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Egitto – Immaginate un cortile… luogo di incontro di culture e di popoli

19 Aprile 2017

(ANS – Il Cairo) – Don Dany Kerio è il Direttore della comunità salesiana de Il Cairo Zaytoun, impegnata a pieno ritmo con un oratorio e una parrocchia che segue ed accompagna giovani ed adulti egiziani e sud-sudanesi. A lui abbiamo rivolto alcune domande.

di don Michelangelo Dessì, SDB

Il cortile del tuo oratorio è davvero un luogo di incontro di culture e di popoli. Ce ne puoi parlare?

Il nostro oratorio, come tutti i centri salesiani nel mondo, è la parrocchia di chi non ha parrocchia. Qualcuno lo chiama simpaticamente “babele”, perché è frequentato non solo da ragazzi di strada egiziani, ma da giovani di tutti i tipi: orfani, figli degli operai, ragazzi della classe media. In Egitto è straordinario che ragazzi di varia estrazione sociale stiano insieme. Abbiamo ragazzi ortodossi, cattolici e alcuni protestanti. La maggioranza, ovviamente, sono di rito copto. E poi ci sono anche i sud-sudanesi, rifugiati e profughi. Appartengono a varie tribù ed etnie, in Sudan del Sud sono nemici, qui sono abbastanza sereni tra di loro. Sì, l’oratorio di Zaytoun è davvero luogo di incontro di culture e di popoli. Quanti pregiudizi sono stati abbattuti dalla conoscenza reciproca…

C’è povertà tra i tuoi ragazzi, la gente…?

La povertà in Egitto è stata sempre grande: immaginate ora dopo sei anni senza turismo, senza gli aiuti degli USA e i paesi del Golfo, e la tragedia della Libia. Tanti operai che lavoravano lì sono dovuti rientrare a causa della mancanza di lavoro e di sicurezza. L’euro è salito da 6 a 20 lire egiziane negli ultimi due anni. A voi immaginare la situazione della gente. Il Cairo ora è piena di gente dal Sud Egitto (Alto Egitto), tutti cercano lavoro, o scappano dalla rapina che è diffusa nel Sinai e nel Sud dell’Egitto. Alcuni sono orfani di un genitore, o papà o mamma.

Cinque anni fa distribuivamo 120 pacchi in quello che chiamiamo il “banco alimentare”, nelle feste più importanti. Nell’ultima Domenica delle Palme abbiamo distribuito 420 pacchi, e fra un po’ altri cento, perché non sono bastati. La povertà è grande!

Non vorrei raccontare della gente che mangia dalla spazzatura in discarica…

Potresti raccontarci come si vive la fede in Egitto?

In tanti, lungo tutta la giornata, guardano alla TV le messe, i canti e i programmi delle emittenti cristiane, tutti praticano il digiuno in modo serio… Ma al tempo stesso è diffusissima la pornografia, il menefreghismo, l’indifferenza, le bugie. Le parole più usate sono: malesh (non fa niente!), bokra (farò domani…) e zorouf (è tutta colpa della situazione…).

E poi c’è la fede, quella vera! Ci sono tanti che vivono il cristianesimo come servizio all’altro, pagano la decima e molto più. Negli ultimi mesi ho avuto a che fare più da vicino con i cristiani della chiesa di El-Botroseya (quella in cui a dicembre sono morte 25 persone in un attacco terroristico). I familiari delle vittime hanno mostrato una fede meravigliosa, commovente. Conosco un uomo che ha perso la moglie e la mamma. Sono andato a fare le condoglianze... lui mi dice: “Abuna (padre), io le invidio: il giorno prima si sono confessate e volevano comprare i vestitini per la mia futura figlia. Ma hanno detto: andiamo a ricevere la benedizione di Dio prima… e sono andate da Lui, veramente! Beate loro!”. Beati loro…

Papa Francesco sarà in Egitto per una "visita di studio" alla fine di aprile. Perché questo viaggio?

Il viaggio di Papa Francesco ha lo scopo di portare una vera solidarietà e mostrare vicinanza a tutto l’Egitto, ai musulmani e ai cristiani. Papa Francesco ha abbattuto tanti muri e pregiudizi, è un Papa innamorato di tutti, cattolici, ortodossi e musulmani. Il logo della sua visita è “Pace nell’Egitto della pace”. Tutta la Chiesa, il popolo cristiano e il governo sono immersi nella preparazione di questa visita. È una bella occasione, anche di collaborazione tra i vari riti, tra la Chiesa e il Governo, fra la Chiesa e i musulmani, fra cattolici e ortodossi. Tantissimi giovani stanno facendo l’impossibile, per fare “bella figura” di fronte al mondo…

Perché un giovane italiano dovrebbe venire come volontario per un mese a Zaytoun?

Innanzitutto, perché è una vera e propria esperienza di fede e di speranza: qui la fede la si tocca con mano. In secondo luogo, perché si entra a contatto reale con la povertà e con la Provvidenza, che non manca mai!

Inoltre, quando uno fa un servizio si sente realizzato, ancor di più quando il servizio è fuori dal proprio paese: si sente un eroe! L’ultimo giorno di permanenza qui a Zaytoun un giovane dei vostri mi chiede di tradurgli una frase in arabo. “Perché?” gli chiedo. “Perché ho deciso di tatuarla sulla mia gamba! La frase è ‘Non è necessario conoscere lingua per conoscersi’”.

E poi non immaginate il bene che fate ai nostri giovani: poiché sono poveri, poveri di tutto, educazione, affetto, intelligenza, cultura, per loro un egiziano che parla con un europeo è un enorme successo. Inoltre la presenza dei volontari ha dato un nuovo slancio ai nostri animatori: si sono sentiti contagiati da tanta bontà: hanno visto nei giovani italiani la solidarietà, la vicinanza, i giochi, i balli, la simpatia, la voglia di stare insieme a loro. Insomma hanno respirato un bel clima di famiglia e noi ora ne godiamo i frutti.

Ci hai parlato di ragazzi profughi sud-sudanesi. Migrazioni dimenticate?

Purtroppo ora tutto il mondo parla della Siria, e prima dell’Iraq, ma mai parlano delle altre guerre in Sudan, in Sud Sudan, delle tante guerre “dimenticate”. C’è tanta censura sulla guerra di questi popoli (conflitti tra i tribù ed etnie, tra i cristiani e musulami, tra i governanti stessi)… Voi conoscete la situazione degli immigrati che arrivano da voi, e siete un paese abbastanza ricco, civile. Qui c’è tanta povertà, manca l’istruzione e c’è tanto, tanto razzismo verso i neri, verso i cristiani e ancor di più verso i cattolici. Immaginate…

Fonte: donbosco.it 

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