Brasile – Un viaggio missionario d’altri tempi: da Manaus a Iauaretê

26 Giugno 2018

(ANS – Sao Gabriel de Cachoeira) – Anche nel 2018 ci sono luoghi del mondo che si possono raggiungere solo attraverso percorsi lunghi e difficoltosi. Com’è il caso della missione salesiana di Iauaretê, all’estremo confine occidentale del Brasile, proprio di fronte al confine con la Colombia. Ecco il racconto del lungo viaggio missionario da Manaus a Iauaretê nelle parole del sig. Giampietro Pettenon, SDB, Responsabile di “Missioni Don Bosco” di Torino.

Siamo sbarcati a Manaus, capitale dell'Amazzonia, dopo un lungo viaggio da Torino. Come capita spesso, quando si visita un capoluogo non possiamo avere percezione della vita reale delle zone interne, di coloro che vivono nelle lontane periferie.

Manaus ha circa tre milioni di abitanti, è completamene circondata dalla foresta amazzonica e si trova sulla sponda destra del Rio Negro che arriva da nord (le acque sono limpide, ma scure) in prossimità della sua confluenza con il Rio Branco, che arriva da ovest (le cui acque sono di colore chiaro, sabbiose e quindi sempre torbide e limacciose, ambiente ideale per i coccodrilli) e subito dopo vi confluisce il Rio Medeira che viene da sud (con acque color marrone, come il legno). I tre fiumi formano, da Manaus all’Oceano Atlantico, il grande Rio delle Amazzoni.

A Manaus i Salesiani hanno numerose opere educative, ma soprattutto da questa città coordinano il lavoro delle opere missionarie fra gli indigeni dell’Amazzonia. La nostra destinazione è proprio una di queste opere missionarie: Iauaretê.

Per avvicinarci alla nostra meta dobbiamo prendere un altro volo aereo, fino a Sao Gabriel de Cachoeira (che significa “cascata”). Anche a Sao Gabriel ci sono i Salesiani, da ben 103 anni: sono infatti arrivati nel 1915. La cittadina si sviluppa intorno al nucleo storico di edifici che furono il collegio salesiano e la sua grande chiesa, che oggi è la cattedrale della diocesi. I primi vescovi erano tutti Salesiani, perché questa parte dell’Amazzonia - la regione dell’alto Rio Negro - è stata conformata dalla presenza dei Figli spirituali di Don Bosco. A Sao Gabriel si arriva solo per via fluviale risalendo il fiume con il battello in tre giorni di viaggio, oppure con l’aereo che la collega a Manaus due volte la settimana. Sao Gabriel è l’ultima, o la prima, cittadina indigena di questo immenso territorio pieno d’acqua e di vegetazione lussureggiante.

Per partire verso Iauaretê dobbiamo aspettare il giorno successivo. Poiché il tempo ordinario di viaggio in barca sul fiume è di dodici ore, bisogna partire al mattino appena albeggia per essere sicuri di arrivare prima che faccia buio, la sera. Viaggiare di notte sul fiume infatti è troppo pericoloso perché non si vedono i tronchi, le rocce affioranti, i gorghi d’acqua e si rischia molto: se non in casi estremi, il viaggio si deve fare sempre alla luce del sole. Sole che picchia fortissimo, anche se non lo avverti finché corri sull’acqua e la brezza ti inganna con la sua frescura. Ma siamo all’Equatore, siamo in mezzo all’acqua che riverbera ulteriormente i raggi solari. Se non ci si copre completamente come nel deserto, alla sera i lembi di pelle esposti al sole sono rossi come peperoni e il riposo notturno ne viene compromesso.

Il viaggio in barca per tutto il giorno è per se stesso un’esperienza unica e per molti versi, straordinaria. Sveglia al mattino alle 5, veloce colazione e trasporto sul porticciolo dove ci aspetta la barca. Carichiamo i bagagli, le taniche di benzina e l’olio per il motore, qualche pacco di materiale per l’oratorio, e via!

In un attimo il pilota della barca - il signor Adifino, un indigeno di Iauaretê, che conosce il fiume come le proprie tasche - manda il motore a tutta velocità e noi scivoliamo velocissimi sulle acque controcorrente, saltando sulle creste delle onde. I primi cinque minuti sono di panico perché non capisci se al prossimo salto ti troverai sbalzato fuori dalla barca. Ma poi, un po’ ci si abitua e un po’ le acque si calmano, e procediamo verso la meta.

Risaliamo il Rio per circa un’ora fino alla prima tappa, che si rivela molto breve. Stiamo entrando nella zona esclusivamente indigena, l’esercito controlla l’accesso al fiume e verifica che abbiamo il permesso per entrare. Il controllo è super veloce quando don Roberto Cappelletti, SDB, comunica al militare che siamo tutti Salesiani ed andiamo alla missione. Un sorriso, un saluto con la mano e via di nuovo a tutta velocità con la barca che sfreccia a pelo d’acqua.

Subito dopo il “check point” svoltiamo a sinistra e risaliamo un affluente del Rio Negro, il Rio Vaupes. Non pensiate che l’affluente sia meno imponente del Rio Negro, anzi. Il bacino del fiume è talmente ampio che, quando navighiamo in centro, le due sponde alberate sembrano quelle piccole siepi verdi di bosso ben squadrate che ricamano le aiuole dei giardini all’italiana. Ma quando ci avviciniamo ad una o all’alta sponda si vedono alberi maestosi, alti anche trenta metri. C’è una vegetazione fittissima, lussureggiante, dove ogni albero fa a gara con il vicino per alzarsi un po’ di più e rubare i raggi di sole agli altri. Le piante sono così vicine fra loro da formare una cortina impenetrabile. Non si riesce a vedere nulla oltre il fitto fogliame degli alberi che si affacciano sul fiume.

Poiché siamo ancora nella stagione delle piogge, il fiume è particolarmente gonfio di acqua. Stiamo navigando a circa cinque/sei metri sopra il livello ordinario della stagione secca. Questo permette al nostro pilota di sfrecciare veloce e sicuro di non trovare ostacoli affioranti.

Ad un certo punto del viaggio vivo una illusione ottica fantastica. L’acqua è scura e perfettamente liscia, nessuna increspatura. Il cielo si specchia sul bacino d’acqua in modo unico. Guardo in alto e vedo le nuvole. Abbasso lo sguardo e vedo... le nuvole! Stiamo volando con la barca in cielo, come Peter Pan! Manca solo Trilli, la fatina magica, e l’effetto da fiaba sarebbe completo. Anche la sponda verde d’alberi e fronde si specchia e forma una ghirlanda in mezzo al cielo. Stiamo andando alla periferia del mondo, ma sembra di essere nel paradiso terrestre, un paese da sogno.

L’illusione finisce quasi subito perché compare una leggera nebbiolina. Don Roberto ci indica di mettere velocemente il poncho. Non abbiamo terminato l’operazione che veniamo colti da una pioggia leggera e sottile che però… bagna, eccome! E l’effetto è raddoppiato dal movimento della barca. Il buon Adifino non rallenta di un millimetro la velocità di crociera: pioggia o non pioggia, si procede rapidi verso la meta.

Giusto per ricordarci che non siamo in un Paradiso in Terra, il diavolo ci mette lo zampino, e così lungo il fiume troviamo le rapide. Ce ne sono molte lungo i fiumi di questa regione. In una di esse ci ha lasciato la vita don Antonio Scolaro, missionario trentino, esperto conoscitore della zona, ma che per una volta è stato colto impreparato dalla furia delle acque ed è morto proprio in questo fiume. Le rapide sono un ostacolo molto serio da superare. Accostiamo la barca a riva, scarichiamo tutto, aspettiamo il camion. Quando questo arriva, carichiamo la barca a forza di braccia e tutte le nostre cose, e veniamo trasportati a monte delle rapide. Un percorso di circa cinque chilometri su una strada costruita in mezzo alla foresta.

Terminato il breve viaggio su terra, saltiamo giù dal camion, scarichiamo tutto il materiale, mettiamo la barca in acqua, ricarichiamo i bagagli e ripartiamo. O meglio, volevamo ripartire veloci ma, dopo aver dato la spinta alla barca e fatto il salto per entrarci senza bagnarmi, una ciabatta mi ha tradito e sono scivolato in acqua. A nemmeno un metro dalla riva il fiume è già profondo. Immerso fino alla testa, mi aggrappo alla barca, che accosta a riva e mi permette di salirci, bagnato come un pulcino! Pazienza, la temperatura è alta, la brezza aiuta ad asciugare, il sole scalda, e così prima di arrivare a destinazione mi asciugo.

Lungo la riva sinistra del fiume vediamo le piccole comunità indigene con i loro villaggi. In ognuno di questi spicca in mezzo al verde la cappella, con accanto il semplice edificio della scuola. Si tratta di comunità cristiane fondate dai Salesiani. Don Bosco e Maria Ausiliatrice sono presenti e venerati ovunque da queste parti. Il segno distintivo dell’opera educatrice e insieme evangelizzatrice dei Figli di Don Bosco è proprio una chiesa con accanto una scuola. Senza educazione dei giovani, senza promozione umana, l’evangelizzazione rischia di diventare proselitismo. E senza una chiesa accanto all’opera educativa e scolastica, quest’ultima rischia di diventare un servizio sociale proprio delle istituzioni governative. Come ci ricorda il nostro caro Papa Francesco, la chiesa non è una ONG, e non lo sono nemmeno i salesiani. Educazione ed evangelizzazione sono per noi come le due mani della mamma che si prende cura del suo bambino. C’è forse una madre che sarebbe disposta a ritenere superflua una delle due mani? Così per i Salesiani, le due dimensioni vanno sempre insieme compenetrandosi e fondendosi insieme in quella che chiamiamo la “spiritualità del quotidiano”.

Alle diciassette, dopo undici ore di viaggio sul fiume, siamo finalmente arrivati a Iauaretê, con una bella ora di anticipo sulle migliori previsioni. Ci è proprio andata bene, quest’oggi.

Ulteriori informazioni su: www.missionidonbosco.org 

InfoANS

ANS - "Agenzia iNfo Salesiana" - è un periodico plurisettimanale telematico, organo di comunicazione della Congregazione Salesiana, iscritto al Registro della Stampa del Tribunale di Roma, n. 153/2007.

Questo sito utilizza cookie anche di terze parti, per migliorare l'esperienza utente e per motivi statistici. Scorrendo questa pagina o cliccando in qualunque suo elemento, acconsenti all'uso dei cookie. Per saperne di più o negare il consenso clicca il tasto "Ulteriori informazioni".