Il cuore è come la sintesi del messaggio di Francesco di Sales, comunicato con sua vita prima ancora che con i suoi scritti. Al Trattato dell’amore di Dio voleva far seguire il Trattato dell’amore del prossimo, di cui aveva già preparato lo schema, progetto che non poté realizzare, per la sua morte a 55 anni.
Francesco ha saputo arricchire il cammino della Chiesa, senz’altro non facile nel suo tempo, con la fecondità di una carità senza confini. È il frutto di una lenta maturazione, iniziata durante gli anni di studio prima a Parigi e poi a Padova, convertendosi lui stesso a questa comprensione profonda del mistero di Dio, grazie anche al fascino che ha avuto su di lui lo studio del Cantico dei Cantici. I 9 anni da prete, di cui 7 vissuti come missionario nel Chiablese, affrontando resistenze e ostilità di ogni tipo, sono stati di tirocinio pratico per crescere sempre più nella carità. La sua missione seguiva una strategia tanto semplice quanto impegnativa: riconquistare i cuori uno ad uno con la pazienza e la dolcezza. Con un orizzonte molto più vasto, ma sempre con questa stessa direzione di marcia, inizia il suo ministero episcopale. Lo dice bene un suo commento sul giorno della ordinazione a vescovo di Ginevra in una lettera a Jeanne-Françoise de Chantal: “Dio mi ha tirato via da me stesso per prendermi per Lui e donarmi alla gente. Vale a dire che mi ha trasformato da ciò che ero per me stesso a ciò che dovevo essere per loro”.
Il ‘cuore’ è l’insieme di tutta la sua vita e della sua eredità spirituale, da cui scaturisce anche il dono che, attraverso Marguerite-Marie Alacoque, ha raggiunto tutta la Chiesa.
La storia spirituale di Don Bosco, con l’immensa fecondità apostolica che nasce dal suo carisma, è come un grande albero che nasce dalla stessa radice e si nutre della stessa linfa vitale. Ha voluto che Francesco di Sales entrasse nel nome di chi avrebbe sposato e continuato la sua missione perché è lo stesso cuore a dare vita a tutto ciò che da Don Bosco è nato.
Gli ultimi anni della sua esistenza terrena lasciano emergere con chiarezza questa ricchezza spirituale. Due momenti in particolare sono come testamento e simbolo del cuore di Don Bosco, vissuti da lui presso la basilica del Sacro Cuore. La lettera da Roma del maggio 1884, dove non solo confida tutto ciò che gli sta più a cuore, ma chiede ai suoi salesiani di avere esattamente lo stesso cuore che lui ha verso i giovani. Quindi l’unica Messa da lui celebrata tra tante lacrime nella Basilica appena consacrata, il 16 maggio 1887, quando ricorda, lasciandolo riemergere nella memoria del cuore, tutto il cammino della sua vita, vissuto da cima a fondo come “unico movimento di carità verso Dio e verso i fratelli” (C. 3).
Tornare a queste radici apre la via di un cammino di rinnovamento, che ricrea il ‘cuore nuovo’, con cui essere SALESIANI, secondo il cuore di Don Bosco, per i giovani di oggi.