Mongolia – Un poster missionario come scintilla vocazionale: la storia del giovane chierico Almeida

08 Gennaio 2020

(ANS – Ulaanbataar) – Felix Almeida è un giovane salesiano in formazione, originario dell’India, Ispettoria di Mumbai. Ad appena 25 anni di età è già partito missionario ad gentes per una delle frontiere missionarie salesiane, la Mongolia – una destinazione che ha scoperto lo scorso 29 settembre a Torino, quando ha partecipato alla 150° Spedizione Missionaria Salesiana.

Come è iniziato il tuo cammino di fede e vocazionale?

È iniziato in famiglia. È qui che ho sperimentato e imparato cosa significa amare Dio e pregare. Come molti giovani, anch’io ho avuto il mio periodo di dubbi, tanto da pensare che Dio fosse solo un frutto della mia immaginazione. Sono stato agnostico per oltre un anno. Ma guardando indietro mi rendo conto che è stato il Signore a permettere che questo accadesse, solo per trovarmi più vicino a Lui alla fine.

Il mio cammino vocazionale salesiano è iniziato come chierichetto nella mia parrocchia, benedetta dalla presenza di meravigliosi, generosi e santi salesiani che mi hanno aiutato a crescere e a coltivare questo seme della vocazione.

Cosa porti con te della tua comunità d’origine?

Sono stato benedetto con la fede sin da bambino, ma ho capito il significato e la gioia di questa vocazione cristiana solo quando è stata messa in discussione. Da bambino leggevo la Bibbia e la vita dei santi. Andando in chiesa e partecipando alle molte attività che venivano organizzate sono cresciuto nella bella e significativa tradizione cattolica. E mentre crescevo fisicamente, veniva curata anche la mia crescita spirituale. Così, mi sento in dovere di dire che, anche se credo che la nostra fede sia qualcosa di profondamente personale, essa non può crescere ed essere compresa pienamente senza una comunità cristiana veramente amorevole che sostenga e creda nelle parole del nostro Salvatore.

Cos’è che ti piace di più del lavoro salesiano in India?

Ho avuto la benedizione di conoscere e di vivere per qualche tempo insieme ai missionari salesiani che hanno lasciato la loro patria per farci conoscere l’amore incondizionato di Gesù. Devo dire che i salesiani che tornavano nella mia Ispettoria mi hanno veramente ispirato a lavorare per i giovani, soprattutto i più poveri. Sono veramente in debito con molti di loro per avermi ispirato e per essersi presi cura di me, per avermi aiutato a crescere in questa convinzione di lavorare per i più bisognosi. In particolare ho amato e mi è piaciuto lavorare nell’apostolato “YaR” (per i Giovani a Rischio).  

Come ha percepito la vocazione missionaria salesiana ad gentes?

Non posso risalire con esattezza a quando mi sono sentito chiamato alla vocazione missionaria, ma quando mi guardo indietro ricordo ancora il giorno in cui mi sono sentito chiamato ad essere salesiano. Fu durante un campo giovanile, quando entrai per la prima volta nell’aspirantato e venni colpito da un poster del “Progetto Africa” appeso al muro. Sento ancora la freschezza di quest’episodio nella mia vita. Qualcosa è avvenuto dentro di me e il mio povero vocabolario non è sufficiente per raccontarlo. In conclusione, sento che la mia vocazione salesiana non è mai stata diversa dalla mia vocazione missionaria. Anzi, i due aspetti sono fusi insieme in uno solo per me. 

Hai delle aspettativa sulla tua terra di missione, la Mongolia? 

Sinceramente, quando ho sentito per la prima volta parlare della Mongolia come mia destinazione, ho avuto un po’ di paura, ma è stata accompagnata da un profondo senso di abbandono, sapendo che il Signore che mi precede. E così, proprio come Gengis Khan conquistò il mondo, direi che questa missione, i confratelli e il popolo della Mongolia hanno già cominciato a conquistare il mio cuore.

Inoltre, mi sento privilegiato a far parte dell’Ispettoria del Vietnam (da cui dipendono le missioni in Mongolia, NdR), che ha dato tanti missionari al mondo salesiano.

InfoANS

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