Mauritius – Il sogno di don Rossi: un grande Centro di Formazione Professionale per togliere i giovani dalla strada

06 Agosto 2020

(ANS - Port Louis) – “Dare una formazione umana, religiosa e professionale, offrire un lavoro e una dignità ai giovani che sono la parte più bella di questa isola”. Questo è il sogno di don Maurizio Rossi, in missione al centro dell’Oceano Indiano, nell’arcipelago delle isole Mauritius. Che da bravo Figlio spirituale di Don Bosco ha un occhio di riguardo verso i ragazzi più poveri svantaggiati, quelli che “sono rifiutati ed emarginati perché sono creoli e figli di famiglie povere”.

Mauritius è la patria dei discendenti di coloni olandesi, francesi e inglesi, e di schiavi indiani importati dall’allora Impero Britannico, di lavoratori e commercianti. Sebbene l’arcipelago sia noto ai più come meta turistica di paradisiaca bellezza, una parte della popolazione vive in condizioni estreme e in molti quartieri e villaggi ci sono infrastrutture deplorevoli, disoccupazione e delinquenza.

La maggior parte dei giovani si riunisce in piccole bande e ci sono anche problemi di discriminazione. “I ragazzi, purtroppo, sono giudicati in base alla loro provenienza o al colore della pelle. E difficilmente trovano un lavoro stabile. Molti di loro temono la discriminazione quando si candidano per un impiego” spiega don Rossi.

E in più, per tanti l’educazione non è tra le priorità. Nelle famiglie povere i genitori fanno abbandonare la scuola ai figli all’età di 13 anni, anche se l’istruzione è obbligatoria fino a 16. “Molti genitori non hanno trasmesso ai figli l’idea che possono sognare e realizzare i loro sogni” racconta don Rossi. Così, in un Paese dove “gli edifici sorgono di notte, i bambini crescono ancora in case di latta arrugginite senza elettricità e senza acqua potabile” racconta ancora il salesiano.

Don Rossi è Direttore ed Economo della comunità salesiana locale, l’unica nel Paese, formata da altri tre religiosi: i malgasci Marcellin Ramiandrisoa e Patrick Andriamparany, e il cileno Heriberto Cabrera, in procinto di essere sostituito a fine mese dal polacco Piotr Szczygielski.

Il salesiano italiano, che in precedenza ha servito 28 anni nel vicino Madagascar, oggi guida anche l’Istituto Tecnico “Saint Gabriel”. Si tratta dell’unica scuola professionale cattolica, che accoglie 200 studenti ed offre corsi di meccanica automobilistica, elettromeccanica, manutenzione automatica e pasticceria, con tanto di tirocinio in azienda. Chi termina gli studi tendenzialmente viene immediatamente assunto: un risultato non da poco in un Paese nel quale il divario tra ricchi e poveri si allarga sempre di più.

La maggior parte degli insegnanti e degli studenti sono creoli; per questo nei corsi sono utilizzati la lingua creola e il francese. “L’obiettivo è formare cittadini onesti e competenti e attraverso la formazione al lavoro persone nutrite dai valori umani e religiosi: formare, qualificare ed educare” aggiunge il salesiano.

Attualmente l’Istituto Tecnico Salesiano ha 200 studenti, ma il missionario, in accordo con il vescovo diocesano, il card. Maurice Piat, sogna di realizzare un grande Centro di Formazione Professionale, con molteplici corsi per accogliere fino a 1.200 allievi dai 14 ai 16 anni che, diversamente, si ritroverebbero sulla strada.

“Con la mancanza di sviluppo, essere influenzati dal denaro facile sta diventando sempre più allettante, con conseguenze dannose”. Ad esempio, tanti si lasciano affascinare dal mercato delle droghe, come “Spice”, una miscela di erbe di tè imbevuta di cannabinoidi sintetici. È facilmente accessibile, dato che una dose costa meno di mezzo dollaro, ma può essere letale al primo utilizzo. Molti finiscono in carcere per questo, lì dove i salesiani continuano ad operare per portare il conforto della fede.

La Chiesa ha già attrezzato due centri per il recupero dei tossicodipendenti, ma sono insufficienti. Davanti alle sofferenze i missionari non rinunciano al loro impegno. “La speranza è sempre presente – afferma don Rossi –. È il momento di dare l’allarme e risvegliare le coscienze; è più che mai necessario consolidare i valori della famiglia. I bambini e i giovani sono la più grande ricchezza. Dobbiamo aiutarli a costruirsi nell’ascolto, nel dialogo e nella solidarietà. Devono ritrovare le loro radici ed essere rafforzati; devono conoscere la loro storia e comprendere la realtà per poi assumersi le proprie responsabilità”.

Fonte: La Stampa

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