Sudan del Sud – La voce dei vescovi che “grida nel deserto”

14 Marzo 2017

(ANS – Juba) – “La guerra civile continua e si perpetuano uccisioni, stupri, saccheggi, attacchi a chiese ed edifici. Il nostro paese è nel mezzo di una terribile crisi umanitaria… La nostra gente lotta quotidianamente per sopravvivere… Milioni di sud-sudanesi sono colpiti dalla fame e costretti a fuggire o trovare rifugio nei campi profughi”. Sono questi alcuni dei passaggi più drammatici con cui, sotto forma di “Messaggio Pastorale ai fedeli e a tutto il popolo”, i vescovi sud-sudanesi hanno lanciato il loro appello “al paese e al mondo” perché si torni a negoziare e a ricercare soluzioni che contrastino guerra e crisi umanitaria.

Il lungo documento, reso pubblico a fine febbraio, giunge al culmine di uno dei periodi più duri e complessi nella storia del giovanissimo paese e fa eco alle allarmate parole del Papa che nell’udienza di mercoledì 22 febbraio ha dichiarato: “destano particolare apprensione le dolorose notizie che giungono dal martoriato Sud Sudan, dove ad un conflitto fratricida si unisce una grave crisi alimentare che condanna alla morte per fame milioni di persone, tra cui molti bambini”. 

Recentemente il Governo ha dovuto ammettere lo stato di carestia in due contee – Leer e Mayendit - ma l’emergenza è ormai estesa a tutto il paese. Secondo l’Onu, quasi 5 milioni di persone versano in disperata carenza di cibo e mezzi per coltivare la terra mentre oltre 100mila sono già ridotti alla fame. Ma a mettere in ginocchio il paese, c’è il conflitto tra il Presidente e il suo ex Vicepresidente, che si protrae dal 2013. 

“La guerra è alla base di ogni sciagura abbattutasi su questa nazione negli ultimi anni. Non c’è alcuna ragione, infatti, per cui un paese ricco di vegetazione, di fauna, di acqua, tradizionalmente pescoso e coltivabile, dovrebbe sprofondare in una simile emergenza umanitaria. È sbagliato chiamarlo disastro naturale non c’è nulla di naturale in questa situazione”. 

Il conflitto, cui ora si aggiunge la carestia, ha già fatto numerose decine di migliaia di morti e spinto oltre 3 milioni di persone fuori dai confini. A nulla sono valsi i vari accordi di pace siglati dal 2013 a oggi né il dispiegamento di 12mila Caschi Blu dell’ONU.

Il messaggio dei vescovi non è solo un’analisi della terribile situazione del paese; piuttosto, esprime la volontà della Chiesa locale di porsi al centro del processo di pace, favorendo il dialogo nazionale. “A questo messaggio intendiamo far seguire un maggiore nostro coinvolgimento. Assieme ad altre Chiese chiediamo di incontrare faccia a faccia non solo il Presidente, ma i suoi Vice, Ministri, i membri del Parlamento, i leader dell’opposizione, i militari e chiunque abbia il potere di cambiare la realtà. Non intendiamo incontrarli una volta, ma tutte le volte necessarie perché dal dialogo scaturiscano azioni, non solo chiacchiere”.

I Salesiani sono presenti e attivi nei territori dell’attuale Sudan del Sud dagli anni ’80, servendo giovani e bisognosi nei campi profughi e offrendo nelle loro opere aiuto, riparo, cibo, abbigliamento, salute e igiene.

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