RMG – “La dinamica preventiva” di Don Bosco è la migliore risposta in questo contesto di crisi umanitaria
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18 Maggio 2020

(ANS – Roma) – Il mondo sta osservando come si sviluppa la pandemia. La dinamica preventiva è la risposta migliore: ancora una volta, prevenire è meglio che curare. Questa è stata anche la risposta di Don Bosco per superare il colera. Secondo il testo delle Memorie Biografiche, fu profondamente umano e cominciò dal raccomandare ai suoi giovani esattamente “gli stessi rimedi prescritti dai medici: sobrietà, temperanza, pace della mente e coraggio”. Più tardi, essendo anche profondamente santo, “prescrisse” la “medicina migliore e più efficace”: la fiducia in Maria Ausiliatrice, “Salute degli Infermi”, e la vita “in grazia di Dio” (MB V, 83).

Con entrambe le medicine, Don Bosco si mise subito all’opera e “per non tentare il Signore, usò tutti i mezzi di precauzione possibili, come suggerisce la prudenza”. “Nei dormitori i letti erano separati, le stanze venivano lavate accuratamente, venne migliorato il vitto”. E prima di aiutare i malati “ogni ragazzo riceveva un barattolo di aceto, una dose di canfora; quando tornavano a casa, si lavavano e disinfettavano”.  

La cura educativa e l’accompagnamento delle persone suggeriscono una risposta pedagogica e pastorale, come quella di Don Bosco, per i nuovi tempi che ci attendono. Cosa suggerisce Don Bosco per il nostro oggi e per il periodo post-pandemia?

“Sobrietà, temperanza, pace della mente e coraggio”. I nuovi tempi richiederanno il recupero dell’essenziale: la sobrietà nelle cose materiali e relazioni profonde; la temperanza e un’attenzione permanente all’altro; la pace della mente, il coraggio di andare oltre, di vivere per gli altri.

“Confida nella grazia di Dio”. Riaprendo le vie che portano all'incontro con Dio, con fede e fiducia. Come bambini amati. Nell’impegno della carità che diventa grazia. Nella bellezza di creare il bene, di amare, di vivere con il Signore negli itinerari di fede delle nostre vite.

“Ascoltare e ascoltarsi”. Tornare a questo atteggiamento positivo di voler stare insieme, di volersi incontrare di nuovo. La più grande mancanza di questo tempo è stata “l’altro”. Nella distanza ci sono mancati l’ascolto, il sorriso, l’abbraccio.

“Agire con prudenza e speranza”. Innovare, rendere nuove le pratiche pastorali, rivoluzionare i tempi e gli spazi, assumere “nuovi stili e nuove strategie”, andare dovunque sia possibile per “salvare” chi aspetta una nostra azione, la nostra presenza, il nostro ottimismo e la nostra fiducia. Don Bosco non si fermò, mise in azione i suoi giovani, disinfettò gli spazi e migliorò i processi. Non mancò di rispondere. Agì con fiducia perché era urgente rispondere.

Le cose non saranno più come prima. E questa è una buona cosa. È necessario ricostruire e rinascere con più umanesimo, più solidarietà e più consapevolezza delle proprie responsabilità perché, davanti ai segni dei tempi, possiamo essere uomini e donne nuovi, aspettando sempre il meglio da ogni giorno, perché anche noi vogliamo essere oggi, come Don Bosco, “profondamente umani, profondamente santi”.

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