Sudan del Sud – Un chilometro quadrato per Don Bosco

04 Aprile 2018

(ANS – Juba) – Don David Tulimelli è un Salesiano che ha dedicato la vita ai giovani del Sudan, testimone delle fasi travagliate della sua storia negli ultimi decenni, prima e dopo la divisione del paese. Ora si trova a Juba, capitale del Sudan del Sud.

di don Silvio Roggia, SDB

La presenza salesiana a Juba è una città, più che una casa… Cosa c’è attualmente nel chilometro quadrato al di là del Nilo, dove vivete?

Se seguiamo l’ordine di grandezza la presenza più numerosa è quella del campo per sfollati interni (IDP – internally displaced people), rifugiatisi qui durante la guerra del 2013. Erano agli inizi 4000. Oggi il campo interno al chilometro quadrato salesiano conta oltre 12000 persone, la stragrande maggioranza donne e bambini. Molti degli uomini sono morti durante il conflitto.

Cosa rappresenta Don Bosco per loro?

Don Bosco per loro è tutto quello che gli permette di sopravvivere. Oltre alla sicurezza, vengono loro offerti il cibo e l’assistenza sanitaria, grazie al dispensario delle Suore della Carità di Gesù. Da quando lo hanno aperto è diminuita di molto la mortalità infantile, sia nel campo, sia nei quartieri vicini. Hanno una media di 150 interventi quotidiani della tipologia “day hospital”. E quando arrivano gli specialisti volontari si fanno anche interventi più complessi di chirurgia.

Vicino al campo c’è anche una scuola materna per un migliaio di bambini. E all’interno del complesso c’è quella seguita dalle Figlie di Maria Ausiliatrice, con 1100 bambini che vengono dai quartieri attorno a noi.

Questi numeri già dicono quanto sia importante l'educazione come risposta per il presente e per il futuro. Quali altre offerte educative si trovano nella vostra “cittadella salesiana”?

Ci sono 3900 allievi delle elementari, in due turni giornalieri, per poter dare accesso al maggior numero possibile. C’è poi una scuola secondaria gestita dalle Figlie di Maria Ausiliatrice, con 350 allievi, e la scuola tecnica, seguita da don Valdemar Jonatowski, con 300 studenti. Le suore hanno anche corsi per giovani mamme, per insegnare l’orticoltura, quasi sconosciuta qui in Sudan del Sud.

Come parroco e incaricato dell’oratorio ho tanti altri ragazzi da seguire: l’oratorio raccoglie ogni giorno circa 500 ragazzi. Ogni sera concludiamo insieme la giornata con la recita del Rosario. Alle stazioni missionarie nei centri vicini – il più distante è a 35 km – sono affiancate altre scuole elementari: una con 450 allievi, una con 600, una con 800.

Il lavoro certamente non manca. È impressionante vedere il fiume di ragazzi e ragazze che al mattino arriva da tutte le direzioni…

Sono puntuali e puliti. Insistiamo molto sull’igiene e sulle regole minime di condotta, come la puntualità. Un ambiente ordinato e accogliente, anche se le strutture sono molto semplici, è già da sé scuola di vita. E i ragazzi sono i primi a credere in questo e a impegnarsi volentieri: per loro la scuola è la strada più importante per il futuro. I risultati sono molto incoraggianti. Spesso i migliori sono i ragazzi del campo IDP, nonostante la povertà in cui vivono.

Qual è la più grande sfida è la più grande speranza con cui guardare al domani?

La sfida è avere più Salesiani. Qui la messe non è molta: è immensa. E gli operai non sono pochi: sono pochissimi, rispetto al bisogno. Abbiamo in comunità 6 prenovizi e questo è già un motivo di speranza. Allargando lo sguardo al Paese, ciò di cui il Sudan del Sud ha più bisogno è la pace. È una nazione giovanissima con grandi risorse. Se si collabora insieme e si lasciano alle spalle violenze e divisioni, in pochi anni potrà fiorire e stupire il mondo, non più per le sue tragedie, ma per le sue meraviglie.

InfoANS

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