Pakistan – Un Paese in difficoltà: un terzo del territorio è sottacqua

01 Settembre 2022
Foto: Vatican News

(ANS - Lahore) – La testimonianza dei salesiani nel Paese sferzato da piogge monsoniche insolitamente violente e prolungate, aggravate dallo sversamento dei rifiuti che bloccano le acque e in caso di alluvioni facilitano le esondazioni provocando anche emergenze sanitarie. Ora il timore è il colera. Oltre 1.000 i morti e milioni gli sfollati.

Una scia di distruzione “senza precedenti negli ultimi 30 anni”. Questa la situazione in Pakistan, secondo il premier Shehbaz Sharif, dopo il passaggio delle piogge monsoniche, mai così prolungate oltre il mese di luglio, e mai così intense. A riferirlo è il salesiano coadiutore Piero Ramello, attivo a Lahore, una città risparmiata questa volta dalla valanga di acqua. Ma un terzo del Paese affonda.

Case, beni, sostentamento sono andati perduti per molti, affondati come in un oceano. Finora sarebbero 1.060 le vittime dall’inizio delle piogge e 33 milioni le persone coinvolte. Quasi tutto il Baluchistan e il Sindh, le due province più colpite, oltre al Khyber Pakhtunkhwa (KPK) e al Punjab meridionale stanno affrontando una crisi senza precedenti, per la quale il governo ha chiesto l’aiuto urgente della comunità internazionale. Tante famiglie necessitano di cibo, riparo e assistenza sanitaria e poi, avendo perso tanti animali e bestiame, che fanno parte della sussistenza quotidiana, le difficoltà sono enormi, spiega il sig. Ramello. Il Papa ha richiamato alla solidarietà generosa della comunità internazionale, la stessa invocata dal primo ministro Sharif.

Intanto i fondi stanziati dal governo sembrano del tutto insufficienti. Il problema principale - afferma il salesiano - oltre la congiuntura climatica che con il riscaldamento globale sembra gravare in particolare sul Pakistan - è l’assenza di un sistema di smaltimento o di raccolta dei rifiuti, per cui in tutto il Paese la gente butta l’immondizia nei fiumi. Quando l’acqua si fa abbondante e incontenibile, i rifiuti creano vere e proprie barriere, ostacolando il normale deflusso e alimentando esondazioni e allagamenti di enormi proporzioni. I programmi di pianificazione urbana mal concepiti hanno portato inoltre alla costruzione di migliaia di edifici in aree a rischio di inondazioni. Oltre a questo, c’è il riscaldamento della Terra: i funzionari pakistani attribuiscono la colpa al cambiamento climatico, affermando che il Pakistan sta subendo le conseguenze di pratiche ambientali irresponsabili in altre parti del mondo.

Simbolo del disastro è il fiume Indo, che attraversa la provincia meridionale del Sindh, ingrossato da decine di fiumi e torrenti di montagna che hanno rotto gli argini a causa delle piogge record e dello scioglimento dei ghiacciai. Le paratoie sono state aperte per far fronte a un flusso di oltre 600.000 metri cubi al secondo, ha dichiarato il responsabile della principale diga che regola il flusso del fiume vicino alla città di Sukkur, nella provincia di Sindh, dove vivono circa 500.000 persone. Le autorità hanno avvertito che nei prossimi giorni si prevede che torrenti d’acqua raggiungano la provincia di Sindh, aumentando le difficoltà di milioni di persone già colpite dalle inondazioni.

Un disastro dunque di rara portata, per il quale il Paese è in stato di emergenza in un momento già molto difficile dovuto ad un collasso economico e di profonda crisi politica.

Gabriella Ceraso

Fonte: Vatican News

InfoANS

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