Spagna – Alberto López: “È difficile recuperare l’infanzia, quello che otteniamo è recuperare la vita”

05 Luglio 2018

(ANS – Madrid) – Alberto López è un salesiano “di formazione e di cuore” ed è anche uno dei responsabili di “Love”, il documentario prodotto dalla Procura Missionaria Salesiana di Madrid che mostra la realtà delle minori sfruttate come oggetti sessuali e il lavoro di missionari come don Jorge Crisafulli, SDB, per farle uscire dalla schiavitù.

di Jesús Bastante

Avete realizzato un documentario intitolato “Love”, l’avete presentato in molti posti… Da dove viene “Love”?

Viene da una storia molto particolare che mi ha raccontato don Jorge Crisafulli, un missionario salesiano, nell’ottobre del 2016, quando venne in Spagna. Mi disse: “Sto lavorando ad una cosa nuova. Ascolta che bella storia”. Ed è la storia con cui iniziamo sempre le nostre presentazioni. Mi raccontò come lui, una volta terminata la crisi dell’Ebola, usciva a cercare i ragazzi di strada nei mercati, una cosa che i Salesiani fanno da anni. E negli ultimi tempi aveva visto molte ragazze praticare la prostituzione. Ragazze minorenni. Un giorno ebbe il coraggio di avvicinarsi a un gruppo di loro, ce n’erano sette, e chiese loro se non avessero sonno, se non volessero qualcosa di diverso dallo stare per strada e, soprattutto, se non volessero fare delle visite mediche per vedere il loro stato di salute, perché nessuna di loro era stata da un medico. Lì per andare dal medico e per entrare in ospedale devi pagare; se non paghi, non si prendono cura di te.

Ad ogni modo, le invitò ad andare all’opera “Don Bosco Fambul” di Freetown, e la cosa sembrò finire lì. Il giorno seguente, alle sette del mattino, venne svegliato perché c’era un gruppo di sei ragazze – non le sette che aveva visto la sera prima – che lo stavano aspettando.

Scese e diede loro un piatto di riso. E loro gliene chiesero un secondo, con il quale divenne chiaro che erano affamate. Quando stava per portarle all’ospedale, si rese conto che aveva alcuni orsacchiotti che erano arrivati con un container. Ne diede uno per ciascuna, per ammorbidire il brutto momento della loro prima visita da un dottore. E le bambine – perché comunque tutte dentro erano ancora bambine – si misero a giocarci.

Cosa ha realizzato don Crisafulli con queste ragazze? Qual è il progetto?

Il progetto si chiama “Girls OS+”. “OS” significa “rifugio” nella lingua locale, il Krio. Il “+” c’è perché esiste già un altro programma chiamato “Girls OS” che è per ragazze maltrattate fisicamente e abusate psicologicamente, specialmente dai membri della famiglia. E quello che fa con queste ragazze è, letteralmente, salvarle dalla strada attraverso l’educazione... Tutti sanno dov’è l’opera salesiana “Don Bosco Fambul”. “Fambul” significa “famiglia” in Krio ed è una casa adottiva. Don Crisafulli dà loro la familiarità, un ambiente di fiducia, dove possono dormire, lavarsi... Poi, il passo successivo è l’educazione, con l’obiettivo del reinserimento familiare.

È possibile restituire l’infanzia a qualcuno a cui è stata sottratta con così tanta violenza?

È molto difficile da recuperare l’infanzia, anche se si usa spesso quest’espressione. Quello che vogliamo fare – e che si riesce a fare – è recuperare la vita, questo sì. Vuol dire che senza dimenticare le esperienze passate e dolorose della violenza, o del trauma, o della perdita di parenti, o anche delle malattie, si possa avere una nuova vita, ma, soprattutto, in questo caso, essere i protagonisti del proprio futuro. Lasciare che costruiscano la propria vita attraverso le buone esperienze che stanno iniziando ad avere.

Fonte: www.periodistadigital.com 

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