Spagna – “Il cammino che la Congregazione sta compiendo è in totale sintonia con quello che Don Bosco voleva”

15 Dicembre 2020

(ANS – Siviglia) – In un’intervista a tutto tondo concessa al quotidiano spagnolo El Correo de Andalucía, il Rettor Maggiore, Don Ángel Fernández Artime, affronta temi di grande attualità – sia nazionali, come il dibattito sull’educazione in Spagna, sia internazionali, quali l’impegno salesiano per i poveri durante la pandemia. Pubblichiamo oggi la prima delle due parti dell’intervista.

Cosa ne pensa della Legge Celaá?

Devo ammettere che il fatto di non essere in Spagna mi impedisce di avere una profonda conoscenza della situazione, ma da quello che seguo attraverso la stampa e le informazioni dei miei confratelli in Spagna, e tutto quello che ho vissuto nel mio Paese negli anni precedenti con le varie leggi dell’educazione, sento che si tratta, ancora una volta, di un’opportunità perduta per un grande Patto Sociale dello Stato per l’Educazione. L'educazione dei nostri bambini e dei nostri giovani è qualcosa di molto sensibile e molto delicato. Ma mi dispiace che in questi tempi in cui si parla tanto di dialogo, di partecipazione, di includere e di non escludere..., non siamo in grado di accettare di unire tutte le forze a favore delle nuove...

Questa legge sarà un problema per la Congregazione in Spagna?

Finora, nel contesto delle varie leggi, siamo riusciti ad andare avanti. La forza sta nell’unità, non solo nostra, ma di tutte le altre istituzioni con cui condividiamo questa vocazione all’educazione dei giovani: penso alle Scuole Cattoliche di Spagna, alle Confederazioni dei Genitori e ad altre istituzioni con cui condividiamo la stessa visione nel campo dell’educazione e della scuola paritaria (enseñanza concertada). Tenerci insieme è essenziale. Ed è essenziale non tanto difendere il nostro diritto ad esistere, che forse non è quello che è in gioco ora, ma qualcosa di più profondo: il diritto fondamentale alla libertà di educazione per quanto si riferisce al diritto dei genitori di scegliere il tipo di educazione dei loro figli, secondo le loro convinzioni civili, morali e religiose.

Per concludere con il tema della Legge Celaá, pensa che, se si conoscesse la figura di Don Bosco, queste “restrizioni” sarebbero state messe in atto contro l’Educazione Paritaria (Educación Concertada), che comprende anche le nostre scuole in Spagna?

Già lo disse ai suoi tempi, nel lontano 1910, don Rodolfo Fierro, salesiano di Don Bosco, che parlava a nome dei salesiani, in un contesto in cui si dibatteva la cosiddetta “Legge del Lucchetto” (NdR: Testo giuridico approvato il 27 dicembre 1910 che vietava la costituzione di qualsiasi associazione o congregazione religiosa senza l’espressa autorizzazione del Ministero di Grazia e Giustizia, consegnata per decreto reale).

Non sono venuto a combattere, sono venuto a parlare della Società salesiana... Sono venuto per spiegare semplicemente, per informare, per invitarvi a informarvi personalmente visitando le nostre case...

Sono convinto che, se ci conoscessero, non solo noi, ma anche tante istituzioni religiose ed educatori che rinunciano alla loro vita per l’educazione dei giovani, cadrebbero molti pregiudizi e molte falsità sull’educazione paritaria (enseñanza concertada), almeno su quella cattolica, che è quello che conosco meglio.

Come si è adattata la Congregazione Salesiana a questo periodo di pandemia?

Penso che sia giusto dire che ci siamo adattati come tutti gli altri, cioè, come abbiamo potuto, e come abbiamo imparato a poco a poco seguendo le linee guida delle autorità civili in ogni momento, e allo stesso tempo osservando da parte nostra, con creatività, quello che potevamo fare perché la missione salesiana andasse avanti in tutto il mondo, e naturalmente nella nostra Spagna. Devo dire che sono molto sorpreso della creatività educativa e pastorale che ho visto svilupparsi intorno a me e nei vari continenti del “mondo salesiano”. C’è stata una pioggia di iniziative di ogni tipo perché potessimo renderci presenti in mille modi.

Quali iniziative stanno prendendo i salesiani per combattere le conseguenze di questo virus?

Un primo fronte di cui ci siamo occupati, e di cui vogliamo continuare a farlo, è quello di assicurare che continuassero le attività, le azioni educative e i vari servizi sociali, pastorali e di accompagnamento delle persone (in qualsiasi modo e in qualsiasi forma possibile). È stato molto frequente trovare nelle nostre presenze molti gruppi di giovani pronti in qualsiasi momento a distribuire cibo, ad avvicinare le famiglie più bisognose, ad offrire lezioni online a chi non riusciva a stare al passo con le circostanze. In tutto il mondo abbiamo distribuito aiuti in 63 Paesi, grazie alla generosità manifestata da migliaia di persone in favore della campagna che abbiamo lanciato a motivo di Covid-19. Pubblicamente, in videoconferenza, ho reso note le destinazioni e i progetti di questi aiuti ricevuti.

Qual è il ruolo delle Missioni Salesiane di questi tempi?

In merito alle Missione Salesiane, posso dire con un profondo senso di verità che, come salesiani di Don Bosco nel mondo, siamo fortemente impegnati a raggiungere le vere periferie, i luoghi dove la gente generalmente non vuole andare. So molto bene che non siamo gli unici nella Chiesa, certamente. Ma posso testimoniare che noi, figli di Don Bosco, vogliamo farlo e lo stiamo facendo. In questo senso, il cammino che la Congregazione sta compiendo in questi 134 Paesi è in totale sintonia con quello che Don Bosco voleva e con il suo sogno. Certo, non dico che facciamo tutto bene, ma questa è la strada che stiamo seguendo. Accanto a noi ci sono tanti laici, uomini e donne, con i quali condividiamo questa missione educativa ed evangelizzatrice, sociale e di umanizzazione. È qualcosa di magnifico, insieme ai tanti giovani che vivono un’attività di volontariato sociale o missionario. Sono, quindi, tempi difficili, ma pieni di speranza.

Se Don Bosco vivesse nel nostro tempo, quale crede che sarebbe il suo sogno?

Senza dubbio il suo grande sogno sarebbe stato quello di vedere i giovani felici, oggi e nell’eternità, come diceva sempre ai suoi ragazzi. Da lì, anche il sogno di non vedere più alcun ragazzo, ragazza o giovane senza qualcuno che lo accolga come amico, come educatore, come padre o madre. Ovviamente il suo sogno continua ad essere quello di prepararli alla vita e di offrire loro un significato trascendente che, se lo accettano in libertà, in definitiva è Dio, perché Don Bosco volle sempre avvicinare i suoi ragazzi all’incontro con Dio. Il suo sogno non è cambiato, è lo stesso di 162 anni fa, e rimarrà lo stesso finché ci saranno giovani nell’umanità e finché ci saranno persone abbandonate, escluse e povere.

Quale dei sogni di Don Bosco ti ha segnato di più?

Più che scegliere un sogno, tra i tanti che ha avuto, preferisco dire che ciò che mi ha sempre commosso e continua a commuovermi ancora oggi di Don Bosco è senza dubbio la sua passione educativa per i giovani; la sua radicale convinzione di dire a se stesso ogni giorno “per voi studio, per voi lavoro, per voi sono pronto anche a dare la mia vita”. Sono parole che, quando le fai tue nella tua dedizione quotidiana ai giovani, ti riempiono di forza e di gioia.

Fonte: El Correo de Andalucía

InfoANS

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