Italia – I Salesiani e la terribile scoperta delle Fosse Ardeatine
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02 Novembre 2017
Foto: Wikiedia

(ANS – Roma) – Oggi, 2 Novembre, in occasione della Commemorazione di tutti i fedeli defunti, Papa Francesco celebra una messa per i caduti di tutte le guerre presso il cimitero americano di Nettuno, e successivamente visita il sacrario delle Fosse Ardeatine, per una preghiera per le vittime dell’eccidio del 24 marzo 1944. Una strage, questa, di cui i Salesiani sono stati i primi, sgomenti testimoni.

di don Francesco Motto, SDB

L’attentato di via Rasella in Roma il 23 marzo 1944 aveva causato la morte di 33 soldati arruolati nelle forze germaniche, il cui comando pretese per rappresaglia la fucilazione di dieci italiani per ogni vittima. Nel primo pomeriggio del giorno seguente, prelevati dal carcere di Regina Coeli e dal quartiere generale dei nazisti di via Tasso, 335 uomini, anche giovanissimi (prigionieri politici, ebrei, altri arrestati anche per piccoli reati) furono caricati su autocarri e portati nelle vecchie cave di via Ardeatina; cave che si aprivano sotto modesta elevazione di terreno, costituite da numerose gallerie intersecantesi fra loro, larghe tre metri e alte dai quattro ai sei metri. Vi si accedeva mediante varie ingressi che i Salesiani del vicino “Istituto di S. Tarcisio” (situato all’interno dell’area cimiteriale delle catacombe di S. Callisto) conoscevano per esserci talora andati a passeggio con gli allievi.

Diversi di loro ed anche altri Salesiani non italiani della “comunità di S. Callisto” che fungevano da guide alle suddette catacombe, dall’alto del terreno prospiciente su via Ardeatina, poterono osservare sia i soldati bloccare le strade che davano accesso al luogo, sia i camion con i “condannati a morte”.

Gli spari e le detonazioni di mine, iniziati nel primo pomeriggio di venerdì 24 marzo, si conclusero il giorno dopo verso le 14:30. L’esecuzione vera e propria durò dalle 15:30 alle ore 20 del 24, seguita da due potenti esplosioni. L’esecuzione fu resa pubblica dalla stampa di regime già nella notte del 24 marzo.

La prima conferma l’ebbe la mattinata di sabato 25 marzo, un salesiano, la guida ungherese Luigi Szenik, attraverso una breve conversazione con due soldati tedeschi rimasti di guardia la notte alle cave e carpendo parte della telefonata che un sottufficiale tedesco fece al suo comando dall’apparecchio telefonico situato presso il banco di vendita degli oggetti religiosi delle catacombe.

La guida lo comunicò ai Salesiani e tre di loro dell’istituto di S. Tarcisio – don G. Fagiolo, il chierico G. Perrinella ed i coadiutore E. Bolis – approfittando del tempo libero per la partenza dei ragazzi, fecero un’ispezione nelle cave. Seguendo un filo rosso lasciato dai tedeschi arrivarono ad un cumulo di terra, salito il quale, con l’aiuto di una candela, videro dall’altra parte i cadaveri. Ritornarono all’istituto, dove avvisarono il direttore che chiese ad un salesiano, “accreditato” in Vaticano, don Michele Valentini, di comunicarlo al Pontefice.

Nella serata di sabato 25 e domenica 26 marzo altri Salesiani passarono presso le cave pregando e portando fiori, ma vennero allontanati da guardie tedesche, che alla sera però si ritirarono, lasciando via libera ai ragazzi del posto. Lunedi 27 marzo altri Salesiani visitarono le grotte, ma senza arrivare al luogo delle salme. Rilevarono solo la provenienza del fetore di cadaveri. 

Intanto per Roma si diffondevano le voci più disparate sul luogo e sulle modalità dell’esecuzione. Di pomeriggio i Salesiani chiesero in Vaticano di poter seppellire provvisoriamente le vittime nelle vicine catacombe. Giunsero poi anche i Carabinieri del vicino commissariato della Garbatella, ma non riuscirono a rimuovere i cadaveri.

Nonostante severe disposizioni il luogo dell’eccidio, ormai pienamente individuato, divenne meta di continui pellegrinaggi di persone alla ricerca dei loro cari scomparsi. Circolavano anche voci fantastiche sul numero di morti, per cui sabato pomeriggio, 1° aprile, i tedeschi fecero brillare varie mine, le quali, sfondando la volta delle gallerie, impedirono definitivamente l’accesso alle medesime.

Il Procuratore dei Salesiani, don F. Tomasetti, ebbe modo di entrare in possesso di una lista di nominativi ed il 19 aprile la fece pervenire alla Santa Sede, notando però che mancavano i nomi dei condannati prelevati dal carcere di via Tasso. Un elenco completo pervenne più tardi in mano al direttore della comunità di S. Callisto, che così poteva dare notizie sicure, anche se talora tristissime, a chi gliene chiedeva.

[Per una ricostruzione completa si veda F.  Motto, Non abbiamo fatto che il nostro dovere. Roma, Las 2000, pp. 58-67 e  anche “Ricerche Storiche Salesiane” 24 (1994) pp. 122- 133]

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