Perù – Le nuove frontiere dei salesiani nel Paese: le “Casa Don Bosco” e i migranti venezuelani
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02 Dicembre 2019

(ANS – Lima) – I primi salesiani arrivarono in Perù nel 1891, in quella che fu la prima Spedizione Missionaria Salesiana con Don Rua come Rettor Maggiore. Attualmente le opere salesiane in Perù sono 16, distribuite in tutte le regioni del Paese. Ci sono grandi scuole frequentate quotidianamente da migliaia di allievi, tante parrocchie, sia nelle città, sia nella foresta amazzonica, con decine e decine di cappelle sparse nei villaggi remoti, oratori, centri giovanili… e diversi progetti nati per andare incontro alle necessità più impellenti dei giovani più vulnerabili.

Una bella iniziativa che i salesiani del Perù hanno avviato da alcuni anni è quella delle “Casa Don Bosco”. Si tratta di convitti, sono attualmente una decina, affiancati alla scuola o alla parrocchia salesiana, in cui vengono accolti i ragazzi più poveri. Spesso sono ragazzi con problemi familiari, non orfani, ma in famiglie numerose, con i genitori ammalati e impossibilitati a lavorare per il sostentamento dei figli. A volte sono figli di ragazze madri che, per sposarsi, lasciano il figlio dai salesiani ed iniziano una nuova vita.

Le “Casa Don Bosco” accolgono anche ragazzi poveri e semplici che vengono dai villaggi più lontani e sperduti, i cui genitori sopravvivono lavorando un piccolo pezzo di terra e non potrebbero mai pagare un posto in un collegio pubblico per permettere ai figli di frequentare le scuole, che nel proprio villaggio non ci sono.

Ordinariamente in ogni “Casa Don Bosco” vive una cinquantina di ragazzi in un clima di famiglia, proprio come avveniva anche in Italia prima del boom economico degli anni ‘60 e ‘70 del scorso secolo.

L’ultima frontiera della povertà che i salesiani del Perù si sono trovati a gestire è quella dei profughi venezuelani che fuggono dal caos nel quale il loro Paese è sprofondato. In America Latina i due Paesi che accolgono più profughi dal Venezuela sono la Colombia e il Perù. Le stime dicono che attualmente i rifugiati approdati in Perù sono un milione. Il loro sogno è di arrivare a Lima, dove qualche occupazione si può sempre trovare. Numerosissimi sono i giovani soli che sono arrivati in Perù a piedi, attraversando la Colombia e l’Equador. Hanno impiegato mesi per arrivare, camminando senza sosta ed approfittando di qualche mezzo di fortuna, quando si trovava. Sono partiti senza un soldo in tasca, all’avventura, disperati perché nel loro Paese non c’è da mangiare, non ci sono medicine, non c’è più nulla! E arrivano in città stanchi, delusi, dimagriti.

Poiché a Lima c’era un’ala del collegio salesiano che non era utilizzata, i Figli spirituali di Don Bosco hanno deciso di destinarla a centro di prima accoglienza per i ragazzi del Venezuela. Ora sono 52 le persone accolte, dai 18 ai 25 anni.

L’anima di questo apostolato è don José Valdivia, l’Economo ispettoriale di tutte le opere salesiane del Perù. Questi passa tutto il giorno in ufficio fra bilanci, contratti, rendiconti... e dopo cena prende l’auto e va a stare con i ragazzi venezuelani fino a tarda notte. Questo stare con i giovani, afferma è una “messa a terra”, come quella degli impianti elettrici: vale a dire che è quel contatto con la realtà giovanile che lo aiuta a dare senso al servizio amministrativo che quotidianamente la congregazione gli chiede di svolgere.

Rientra a volte a mezzanotte, ma spesso anche più tardi. Si, perché questi giovani vengono avviati subito a trovarsi un lavoro e a darsi da fare, e dato che le ore lavorative in Perù sono per tutti almeno 10, a volte anche 12 (dato che per vivere la gran parte della gente svolge più di un lavoro) i giovani rientrano a “Casa Don Bosco” non prima delle 8-9 di sera. Si fanno una doccia, cenano e poi stanno un po’ insieme. Sono questi i momenti in cui il sistema educativo di Don Bosco trova il suo spazio naturale. Fra una chiacchiera e l’altra si può dire una buona parola, si può intuire la sofferenza di chi sta in silenzio, si può trovare il tempo per ascoltare confidenze personali che questi poveri giovani non hanno più nessuno con cui condividere.

Assieme a don José c’è anche don Marino Del Prà. È un missionario originario del Veneto, partito dal bellunese per le missioni una sessantina di anni fa ed approdato in Perù. Don Del Prà ha 88 anni e si trova nella casa di riposo dei salesiani. Invitato da don José ad andare una sera a visitare i giovani Venezuelani, non ha più smesso di farlo. È praticamente rinato, questo anziano sacerdote un po’ sordo, amatissimo dai giovani. Li incontra con tutta la ricchezza della sua lunga esperienza di prete e di educatore. Capace di consolare, incoraggiare, amministrare il perdono del Signore a coloro che si accostano a lui per il sacramento della Riconciliazione…

C’è poi la signora Roxana, la cuoca del centro, che ha un largo e buon sorriso, prepara la cena e la distribuisce man mano che i giovani rientrano stanchi dal lavoro. Anche lei è un punto di riferimento indispensabile nell’opera salesiana, perché oltre ai sorrisi è capace di dare una carezza e di sussurrare qualche buona parola all’orecchio dei giovani, proprio come una brava madre. Dio solo sa quanto ne hanno bisogno, ora che sono lontani dalla propria casa, dalla propria famiglia, dalla loro mamma.

Don Valdivia, don Del Prà, la signora Roxana... sono i nomi di Don Bosco, don Borel, Mamma Margherita per i ragazzi del Venezuela che arrivano a Lima, proprio come i ragazzi poveri nella Torino del Ottocento che scendevano dalle valli del Piemonte e arrivano a Valdocco a cercar lavoro e un futuro migliore.

Ulteriori informazioni su: www.missionidonbosco.org 

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