Etiopia – Un Salesiano Coadiutore dal “Cuore Oratoriano”

28 Marzo 2017

(ANS – Addis Abeba) – Che sia un giorno feriale o festivo, Natale o Pasqua, c’è qualcuno che è sempre a lavoro: un salesiano h/24 e dal “Cuore Oratoriano”, di poche parole e di molte azioni. È il Salesiano Coadiutore Donato Galetta, che sin dal suo arrivo in Etiopia, nel 1988, ha saputo toccare il cuore di moltissimi giovani: dapprima, per 12 anni, a Zway, e negli ultimi 18 a Mekanissa, Addis Abeba.

Sig. Donato, come si descriverebbe?

Sono un semplice Salesiano Coadiutore e preferisco essere chiamato semplicemente Donato. Ho scelto di essere Coadiutore piuttosto che prete per poter essere più vicino ai giovani. Quando uno è sacerdote le persone possono sentirsi un po' a distanza, ma quando ti vedono come uno di loro, si sentono libere di avvicinarsi. È per questo che sono felice di essere un Coadiutore.

Com’e arrivato in Etiopia?

A dire il vero all’epoca c’era bisogno nelle missioni salesiane del Brasile, ma dato che ero l’unico figlio nella mia famiglia, andare così lontano era difficile. Poi c’era bisogno anche in Etiopia, così andai un anno a Dilla e dopo a Zway. La mia vita è stata vissuta in povertà sin dall’età di 28 anni, quindi il sostegno alla mia scelta missionaria venne direttamente dalla mia vita. Ho optato per l’Etiopia per dare un futuro ai giovani poveri di questo paese, attraverso l’oratorio e corsi di progettazione.

Come valuti questi 30 anni vissuti in Etiopia?

Sono molto felice. In Etiopia sento che sono stato in grado di vivere il “Cuore Oratoriano”. Essere vicino ai poveri, ai bisognosi, stare con i bambini è sempre stata la mia gioia. In Etiopia ho potuto vivere pienamente la “Grazia dell’Unità”, cioè unire quei due poli che sono la passione per Dio e la compassione per l’umanità.

Quali sono state le sfide che hai dovuto affrontare in Etiopia?

La sfida principale è stata la lingua. Non ho mai avuto il tempo di andare a dei corsi per impararla e ho appreso sempre in modo informale, dai ragazzi nel cortile. Con lo studio dell’Amarico, ho anche dimenticato l’Inglese, che avevo imparato in Liberia, prima di venire in Etiopia. Ma a parte questo, non ho avuto altre grandi sfide.

Dopo 30 anni di missioni e quasi 40 da Salesiano, che consiglio daresti ai tuoi confratelli, specie a quelli giovani?

Di imparare a vivere la “Grazia dell’Unità”. Dobbiamo imparare la connessione tra i due poli di cui ho parlato prima. La dimensione verticale e la dimensione orizzontale della nostra vita: le mani tese verso Dio e allo stesso tempo verso i giovani. Questo è fondamentale per la nostra vita come Salesiani e questa “Grazia dell’Unità” può arrivare solo attraverso la preghiera personale, un’atmosfera familiare e un cuore oratoriano. 

InfoANS

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