Vaticano – “Ho sentito Dio nel mio cuore”: José Antonio, un carcerato spagnolo a Roma

07 Novembre 2016

(ANS – Città del Vaticano) – Domenica 6 novembre, durante la messa nella Basilica di San Pietro davanti ad oltre un migliaio di detenuti, Papa Francesco ha colto l’occasione per sollecitare i governi a migliorare le condizioni di vita dei carcerati. E tra questi c’era anche un giovane: José Antonio, detenuto nel carcere di Jaén, in Spagna, nel quale i Salesiani offrono assistenza spirituale. José Antonio è giunto a Roma per vivere il Giubileo della Misericordia con il Santo Padre. “Quando ho visto passare il Papa molto vicino a me, ho sentito Dio nel mio cuore”.

Le parole del Papa continuano a risuonare nel cuore di José Antonio: “Nessuno di voi, pertanto, si rinchiuda nel passato! (…) La storia che inizia oggi, e che guarda al futuro, è ancora tutta da scrivere, con la grazia di Dio e con la vostra personale responsabilità”.

José Antonio, come ti senti per essere venuto a Roma in qualità di detenuto?

Mi ritengo fortunato per aver ricevuto quest’incarico tra tanti prigionieri, e per poter vivere l’Anno della Misericordia a Roma. Sono un detenuto che è stato scelto per andare dal Papa, accompagnato da don Pepe, salesiano, e un funzionario del carcere.

Come hai incontrato Dio in carcere?

Il carcere è un posto duro e molto difficile. Lì noi paghiamo per i nostri crimini. Trascorro nella cella 14-15 ore al giorno, e questo mi ha dato l’opportunità di pensare, pregare e vedere la mia vita da un’altra prospettiva. È in quel luogo che ho trovato Dio, con l’aiuto dei sacerdoti, con l’aiuto di don José González che ci visita, che celebra la messa per noi, parla con noi, ci confessa.

E come vedi l’aiuto dei sacerdoti salesiani?

Sono felice di aver incontrato don Pepe. La sua presenza, il suo affetto da amico, la sua capacità di ascoltare e quella di tutti i sacerdoti mi hanno aiutato a sopportare questa dura realtà.

Quale messaggio vorresti dare ai giovani?

Che si lasciano accogliere tra le braccia di Gesù. Sappiamo che i percorsi sbagliati ci conducono al carcere e lì dobbiamo pagare per il male che facciamo, com’è successo a me, ma dobbiamo avere fede e soprattutto speranza perché il carcere è una condizione passeggera. Un giorno sarò libero e sto provando ad essere migliore a partire proprio da quel luogo.

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