con la comunità né ricevere i sacramenti, né lasciarsi coinvolgere nella vita e nelle attività della parrocchia.

Allo stesso modo, ci sono coloro che non hanno sentito parlare di Cristo, coloro che cercano Qualcuno o qualcosa che essi percepiscono, ma non sanno nominare, come pure quelli che vivono la vita quotidiana priva di ogni senso.

Ogni parrocchia sta, infatti, diventando sempre più una vera frontiera missionaria in cui vi è un urgente bisogno di attività pastorale ordinaria, missione ad gentes e nuova evangelizzazione, come sottolineò San Giovanni Paolo II nella Redemptoris Missio (n.32-33) già nel 1990!

È necessario ripensare le parrocchie salesiane per renderle più missionarie, che siano veramente parrocchie in uscita! In una situazione così veramente missionaria è urgente che ogni parrocchia salesiana superi una pastorale di mantenimento, che porta all’accidia pastorale e, invece, riscopra l’importanza e l’attualità del Primo Annuncio, come la chiave per una conversione pastorale che, a sua volta, promuove l’entusiasmo missionario e porta la gioia dell’evangelizzazione (Evangelii Gaudium, 79, 82-83).

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