Sierra Leone – “Ti chiami John Bosco? Con quel nome non dovresti stare in carcere”. Visita all’inferno sulla terra

02 Novembre 2016

(ANS – Freetown) – Due anni fa l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha dichiarato conclusa l’epidemia di Ebola in Africa Occidentale. L’epidemia ha causato circa 4.000 morti e oltre 14.000 casi di contagio. Due anni dopo la Sierra Leone è caduta nel dimenticatoio. Questo paese ha sperimentato una delle più lunghe e crudeli guerre civili; e tuttavia i Salesiani sono rimasti sempre vicino alla sua popolazione e ai giovani.

I salesiani impegnati dal 2001 nel recupero di centinaia di bambini soldato. Inoltre, si occupano dei bambini rimasti orfani a causa dell’Ebola, dei bambini di strada e delle vittime di abusi e hanno avviato anche delle attività con i giovani in prigione.

È questo un servizio tipicamente salesiano, e avviene direttamente nel carcere di Pademba Road, dove centinaia di adolescenti e giovani condividono una cella con criminali adulti di ogni genere. “Vi siamo andati in 4, tre salesiani e un laico” racconta don Jorge Crisafulli, SDB.

I Salesiani hanno visitato “l’inferno sulla terra”, come è chiamato il carcere. È progettato per 300 persone, ma ne ospita 1.876. L’odore nelle celle è nauseante: un misto di sudore, urina e feci umane. Hanno visitato tutto il carcere: le celle, la cucina, l’infermeria, i laboratori, i cortili… Tutto in rovina, vecchio, abbandonato, ad eccezione di una cappella cattolica costruita da un missionario molti anni fa.

Ora, i Salesiani visitano la prigione il venerdì. Celebrano l’Eucaristia, pregano, cantano, incontrano gli adolescenti e i giovani per ascoltare le loro storie e cercare un aiuto legale per risolvere i loro casi. Sono già oltre 30 anni quelli che hanno lasciato il carcere. Diversi di questi ora vivono in una casa speciale nell’ambito di un programma chiamato “Group Home” (casa di gruppo) in cui possono soggiornare e studiare per iniziare a ricostruire le loro vite.

Don Crisafulli racconta la storia di un giovane incontrato nel carcere, chiamato “John Bosco”. “Ricordo che gli dissi: ‘con quel nome non dovresti stare in un posto così’. Aveva perso i suoi genitori durante la guerra civile e decise di andare nella capitale in cerca di lavoro. Venne arrestato dalla Polizia come delinquente potenziale”.

Oggi John Bosco è fuori dalla prigione di Pademba Road. È tornato a sorridere e le sue ferite, esterne ed interne, sono in lenta via di guarigione, grazie al lavoro dei Salesiani.

InfoANS

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