Filippine – La Casa per Ritiri “Don Bosco” di Lawaan: una casa per gli eroi della lotta a Covid-19

31 Maggio 2021

(ANS – Talisay City) – All’incirca un anno fa l’Ispettoria salesiana delle Filippine Sud (FIS) siglò un accordo con le autorità sanitarie locali per mettere a disposizione la propria casa per ritiri a Lawaan, presso Talisay City – che in quel momento era inutilizzabile per i suoi scopi, a motivo della pandemia – come centro di alloggio temporaneo per gli operatori sanitari impegnati in prima linea per la cura dei pazienti affetti da Covid-19. Dal 10 maggio scorso la casa salesiana ha smesso tale servizio, ma chi vi ha soggiornato all’interno non dimentica come vi è stato accolto e cosa vi ha trovato.

Gli operatori sanitari “di prima linea”, oltre alla fatica connaturata al loro lavoro, oltre alla paura provata in prima persona di contrarre il virus, per mesi sono andati incontro anche alla diffidenza dei vicini, che temevano potessero essere loro i veicoli di contagio, e si sono dovuti isolare anche dalle loro stesse famiglie, per proteggerle.

Presso la casa salesiana hanno trovato un approdo sicuro. Racconta Chester B. Hamoy, exallievo salesiano ed infermiere: “Durante i primi mesi ero molto spaventato e confuso a causa degli improvvisi cambiamenti… Inoltre, avevo anche paura per la mia famiglia, dato che mio padre ha una comorbilità e vivevamo in un complesso di proprietà dei miei nonni insieme ad altri parenti, alcuni dei quali anziani. Ecco perché ho deciso di cercare un posto dove stare in modo da poter essere tranquillo che la mia famiglia venisse risparmiata dal virus”.

I professionisti sanitari non avevano solo bisogno di un posto dove sostare, ma soprattutto di una comunità di supporto che li aiutasse a fronteggiare le sfide psicologiche e spirituali della pandemia.

“Il lavoro era davvero molto stressante… C’era la pressione della comunità ed ero preoccupatissimo di essere infettato dal virus e di trasmetterlo – prosegue Chester –. Insomma, avevo mille pensieri per la testa. Ma mi sono sentito benedetto quando stavo qui. Assistere alla Messa ogni giorno mi faceva dimenticare le mie preoccupazioni personali per almeno un’ora. Prima non ero assiduo alle pratiche religiose: andavo in chiesa solo per accendere una candela e dire qualche preghiera e la domenica non andavo a Messa perché non trovavo il tempo. Ma qui avevamo la fortuna di avere don Eugene con noi. Il sostegno che mi ha dato non mi ha aiutato solo spiritualmente, ma anche a livello mentale e psicologico”.

Don Eugene Maglasang, SDB, infatti, è il salesiano che si è offerto volontario per stare con gli operatori sanitari nella casa di Lawaan. Ha offerto loro il meglio che un salesiano può dare: il dono della presenza. Ha celebrato le Messe per loro, li ha coinvolti nei pasti e, a tempo debito e con le dovute attenzioni, ha anche organizzato un ritiro per loro sulle montagne a sud di Cebu.

“Ci portò a Mantalongon per rilassarci e ci piacque molto. In quel periodo eravamo già ben adattati alla situazione, e c’erano meno preoccupazioni in termini di lavoro poiché la pandemia era meglio gestita”.

Così, mentre la pandemia incoraggiava l’isolamento e la separazione, un miracolo è avvenuto tra le prime linee di lotta al virus: hanno iniziato a legare insieme e a sostenersi l’un l’altro come una comunità.

“Ho potuto fare nuove amicizie durante la mia permanenza nella casa salesiana, dato che il 90% degli occupanti lavorava come me nell’ospedale distrettuale di Talisay City. Avevamo delle regole da seguire e avevamo anche dei ruoli assegnati. Ho imparato a cucinare e ho provato a cucinare nuove ricette. Era un buon diversivo che ci divertiva al di fuori del lavoro” aggiunge ancora Chester.

Molti operatori sanitari lavoravano anche per 12 ore al giorno. Dopo una giornata di dura battaglia contro la pandemia, trovavano una casa e una comunità che potevano considerare la loro famiglia temporanea e a cui tornare ogni giorno.

Tutti gli operatori sanitari hanno dovuto lasciare la casa per ritiri lo scorso 10 maggio. Per Chester non è stato facile. “Mi è dispiaciuto dovermene andare, ho avuto l’ansia da separazione, che non sentivo fino a quando non ho dovuto impacchettare tutte le mie cose. E dire che non sono una persona emotiva… Ma mi sono affezionato a questa comunità dopo che siamo stati insieme per un anno”.

Concludono i salesiani di FIS: “La pandemia continua a imperversare in tutto il mondo. Eppure, c’è ancora tanta speranza, anche grazie a persone come l’infermiere Chester, che vive la sua professione come una vocazione. Anche gli eroi della lotta a Covid-19, però, sono esseri umani. E hanno bisogno del nostro sostegno e delle nostre preghiere”.

Fonte: AustraLasia

InfoANS

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