RMG – Conoscere Don Bosco: il suo profetico sogno del pergolato di rose
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20 Gennaio 2023
Immagine a cura di Severino Baraldi, per "Don Bosco ti ha sognato" (Vol. 1) - Elledici, 2013

(ANS – Roma) – “Siamo figli di un sognatore” è un’espressione che spesso i suoi successori hanno adoperato per riferirsi al Fondatore della Congregazione e della Famiglia Salesiana. E questo non solo per la sua capacità di vedere molto oltre i suoi contemporanei, prefigurando sviluppi e realtà che si sarebbero manifestate apertamente solo molto anni dopo; ma anche per quella sua mistica capacità di avere come delle “visioni soprannaturali” in grado di indirizzare il cammino suo e di chi lo seguiva.

Sul valore dei suoi sogni, lo stesso Don Bosco inizialmente dubitava. “Molte volte li attribuivo a scherzi della fantasia. Raccontando quei sogni, annunciando morti imminenti, predicendo il futuro, più volte ero rimasto nell’’incertezza, non fidandomi di aver compreso e temendo di dire bugie. Alcune volte mi confessai da don Cafasso di questo, secondo me, azzardato parlare. (…) Però solo anni dopo quando morì il giovane Casalegno e lo vidi nella cassa sopra due sedie nel portico, precisamente come nel sogno, allora più non esitai a credere fermamente che quei sogni fossero avvisi del Signore”.

A sua volta, don Eugenio Ceria, biografo di Don Bosco, che compilò gli ultimi nove volumi delle Memorie Biografiche, classifica i sogni di Don Bosco in tre gruppi:

- Sogni che non sono altro che semplici sogni notturni.

- Sogni che non furono sogni, ma vere visioni avvenute in pieno giorno.

- Sogni fatti di notte, che rivelano cose oscure o future.

È difficile però distinguere tra le tre categorie. Ad esempio, una volta, Don Bosco sognò di trovarsi nella Basilica di San Pietro a Roma, dentro la grande nicchia che si apre sotto il cornicione a destra della navata centrale, perpendicolarmente alla statua bronzea di san Pietro e al medaglione in mosaico di Pio IX. Egli non sa capacitarsi come sia capitato lassù. Vuole scendere. Chiama, grida, ma nessuno risponde. Finalmente, vinto dall’angoscia, si sveglia. Un sogno da cattiva digestione, si direbbe. Ma chi guarda oggi quella nicchia di San Pietro vi vede la grandiosa statua di don Bosco dello scultore Canonica. E allora si capisce che la cattiva digestione non c’entrava.

Innumerevoli sono stati i sogni riportati da Don Bosco, alcuni certamente più significativi e rilevanti di altri. Il sogno dei 9 anni, di cui l’anno prossimo, 2024, si celebrerà il Bicentenario, costituisce tra tutti non solo il capofila cronologico, ma anche l’architrave portante di tutta la vita e l’azione del Santo dei Giovani.

Il sogno del pergolato di Rose

Nella grande matassa di sogni effettuati da Don Bosco oggi vogliamo ricordare in particolare quello noto con il nome del “pergolato di rose”. È, tra tutti, un sogno che aiuta ad avvicinare alla realtà quotidiana la figura di questo gigante della santità, ricordando come solo da lontano tutto ciò che lui ha eroicamente compiuto possa apparire lineare e semplice, quasi una serie di azioni che da una data premessa determinano la loro logica conseguenza. In verità, tutta la sua immensa opera, sostenuta costantemente dalla grazia divina, è costata letteralmente sudore, lacrime e sangue, che Don Bosco non ha mancato di versare per due semplicissimi motivi: il suo immenso amore a Dio, Gesù e Maria; e quello altrettanto immenso verso i suoi giovani.

Nel raccontare tale sogno ai suoi primi salesiani, Don Bosco lo introdusse così: “Perché ognuno di noi abbia la sicurezza che è Maria Vergine che vuole la nostra Congregazione, vi racconterò non già la descrizione di un sogno, ma quello che la stessa Beata Madre si compiacque di farmi vedere”.

Continuò quindi narrando il sogno, che riportiamo qui sintetizzando per brevità alcune parti.

Un giorno dell’anno 1847, avendo io molto meditato sul modo di far del bene alla gioventù, mi comparve la Regina del Cielo e mi condusse in un giardino incantevole”.

 Quindi Don Bosco descrive il giardino, poi prosegue:

C’era un pergolato che si prolungava a vista d’occhio, fiancheggiato e coperto da rosai in piena fioritura. Anche il suolo era tutto coperto di rose. La Beata Vergine mi disse: - Togliti le scarpe! -, e poiché me le ebbi tolte, soggiunse: - Va’ avanti per quel pergolato; è quella la strada che devi percorrere.

Cominciai a camminare, ma subito mi accorsi che quelle rose celavano spine acutissime, cosicché i miei piedi sanguinavano. Quindi fatti appena pochi passi, fui costretto a ritornare indietro.

- Qui ci vogliono le scarpe -, dissi allora alla mia Guida. - Certamente - mi rispose -; ci vogliono buone scarpe.

Mi calzai e mi rimisi in via con un certo numero di compagni, che avevano chiesto di seguirmi. Il pergolato appariva sempre più stretto e basso.

Molti rami si abbassavano e si alzavano come festoni; altri pendevano perpendicolari sopra il sentiero. Erano tutti rivestiti di rose, e io non vedevo che rose ai lati, rose di sopra, rose innanzi ai miei passi. Mentre ancora provavo vivi dolori ai piedi, toccavo rose di qua e di là, sentendo spine ancor più pungenti; e mi pungevo e sanguinavo non solo nelle mani, ma in tutta la persona. Al di sopra anche le rose che pendevano celavano spine pungentissime, che mi si infiggevano nel capo. Tuttavia, incoraggiato dalla Beata Vergine, proseguii il mio cammino.

Intanto tutti coloro che mi osservavano, dicevano: - “Oh, come Don Bosco cammina sempre sulle rose! Egli va avanti tranquillissimo; tutte le cose gli vanno bene. Ma essi non vedevano le spine che laceravano le mie membra”.

A quel punto, narra Don Bosco che molti preti, chierici e laici che lo seguivano lo abbandonarono, sconfitti dal dolore delle spine e sentendosi ingannati dallo stesso Don Bosco.

Tuttavia, un altro stuolo di preti, chierici e laici sostituì il primo gruppo, consolando Don Bosco e accompagnandolo nelle prove fino all’arrivo “in un bellissimo giardino, dove lo circondarono i suoi pochi seguaci, tutti dimagriti, scarmigliati, sanguinanti. Allora si levò una brezza leggera, e a quel soffio tutti guarirono come per incanto”.

E dopo ancora Don Bosco si vide trasportato ancora in una spaziosissima sala – “di tale ricchezza che nessuna reggia al mondo può vantarne l’uguale. Era tutta cosparsa e adorna di rose freschissime e senza spine dalle quali emanava una soavissima fragranza”.

La spiegazione del sogno a Don Bosco la diede la stessa Vergine Maria: “Sappi che la via che hai percorso tra le rose e le spine significa la cura che tu hai da prenderti della gioventù: tu vi devi camminare con le scarpe della mortificazione. Le spine per terra rappresentano le affezioni sensibili, le simpatie e le antipatie umane che distraggono l’educatore e lo distolgono dal vero fine, lo feriscono, lo arrestano nella sua missione, gli impediscono di raccogliere meriti per la vita eterna. Le rose sono simbolo della carità ardente che deve distinguere te e tutti i tuoi coadiutori. Le altre spine significano gli ostacoli, i patimenti, i dispiaceri che vi toccheranno. Ma non vi perdete di coraggio. Con la carità e la mortificazione tutto supererete e giungerete alle rose senza spine”.

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