ONU – Il contributo salesiano alla riflessione sulla promozione dell’occupazione giovanile

14 Febbraio 2018

(ANS – New York) – A margine della 56a sessione dei lavori della Commissione delle Nazioni Unite per lo Sviluppo Sociale (CSocD56), i Salesiani, in collaborazione con le Suore del Buon Pastore, l’Organizzazione Internazionale del Lavoro (OIL) e l’ONG statunitense per la promozione giovanile “UTEC”, hanno organizzato una tavola rotonda dal titolo: “Occupazione giovanile: una componente essenziale nella lotta per sradicare la povertà”.

L’evento, celebratosi presso la sede delle Nazioni Unite a New York il 30 gennaio scorso, è stato uno dei contributi salesiani in merito al macro-tema “Strategie per sradicare la povertà e raggiungere uno Sviluppo Sostenibile per tutti” che rappresenta l’asse prioritario delle politiche della Commissione per lo Sviluppo Sociale per il 2018. Della Famiglia Salesiana hanno partecipato l’Ispettore degli Stati Unti Est e Canada (SUE), don Timothy Zak, ed i rappresentanti della Casa di Formazione, del “Don Bosco Community Center” a Port Chester e dell’opera “Don Bosco Cristo Rey” di Washington, oltre a don Tom Brennan, SDB, che ha organizzato l’evento e ha presentato alla Commissione un intervento scritto sull’occupazione giovanile, disponibile, in inglese, qui

La tavola rotonda ha affrontato la questione dell’occupazione giovanile quale fattore chiave per il raggiungimento degli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile dell’Agenda 2030, ponendo l’accento in particolare sull’obiettivo n°8 – Lavoro dignitoso per tutti – e il corollario 8.a, specifico per l’occupazione giovanile.

Amber Barth, dell’OIL, ha presentato una panoramica globale sull’occupazione giovanile, rilevando che il tasso di disoccupazione giovanile mondiale è in aumento. Ha sottolineato poi che le prospettive attuali di lavoro per molti giovani significano rimanere nella povertà e che per la giovani donne trovare un lavoro dignitoso è più difficile che per i giovani uomini.

Gli altri relatori hanno centrato il confronto sull’assistenza ai giovani con cui lavorano e che altrimenti resterebbero senza alcun sostegno: senzatetto, tossicodipendenti, giovani che hanno abbandonato gli studi, membri di gang o con precedenti penali… Sono state presentate alcune buone pratiche realizzate negli Stati Uniti e tutti i partecipanti sono stati incoraggiati a sviluppare programmi analoghi nei loro diversi Paesi, contesti e culture.

Il fattore chiave che ha garantito il successo di quelle esperienze, e che è stato indicato come fondamentale anche dagli interventi dei vari relatori, è stato l’impegno collettivo e collaborazioni integrate da parte di un’intera comunità per accompagnare i giovani nel mondo del lavoro.

Isolamento sociale, famiglie destrutturate e violenza sempre più diffusa nelle comunità povere rendono la sfida di portare i giovani nel mondo del lavoro sempre più complessa. Come ha segnalato Gregg Croteau, dell’UTEC, i giovani i cui diritti non vengono realmente tutelati non hanno quegli “airbag sociali” che invece hanno i giovani delle famiglie più abbienti. Famiglie economicamente più stabili tendono ad avere genitori più attenti, maggiore stabilità interna, buoni educatori, un maggior numero di amici e relazioni. “Tanti ragazzi poveri non hanno accesso ad alcun aiuto… Quando un giovane povero si trova di fronte un muro, c’è qualcuno che può aiutarlo?”.

Alcuni incontrano programmi come quelli dell’UTEC, dei Salesiani, delle Suore del Buon Pastore… Ma per tutti gli altri?

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