Uganda – Le ferite di Covid-19: un resoconto da Palabek

14 Luglio 2021

(ANS – Palabek) – Sebbene benedetta da enormi risorse naturali, l’Uganda è un Paese povero, che riesce ad andare avanti grazie al contributo degli aiuti internazionali. Ma ora, con la situazione economica mondiale generata dalla pandemia, anche i tradizionali aiuti sono difficili da trovare. In una simile situazione chi soffre di più sono, come al solito, gli ultimi, come i rifugiati di Palabek.

L’epidemia di coronavirus e il successivo lockdown hanno comportato nel Paese numerose conseguenze. Solo per citarne alcune:

- Siccome gli ospedali sono sommersi da pazienti affetti da coronavirus, molti malati con altre patologie (diabete, pressione alta, HIV/AIDS, disturbi cardiaci…) si aggravano e non di rado muoiono.
- I prezzi del cibo e di altri beni essenziali sono saliti alle stelle, spingendo sempre più persone nella povertà estrema.
- La maggior parte della popolazione ugandese, che sopravviveva grazie alla vendita di prodotti agricoli, patisce seriamente le conseguenze del lockdown. Con l’impossibilità di raggiungere altri mercati, i prodotti agricoli non vengono raccolti o sono vengono venduti a prezzi stracciati, lasciando gli agricoltori sull’orlo del fallimento.
- I piccoli commercianti dei mercati e i dettaglianti sono il settore più pesantemente colpito.

Con questo scenario attorno, la condizione dei rifugiati diventa ancora più ardua. Da quando il coronavirus ha colpito la nazione l’Africa orientale, le razioni di cibo date ai rifugiati sono state gradualmente ridotte al 40%, il che significa che oggi un rifugiato riceve mensilmente circa 5 kg di farina di mais, 3 kg di fagioli, mezzo litro di olio da cucina e pochi grammi di sale; mentre la fornitura di altri articoli non alimentari è stata completamente interrotta.

I salesiani che lavorano con i giovani vulnerabili nel camp per rifugiati di Palabek sono testimoni degli enormi problemi che toccano i giovani in questa circostanza. A partire dall’impossibilità per loro di essere sanamente occupati, a causa della chiusura delle scuole, dei centri giovanili, delle attività della chiesa e di altre attività ricreative, e a motivo pure del coprifuoco serale.

Per questo i Salesiani hanno cercato di mantenere almeno alcuni giovani attivi e utili, ed anche se il Centro di Formazione Professionale è chiuso, hanno mantenuto le attività agricole: circa 40 giovani, ragazzi e ragazze, continuano a lavorare nell’orto e a coltivare mais e fagioli. Anche se le piogge sono state tardive, i salesiani sono riusciti ad ottenere una notevole quantità di frutta e verdura, che hanno poi condiviso con gli studenti.

Gli studenti rifugiati hanno anche trovato il tempo di pulire il centro sanitario locale e piantare degli alberelli. E gli apprendisti del corso di muratura sono stati impegnati nella sistemazione del paesaggio e del territorio interno dei locali del Centro di Formazione Professionale.

“Ora la nostra scuola è meravigliosa a vedersi. Ci stiamo anche impegnando in altri lavori di costruzione, come la cappella, la recinzione del nostro terreno e in altri lavori di manutenzione. E gli studenti vengono pagati per il loro lavoro, il che è una manna per loro, in questo momento di grandi bisogni” afferma don Lazar Arasu, Direttore della missione salesiana a Palabek.

“Vogliamo ringraziare anche alcune ONG che ci hanno aiutato donato alimenti: ‘Insieme Si Può’, ‘AVSI’, ‘Women Feed Africa’, ‘Jugendhilfe Weltweit’, ‘Vereinigung Don Bosco Werk’” conclude, infine, don Arasu.

InfoANS

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