Uganda – Locuste e coronavirus: rischi concreti di emergenza umanitaria

15 Aprile 2020

(ANS – Kampala) – La combinazione fra la diffusione del Covid-19 e l’invasione di locuste in atto in molti Paesi dell’Africa orientale rischia di dar luogo a una delle emergenze umanitarie tra le maggiori in assoluto. Dall’Uganda, uno dei Paesi colpiti da entrambi i fenomeni, la comunità salesiana di Namugongo, alla porte di Kampala, la capitale, giungono degli aggiornamenti sulla situazione.

L’ingresso degli insetti ha una data di registrazione ufficiale: il 12 febbraio. Si stima che il numero sia di 40 milioni di esemplari, pronti a riprodursi alla velocità impressionante che potrebbe moltiplicarli fino a 500 volte fino al prossimo mese di giugno. Fanno parte del grande sciame costituitosi fra Etiopia e Somalia, a sua volta scatenatosi nella vicina Penisola Arabica.

Le parti del Paese fortemente colpite sono quelle del Nord e dell’Est, ossia i distretti di: Amudat, Katakwi, Nakapiripiriti, Kumi, Kitgum, Abim, Agago, Otuke, Moroto e Nabilatuk. Il governo ha effettuato la disinfestazione utilizzando la Forza di Difesa Popolare, l’esercito derivato dalla Resistenza Nazionale. Inizialmente i soldati avevano a disposizione mezzi per irrorare le piante dal basso, una modalità di intervento molto faticosa e poco efficace dal momento che le locuste si stanziano sulle parti alte degli alberi. Solo in un secondo momento si è potuto far ricorso ai droni, acquistati per l’occasione.

Attualmente sembrerebbe che il danno sia stato circoscritto, dato che lo sciame ora si è allontanato da quelle zone. Tuttavia, si prevede che il peggio arriverà con la stagione secca.

All’epoca in cui le locuste sono entrate nel Paese, la gran parte del raccolto dei campi era stato già effettuato. Il problema nasce dal fatto che le locuste hanno deposto le uova, che hanno un tempo di incubazione di circa 6 settimane: quindi al termine dell’attuale stagione delle piogge, vi sarà un clima secco che favorirà la schiusa e la diffusione di una nuova generazione degli insetti. C’è da aspettarsi un’altra invasione che allora condizionerà negativamente la produzione e il commercio di cibo, portando il Paese alla fame. Secondo gli esperti, un piccolo sciame di locuste può consumare alimenti per 35.000 persone in un solo giorno.

“In Uganda il cibo viene coltivato principalmente nei distretti di campagna e trasportato per la vendita nelle aree urbane” spiegano i salesiani di Namugongo, che quindi prevedono un inevitabile aumento dei prezzi dei prodotti alimentari a causa della scarsità, “negando così a molti che vivono con meno di un dollaro al giorno la possibilità di consumare un pasto decente”.

La Visitatoria dell’Africa Grandi Laghi (AGL), da cui dipendono le presenze salesiane in Uganda, sta pertanto potenziando le sue capacità per dare un sostegno, immediato e in prospettiva. Spiega don Elie Nyandwi, Direttore del centro Don Bosco “Children And Life Mission” (CALM), che l’attuale impegno è quello di istruire agricoltori e gente del posto su come debba essere irrorato il terreno: “Forniamo attrezzature a spruzzo e prodotti chimici per integrare l’irrorazione aerea che il governo sta facendo”, per cercare di evitare la maturazione delle uova di locusta.

“Nel tentativo di evitare una crisi alimentare – aggiunge don Elie – abbiamo iniziato ad immagazzinare il cibo che si può conservare, come il riso, la farina di mais e quella di manioca”, gli ingredienti di base per l’alimentazione delle popolazioni locali. Queste riserve potranno essere sistematicamente distribuite alle persone colpite attraverso la rete di parrocchie e di cappellanie.

Vi è anche il problema collegato dell’allevamento di animali. Le locuste mangiano le erbe dei pascoli, e questo porterà alla moria del bestiame. Gli allevatori, come i contadini, mancheranno delle fonti del loro reddito e dell’auto-sostentamento.

I salesiani si stanno preoccupando anche di acquistare semi e fertilizzanti per aiutare gli agricoltori nelle stagioni successive al fine di ottenere un buon raccolto nel ciclo successivo. “Di solito i coltivatori piantano i semi derivanti dalla coltivazione precedente – prosegue il salesiano – Con l’invasione delle locuste, la maggior parte del raccolto è stata danneggiata e le persone dovranno essere aiutate, oltre che dal favore delle stagioni, anche dalle sostanze chimiche per migliorare la loro agricoltura”.

Una chimica da usare con prudenza: i funzionari veterinari nelle aree colpite hanno sollevato preoccupazioni in merito ai farmaci che vengono spruzzati nella lotta alle locuste. Affermano che molti prodotti non sono stati testati e pongono pertanto un’allerta sugli effetti negativi che potranno avere sulla vegetazione e sugli animali, da cui le persone derivano la loro alimentazione.

Ciò che sta avvenendo è un flagello impressionante. Ed è inevitabile pensare che, come tante altre tragedie che colpiscono l’umanità, anche questa si sarebbe potuta contenere se non evitare del tutto. Le locuste del deserto sono una specie di cavalletta che di solito vive una vita solitaria fino a quando una combinazione di condizioni non ne promuove la riproduzione massiccia. Secondo gli esperti, nei deserti dell’Oman a inizio inverno hanno trovato le condizioni ideali per riprodursi, poi hanno attraversato incontrastate lo Yemen, allo sbando a causa della guerra. Le piogge insolite di dicembre hanno originato a un potente ciclone al largo nel Mar Arabico che ha catapultato gli sciami in Somalia; qui, nella regione semi-autonoma del Puntland, non è stata attivata nessuna difesa ambientale, né il contenimento della riproduzione. È stato praticamente impossibile condurre una spruzzatura aerea per uccidere gli insetti in questa vasta area poiché si trova sotto il dominio e la minaccia di al-Shabaab, il gruppo estremista islamista.

Anche in questo caso la responsabilità del flagello è stata in grande misura nelle mani di un’umanità impegnata a dividersi e a imporsi con le armi.

Ulteriori informazioni su: www.missionidonbosco.org 

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