Cosa pensano i giovani dei Salesiani?
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06 Agosto 2018

Alcuni giorni fa ho visto un gruppo di giovani in Piazza San Pietro a Roma con la bandiera di una delle nostre scuole salesiane. Sono rimasto colpito dal rapporto di affettuosa e allegra vicinanza dei ragazzi con i loro insegnanti e, all’opposto, dalla freddezza con cui trattavano il salesiano che era con loro: non gli parlavano, non si avvicinavano a lui… Il salesiano camminava da solo. Per loro non esisteva, era un fantasma.

Ho pensato: che figura triste, questo prete ignorato dai giovani a cui si è consacrato!

Lo scenario tecnologico e valoriale della generazione dei millennials è radicalmente diverso da quello dei loro predecessori. Questo influenza profondamente il tipo di relazioni che hanno con i loro educatori e, di conseguenza, il nostro modo di essere tra loro e soprattutto il nostro significato nelle loro vite.

Questo tipo di situazione preoccupa non solo i salesiani, ma l’intera Chiesa. Purtroppo i giovani si allontanano da noi, spesso sottolineano che non capiscono nemmeno cosa diciamo quando proponiamo loro la nostra fede. Sembra che ci sia un divario tra i loro interessi e valori e la nostra proposta di vita.

Il Rettor Maggiore, in vista del Capitolo Generale 28, ci ha invitato a chiedere direttamente ai giovani delle nostre opere cosa pensano di noi e della nostra testimonianza e come ci vedono oggi. Verranno interrogati sulla figura del salesiano che essi sognano e anche sulle mancanze nel nostro servizio, su ciò che ci chiedono di fare per adempiere alla nostra missione… I risultati di questo sondaggio saranno di grande aiuto per ottenere informazioni sul punto di vista di coloro che noi serviamo.

Non è qualcosa di inedito nella nostra Congregazione. Lo stesso Don Bosco ascoltava sempre i suoi giovani. Per lui era un atto di rispetto e di sincero affetto: si ascolta chi si ama, si presta attenzione a chi è importante nella nostra vita. E Don Bosco amava i giovani con tutte le sue forze.

L’amare richiede di sintonizzarsi con l’altro, per poter comunicare.

Sicuramente è giunto il momento per noi di fare un po’ di silenzio e smettere di pensare che sappiamo tutto ciò di cui essi hanno bisogno. Forse è giunto il momento per noi di ascoltare e cercare di capire cosa ci chiedono i nostri giovani.

Non aspettiamoci di trovare solo le rose nelle risposte alle nostre domande. Ma sarà importante stare attenti alle spine, perché se veramente i giovani rispondono con libertà, ci diranno cose che forse non ci piaceranno e che ci causeranno dolore. Sicuramente per molti giovani delle nostre opere già significhiamo poco e siamo diventati invisibili nelle loro vite, semplici amministratori degli spazi in cui vivono.

In alcuni Paesi i nostri oratori stanno chiudendo, i cortili sono territori che non ci appartengono più, la presenza dei giovani ai sacramenti diminuisce e noi veniamo ignorati. In altri luoghi, i giovani sono presenti accanto ai salesiani, la Congregazione cresce e i giovani e gli adulti si impegnano a collaborare alla nostra missione. Sono realtà ben diverse. Nella prima situazione, il dialogo servirà a vedere le cause della distanza dei giovani; nel secondo, a esplorare nuove forme di apostolato e verificare come possiamo rispondere meglio ai nuovi contesti.

C’è una domanda per i giovani che è fondamentale: “come puoi, tu, aiutarci nella nostra missione?” È una domanda centrale, perché propone a questi giovani di sognare insieme a noi nuovi modi per raggiungere i loro coetanei, nuovi metodi per evangelizzare… Soprattutto, invita a camminare insieme: Salesiani, giovani e collaboratori laici, in un unico movimento.

InfoANS

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