Marocco – Migranti, mons. López Romero, SDB: “Indignati e tristi per l’atteggiamento dell’Europa”

16 Ottobre 2018

(ANS – Tangeri) – Dalle migrazioni alla beatificazione dei martiri di Algeria, dal confronto con i fedeli musulmani alla prevenzione degli abusi: a margine dell’assemblea dei vescovi della Regione Nord Africa, mons. Cristóbal López Romero, SDB, arcivescovo di Rabat, presenta i temi su cui si è confrontata l’assemblea.

di Cristina Uguccioni

Quali temi avete preso in esame durante l’assemblea?

I principali temi esaminati sono stati quattro: la nostra presenza nei Paesi musulmani, la beatificazione dei 19 martiri di Algeria (tra i quali Pierre Claverie, vescovo di Orano, e i sette monaci trappisti francesi di Tibhirine), la Lettera di Papa Francesco al popolo di Dio dedicata al tema degli abusi e, infine, ma è stato il primo e il più importante, le migrazioni. Quest’ultimo tema è stato affrontato insieme ad alcuni ospiti: il cardinale Francesco Montenegro, presidente di “Caritas Italiana”, e una delegazione della Commissione Episcopale per le Migrazioni (Cemi) della CEI, guidata da mons. Guerino Di Tora, Presidente della Cemi e della “Fondazione Migrantes”. 

Al termine del vostro confronto quali considerazioni sono emerse a proposito delle migrazioni?

Anzitutto noi vescovi del Nord Africa, come abbiamo scritto nel documento finale, vogliamo richiamare l’attenzione di tutti sulle sofferenze che patiscono i migranti: il viaggio verso l’Europa – che comporta la terribile traversata del deserto dai Paesi dell’Africa sub-sahariana, l’arrivo nei Paesi del Maghreb e il successivo viaggio verso le coste europee – è segnato da patimenti, soprusi, violenze di ogni genere: questi viaggi non sono una passeggiata, sono un calvario per migliaia di uomini, donne, bambini. Noi vescovi denunciamo il mancato rispetto dei diritti umani di questa sterminata umanità sorretta dalla speranza di un futuro migliore e prostrata dalla sofferenza. E, ultimo punto, noi vescovi rinnoviamo il nostro impegno a prenderci cura di queste persone nelle quali riconosciamo il volto di Cristo sofferente.

Come si articola l’assistenza ai migranti che giungono nei vostri Paesi dall’Africa sub-sahariana intenzionati a raggiungere l’Europa?

La Chiesa in Marocco, Algeria e Tunisia (la Libia, sprofondata nel caos, è un caso particolare) si prende cura dei migranti con numerose iniziative promosse soprattutto dalle Caritas locali, coadiuvate dalle Caritas di alcuni Paesi Europei, fra i quali l’Italia. In Marocco, ad esempio, abbiamo stanziato un milione e mezzo di euro e varato il programma pluriennale “Kantara” (Ponte) che assiste migliaia di migranti grazie al generoso impegno di medici, psicologi, educatori, insegnanti, mediatori culturali: garantiamo assistenza medica e psicologica, educazione scolastica ai minori, formazione professionale, inserimento nel mondo del lavoro. Anche i governi cercano di fare la loro parte: in Marocco, il Paese che meglio conosco, viene assicurata assistenza sanitaria a tutti i migranti che giungono qui ed educazione scolastica ai minori. Inoltre moltissimi – 50mila solo di recente – sono stati regolarizzati.

L’atteggiamento dell’Europa nei confronti dei migranti quali sentimenti suscita in voi?

Indignazione, perché le scelte dei governi rivelano una inequivocabile attitudine all’egoismo. E tristezza, perché sappiamo che in Europa, tra coloro che vigorosamente si oppongono alla presenza dei migranti, vi sono anche persone che vanno ogni domenica a Messa. È triste che molti fedeli non riescano a vedere il volto di Cristo in questi fratelli sofferenti. Sia chiaro: so bene che le migrazioni sono un fenomeno complesso e difficile da gestire: non esiste una soluzione facile. Un’accoglienza ordinata, una integrazione riuscita non si improvvisano, richiedono molto impegno. D’altra parte chiudere il cuore, cedere all’insofferenza o all’astio, non è la strada giusta: il Vangelo ci chiede di tenere il cuore largo. Papa Francesco lo ripete continuamente. Qualunque essere umano, specie se si trova in difficoltà, dovrebbe poter trovare in noi cristiani uno sguardo amico, un sorriso benevolo, una mano tesa.

Quali propositi avete formulato riguardo alla presenza della Chiesa nei Paesi del Nord Africa?

Non vogliamo essere comunità isolate, né prenderci cura solo dei pochi cattolici presenti (tutti stranieri giunti qui per lavorare o studiare): desideriamo essere una Chiesa pienamente incarnata nel territorio, favorire il dialogo con i musulmani e l’evoluzione di queste società verso il pluralismo religioso e la libertà di coscienza. Intendiamo porci sempre più e meglio a servizio dei popoli di Marocco, Libia, Tunisia e Algeria. Durante l’assemblea abbiamo anche avuto modo di ascoltare un esperto che ci ha illustrato l’evoluzione dell’Islam nel Maghreb: è stata una relazione molto utile, che ci ha aiutato a comprendere le dinamiche sociali in atto. Nel documento finale abbiamo sottolineato quanto sia per noi una gioia poter collaborare con lo Spirito Santo che è all’opera nella vita degli esseri umani, che lavora dentro la Chiesa, ma anche fuori, nella comunità musulmana. Noi abbiamo il compito di valorizzare l’opera dello Spirito Santo, il buono che emerge in questi Paesi.  

Vi proponete di avviare iniziative particolari per essere, come diceva poc’anzi, una Chiesa “pienamente incarnata”?

Da molti anni le nostre Chiese sono impegnate sul fronte del dialogo e le iniziative promosse continueranno poiché stanno dando buoni frutti. Ci siamo resi conto che occorre migliorare la formazione dei sacerdoti e degli operatori pastorali (religiosi, religiose, volontari, assistenti pastorali laici, catechisti) chiamati ogni giorno a operare in un contesto musulmano. In vista di questo obiettivo la Chiesa marocchina vuole mettere a disposizione delle Chiese del Nord Africa, ma anche delle Chiese europee, il proprio istituto ecumenico “Al Mowafaqa” (L’Accordo), che ha sede a Rabat, nella mia diocesi, ed è presieduto da me e dalla pastora della locale comunità protestante. In questo istituto si studia la teologia cristiana e al contempo si presta particolare attenzione al dialogo con i musulmani e all’islamologia. Riteniamo strategica la formazione dei pastori in questo campo.

Quale peculiarità avrà la beatificazione dei 19 martiri di Algeria, che si svolgerà a Orano il prossimo 8 dicembre? 

Durante l’assemblea ci siamo soffermati sul senso che ha questa beatificazione in un Paese musulmano: i vescovi algerini desiderano risulti evidente che questa beatificazione non è celebrata contro i musulmani, ma, in certo modo, insieme a quanti fra loro sono stati colpiti dal terrorismo: bisogna ricordare che oltre ai 19 martiri cristiani, luminosi testimoni del Vangelo, hanno perso la vita – per mano dei fondamentalisti islamici – più di un centinaio di imam che si sono rifiutati di approvare le violenze compiute dai fondamentalisti. Con questa celebrazione, che avrà quindi un carattere includente, ci si propone di onorare i nostri 19 fratelli nella fede, ma anche mostrare che lo scontro non è tra musulmani e cristiani, ma tra pace e violenza, prepotenza e rispetto di ogni essere umano, terrorismo e democrazia. 

La riflessione sulla Lettera di Papa Francesco al popolo di Dio vi ha indotto ad adottare qualche specifica iniziativa?

Sì, abbiamo deciso di istituire in ogni diocesi, o almeno in ogni Paese, una commissione pronta sia ad ascoltare le vittime di abusi che potrebbero in futuro presentarsi, sia a svolgere indagini nei casi di denuncia. Questa nuova iniziativa si affiancherà all’impegno già intrapreso per creare ambienti sicuri per i minori. 

In Italia si parla di un possibile viaggio di Papa Francesco in Marocco.

Noi qui non abbiamo ricevuto alcuna comunicazione ufficiale. Se verrà lo accoglieremo a braccia aperte, come fa un figlio con l’amato padre. 

Fonte: Vatican Insider

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