Italia – Addio a don Rosso, formatore e prete amico dei giovani

09 Giugno 2020

(ANS –Torino) – È scomparso lo scorso martedì, 2 giugno, stroncato da un infarto presso l’infermeria di Torino-Valdocco, don Domenico Rosso, prete poliedrico e amatissimo da generazione di giovani e famiglie. Salesiano di testa e di cuore, è stato dal 1979 direttore di Radio Incontri, poi Radio Proposta, un’esperienza pioniera della comunicazione cattolica, per l’apertura di orizzonti, l’originalità delle proposte, la fermezza e l’audacia di non vergognarsi di Gesù Cristo quando veniva via via allontanato dai media. Un’esperienza che fu palestra di decine di giornalisti cattolici.

“Un salesiano a tutto tondo – lo ricorda il suo confratello don Mario Pertile, che dall’infermeria di Valdocco l’ha continuato a seguire fino all’ultimo –. È stato il mio maestro spirituale dalla seconda media: è a lui, come a molti altri miei confratelli che devo la mia vocazione”.

“E poi l’impegno assiduo per i giovani, le famiglie, il laicato e gli universitari cattolici con l’invenzione, 40 anni fa, dell’esperienza estiva per ragazzi e famiglie presso il Forte di Santa Chiara in Val di Susa, centro di spiritualità salesiana punto di riferimento per migliaia di giovani” ha scritto di Lui Marina Lomunno, per Avvenire.

Tra gli altri incarichi ricoperti, don Rosso è stato l’ultimo superiore dell’Ispettoria Centrale (ICE) e per molti anni ha svolto il servizio di direttore in diverse opere della circoscrizione Piemonte e Valle d’Aosta.

Ecco inoltre come lo ha ricordato sulle pagine de Il Sussidiario la giornalista e sua exallieva Monica Mondo:

Lo chiamavano Rouge, storpiando con eleganza il cognome, o alla sudamericana, Mingus… La sede della radio era una torretta di uno dei suoi centri più vivaci nella periferia torinese, Rebaudengo. Dalle finestrelle appollaiate si vedevano i ragazzini giocare a pallone nel cortile e le signore col velo entrare in chiesa per le funzioni.

Don Rosso, occhialetto sul naso, sorriso sornione, era un maestro, di vita e di giornalismo: intelligente, capace, colse da subito l’opportunità della libera radiofonia per lanciare un gruppo di ragazzi nell’etere, armati solo di registratori a batterie e passione, oltre ad una certa spavalderia che permetteva di incontrare e chiamare ai microfoni le personalità più importanti del mondo della politica, della cultura. Ma non c’era nessuna improvvisazione ingenua: gli studi della radio erano insonorizzati, attrezzati al meglio con la tecnologia più moderna, e i giovani cooptati non proprio degli sprovveduti: in quelle stanze si è formata una generazione di giornalisti, che oggi lavorano nelle più diverse testate.

Lo scopo era netto, come sempre con i Figli di don Bosco: ‘Promuovere la conoscenza, l’incontro e la circolazione di idee e di esperienze tra le realtà giovanili cattoliche, per la realizzazione di una proposta cristiana della vita’. Questo si traduceva nel cercare e dare notizie, con un punto di vista cristiano, sì, ma mai bigotto, mai nascondendo, mai annacquando, mai trasformando la fede in ideologia, o facendone una bandiera identitaria.

In quegli studi il radiogiornale e lo sport, tanta musica e intrattenimento mai banale, mai alla rincorsa compiacente della moda. E ciascuno imparava e trovava la sua strada, dai giornali alla televisione, dalle agenzie alla vita di convento. La genialità di una truppa tra i 18 e i 30 anni al massimo era la sua composizione, oculatamente scelta in modo da riunire tutte le anime della Chiesa: chi veniva dalle Acli e chi da CL, chi dalla sua parrocchia e chi dai Focolarini.

Abbiamo imparato che la Chiesa è una, è grande, ha mille volti e tanti carismi, e tutti concorrono al bene, alla libertà di giudizio, all’amicizia più vera, per cui dopo il lavoro non si smetteva mai di pensare al giorno dopo e di suonare la chitarra, di preparare un sugo per gli spaghetti o parlare di quel che più conta, le grandi domande che a vent’anni tieni ancora deste, e poi ti stanchi di far tumultuare.

Ci vuole sempre un maestro, e questo prete minuto è stato attento e partecipe, mai invadente, mai imponente. Lasciava creare, lasciava crescere, vigilando e accudendo, le idee e la preghiera, qualche ritiro. Accogliendo, con discrezione e tenerezza, qualche persona fragile che tra le mura di quella radio ha trovato la forza di vivere e una vocazione, professionale e umana.

Quando te ne vai a 87 anni, e hai vissuto così, ti ricordano gli amici più cari. Invece la storia delle radio e delle televisioni cattoliche in Italia, il loro ruolo, la loro forma, meriterebbe memoria più attenta e ispirazione per il presente. Meriterebbe un grazie, per una presenza che si è attrezzata ai cambiamenti del tempo, senza mai essere succube o troppo timida, senza presunzione, ma con la certezza di un incontro, appunto, che può dare significato a tutta la vita”.

Fonti: Avvenire, Il Sussidiario

InfoANS

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