RMG – Il nuovo Consigliere per l’Europa Centro e Nord: “Dobbiamo portare l’amore di Don Bosco ai giovani più poveri e bisognosi”

03 Luglio 2020

(ANS – Roma) – Tra i nuovi arrivati nel Consiglio Generale c’è anche don Roman Jachimowicz. 53 anni, originario della Polonia, si presenta oggi ai lettori di ANS rispondendo ad alcune semplici domande.

Cosa l’ha spinta a farsi salesiano?

La decisione di diventare salesiano l’ho presa dopo aver ottenuto il diploma di maturità. La nostra famiglia abitava in una parrocchia diocesana e da ragazzo non sono stato chierichetto come sono stati tanti miei compagni. Non conoscevo la storia di San Giovanni Bosco, ma alcuni dei salesiani erano amici dei miei genitori. Ogni volta che venivano a trovarci si presentavano come persone gioiose, spontanee, intelligenti. Li vedevo come persone molto felici. Parlavano varie lingue, suonavano il pianoforte… Tutto questo mi impressionava molto. E quando ho deciso di diventare sacerdote volevo essere salesiano sacerdote. Desideravo che la mia vita diventasse gioiosa, essere felice così come vedevo incontrando salesiani.

Nella mia vita salesiana ho trovato sempre sostegno della mia scelta vocazionale e ancora oggi vedo tanto ottimismo nei salesiani che lavorano con i ragazzi e giovani. La gioia di essere salesiano proviene proprio da questo stare insieme con ragazzi e giovani dando loro la speranza di una vita buona e riuscita. Questa gioia e ottimismo sono radicati in Dio, che è fondamento profondo di vita salesiana, e anche scaturisce dall’incontro con le persone che incontriamo. Tutto questo è in continua crescita attraverso ricche esperienze di vita. La chiamata del Signore è qualcosa che ha la sua continuità e si approfondisce nel tempo.

Diventando salesiano sacerdote questa gioia è radicata in Dio e questo offre un fondamento profondo e personale con Dio e con le persone che si incontrano. Questo essere salesiano sacerdote è sempre in continuo sviluppo, attraverso varie esperienze di vita. Questa chiamata del Signore è qualcosa che è sempre viva e continua nella nostra vita sacerdotale salesiana.

Cosa porta con sé dell’esperienza del CG28?

Ho partecipato per la prima volta al Capitolo Generale. Per me è stata un’esperienza molto significativa. Prima di tutto ho visto la grandezza della nostra Congregazione e tanta diversità culturale, ciò che non si vede così pienamente dalla prospettiva della vita di una Ispettoria. Mi sono reso conto che la nostra missione salesiana è veramente molto significativa nella Chiesa e nel mondo. Sono stato molto contento che il tema del CG28 trattasse proprio il tema: “Quali salesiani per i giovani di oggi?” Il tema molto attuale che tratta la realtà dei giovani e la risposta che noi salesiani dobbiamo a loro in un mondo che cambia rapidamente. Spesso cerchiamo le riposte da soli, ma anche qualche volta ci sentiamo persi.  Sicuramente ragazzi e giovani aspettano da noi che siamo per loro guide autentiche e accompagnatori che sanno indicare loro la strada giusta che porta a Dio e li rende felici. C’è bisogno di un discernimento fatto insieme con lo sguardo pieno di fede in Dio, ci vuole anche tanto coraggio per camminare sulle Sue strade, in un mondo dove ci sono tante proposte che non rendono felici e creano tanta incertezza per un domani. Considero il CG28 molto importante per la nostra vita e missione, che prima di tutto rafforza la nostra identità salesiana. Guardando San Giovanni Bosco dobbiamo continuare il carisma salesiano nel mondo di oggi e portare questo amore di Don Bosco ai giovani più poveri e bisognosi in un mondo dove c’è ancora tanta sofferenza, solitudine, mancanza di senso della vita o incertezza di un futuro migliore. Partecipando al CG28 ha scoperto ancora di più un grande tesoro che sono giovani e l’importanza della collaborazione con la Famiglia Salesiana e tanti laici che costituiscono una parte integrante della nostra missione salesiana.

In queste prime settimane, segnate per altro dalle restrizioni per Covid-19, cosa ha potuto vedere, conoscere, imparare del nuovo incarico? Cosa si aspetta per il futuro?

La realtà della pandemia di Covid-19 è stata qualcosa di sorprendente, durante questo periodo ci sono state tante restrizioni, che non avevamo mai immaginato. Questa situazione ci ha permesso di capire sempre di più come la vita umana sia molto fragile, ma ci ha fatto anche vedere come abbiamo bisogno di un contatto personale significativo con gli altri. Covid-19 anche se ci ha limitato fisicamente come contatti, ad es. chiuse chiese, scuole, oratori... Ma tutto ciò non ha diminuito il nostro amore per il bene dei giovani e della gente. In questo tempo ancora di più si è potuto scoprire grande dedizione e tanti talenti dei salesiani che hanno saputo rispondere alle nuove sfide. Abbiamo scoperto un grande valore come è importante essere e lavorare insieme. Ho visto una grande creatività dei miei confratelli, che attraverso i mezzi di comunicazione sociale comunicavano con tante persone che rimanevano chiuse nelle loro case. In questo tempo così difficile, con tanta sofferenza e incertezza per un domani a noi salesiani non è mancato ottimismo, speranza, coraggio di voler aiutare gli altri, rivolgendo anche una buona parola di sostegno.

Credo profondamente che ci sia sempre tanto bisogno di salesiani che con tutto il cuore e tutta la loro vita si dedichino al bene della gente e in modo particolare al bene dei giovani più poveri, che tante volte si sentono disorientati, esclusi, si sentono soli, ma sono quei giovani che hanno un desiderio più profondo di essere felici e riuscire bene nella loro vita.

Tra sei anni, cosa sogna per la sua Regione?

Penso che nella Regione, così come in tutto il mondo, ci sono sempre tante cose da fare, ma prima di tutto abbiamo bisogno di una grande fede nella Provvidenza di Dio che ci aiuta a vedere la realtà con gli occhi pieni di speranza, affinché possiamo rimanere fedeli al nostro carisma salesiano. Come ai tempi di Don Bosco, così anche nel mondo di oggi c’è bisogno che i salesiani insieme con la Famiglia Salesiana e i laici sappiano rispondere alle nuove sfide, guardando i “segni dei tempi”. Sicuramente abbiamo bisogno di tanto coraggio e determinazione per portare il messaggio della Buona Novella alla gente che vive in Europa, ma avere sempre la disponibilità di portarlo anche negli altri continenti del mondo. Durante questi anni continuerà il cambiamento delle strutture, ma ciò che è molto importante è la fedeltà al carisma salesiano, lavorando insieme con e per i giovani.

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