Francia – Entriamo nella resistenza contro il terrorismo
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13 Marzo 2016

(ANS – Parigi) – Alcuni mesi fa la Francia è stata sfregiata dall’orrore perpetrato da alcuni giovani a Parigi. Chi di noi non ha subito lo choc di quelle immagini? Chi non è stato sconvolto dalle testimonianze degli scampati? Chi non è rimasto sconcertato da questi uomini che hanno preferito dare e darsi la morte piuttosto che far fiorire la vita? Diamo la parola a don Emmanuel Besnard, salesiano, educatore specializzato, che condivide le sue riflessioni e alcuni stimoli per “entrare nella resistenza”.

In seguito agli attentati di novembre, alcuni di noi sono stati assaliti da un impeto di collera. Collera contro quegli uomini che giustificano le loro atrocità. Collera di fronte alle tensioni che s’insinuavano nei discorsi sentiti qua e là. Collera davanti al clima di sospetti che le misure di sicurezza interna facevano intuire.

Infine, quegli spasmi terroristici sono arrivati a strangolare il fondamento dell’umanità: lo slancio per la vita, la fede e l’amore. Davanti a ciò che dobbiamo propriamente definire “il male”, siamo interpellati ad un lavoro di riflessione. Come Maria che “meditava queste cose nel suo cuore” (Lc 2, 19), entriamo in resistenza. Non in una resistenza passiva, ma in un vero combattimento per la vita, una battaglia da condividere con i giovani e che si declina in tre aspetti inseparabili.

Una battaglia etica

Xavier Thevenot la definiva “l'opera alla quale il soggetto è tenuto quando, guardando in faccia il male, rifiutando di suicidio e il nichilismo, cerca con gli altri, e agendo con e oltre le istituzioni di una data società, di trovare e creare in parte il senso della sua vita”.

Raccogliere questa sfida non significa giustificare il male che è stato perpetrato, ma riflettere sull'impatto del male nel mondo, e trovare le risposte per rivendicare invece il posto del bello, del buono e del bene.

Si entra in questa lotta etica attraverso il dialogo nelle famiglie, nelle aule, nei parchi giochi, in gruppi di pastorale e di altri posti in cui i giovani vivono. Questi dialoghi saranno più fruttuosi se faranno affidamento su una informazione minima della fede musulmana, ciò che è e ciò che non è, sui meccanismi attivati dai jihadisti per attirare candidati per il terrorismo, e sui modi per proteggersi. Se i giovani capiscono meglio le problematiche innestate da atti terroristici, e se non cadono in confusioni semplicistiche, sapranno meglio far fronte ai discorsi riduzionisti e costruire un senso della loro vita e della società in cui vivono.

Una battaglia spirituale

Nell’inferno del campo nazista di Westerbok, Etty Hillesum scrisse questa preghiera: “Ti aiuterò, mio Dio, a non spegnerti in me, non sei tu che puoi aiutarci, ma noi che possiamo aiutare Te. È tutto quello che possiamo salvare in quest’epoca ed è anche la sola cosa che conta: un po’ di Te in noi, mio Dio”. Accettare la sfida significa dunque che ci sosteniamo gli uni gli altri a vegliare nel raccoglimento e nella preghiera. Perché sia il Risorto, cioè il Vivente, ad abitare nel nostro cuore.

E non dimentichiamo che contro gli spiriti immondi che rendevano folle il ragazzo del Vangelo (Mc 9,29), Gesù dichiara: “Questo genere di spiriti non si può scacciare in nessun altro modo se non con la preghiera e il digiuno”. Come non vedere in questo ragazzo del Vangelo, tutti questi giovani resi folli dai jihadisti?

Per entrare in una battaglia spirituale con i giovani è necessario prima aiutarli a farsi una ragione davanti alle immagini trasmesse dai nostri schermi. Sarebbe cosa buona limitare il tempo di esposizione a queste trasmissioni, ma la vera chiave è educare il loro sguardo critico a quello che vedono. Nelle ultime settimane, diversi siti web hanno proposto dei criteri di discernimento per capire e interpretare le immagini e le notizie.

Questo combattimento richiede il sostegno necessario di ciò che è elemento essenziale della loro vita. Per i giovani che condividono convinzioni di fede cristiana, un tempo di preghiera adattato, o una bella celebrazione (eucaristica o meno) possono essere risorse reali per sostenere i giovani nello sviluppo della loro interiorità e nell’approfondimento della loro fede.

Una prospettiva ulteriore consiste nell’uscire dal contesto francese e appoggiarsi sull’esperienza dei cristiani del Medio Oriente. Incontrare i migranti di queste regioni, discutere qualche video sulla vita dei cristiani dell’Iraq o ancora proporre qualche preghiera per i nostri fratelli d’Oriente può rivelarsi suggestivo e fecondo.

Una battaglia per la fraternità

Più che mai, il valore della “Fraternità”, così caro alla Repubblica Francese, deve permeare le nostre preoccupazioni e le nostre azioni. Credo che la fraternità sia ancora più importante verso i nostri fratelli musulmani che sono spaventati dalle imprese di alcuni di loro. Gli inviti dei giovani di “CoExister” e dell’associazione degli Studenti Musulmani di Francia, molto diffuse nella rete sociale, devono incoraggiarci. Questi giovani ci chiedono di continuare a costruire insieme una società multiculturale più giusta e più fraterna.

Lottare per la fraternità equivale a continuare ad incontrare l’altro chiunque egli sia ed avere fiducia in lui. Gli incontri con persone di cultura o di religione differente favoriscono la costruzione della vita insieme. Sappiamo tutti che i giovani gradiscono le esperienze di condivisione e di dialogo con coetanei di altre culture. È sufficiente ascoltare i giovani che abbiano partecipato ad una qualunque della Giornate della Gioventù per esserne piacevolmente convinti. Quanto hanno bisogno i giovani di incontrare uomini e donne di diversa appartenenza sociale e culturale! Più ampiamente, è l’intera nostra società che ha bisogno di imboccare le passerelle che favoriscono la condivisione delle ricchezze culturali.

Pensare che potremmo “disertare” anche da una sola di queste battaglie sarebbe un errore perché fanno un tutt’uno. Entrare nella resistenza contro il terrore ricercato dai terroristi esige che noi rispondiamo “Eccomi!” a tutte le battaglie.

Perché si avrà un bel schierare tutte le forze del mondo, rendere sicuro Internet in molti modi, e moltiplicare i controlli nei luoghi affollati: l'arma migliore nella lotta contro il terrorismo resta l'educazione. Lavoro a lungo termine dagli effetti a volte invisibili, l'educazione sembra l'unica possibilità in grado di far crescere nei giovani un senso della vita, la fede e l'amore. Educare nel tempo del terrorismo richiede quindi di articolare i tre livelli di azione: etico, spirituale e di crescita fraterna. Non dobbiamo aver paura di entrare nel tempo dell’educazione.

Come il Bambino Gesù che tiene le braccia sempre allargate in segno di accoglienza in braccio a Maria Ausiliatrice, uniamo le nostre migliori energie per far fiorire uomini e donne appassionati di vita, di fede e di amore.

P. Emmanuel Besnard, SDB

InfoANS

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