Verso la Porta Santa
Una presenza che si è imposta caparbiamente anche alla tradizionale, sorniona imperturbabilità della Città Eterna. Che infatti li ha accolti prontamente e a braccia aperte.
È attorno a piazza San Pietro, naturalmente, che questa allegra e variopinta folla di giovani si concentra e si aggrega. Per dirigersi con i loro gruppi verso la Porta Santa partono da Piazza Pia, all’inizio di via della Conciliazione. I volontari che distribuiscono le croci di legno ai fedeli accreditati non hanno sosta, perché i gruppi si alternano senza pause.
Marta, originaria di Irpin, Ucraina.
Per la fortuna di tutti, la temperatura in questi giorni è stata un po’ più mite; ma del resto, non è certo dal caldo che questi giovani pellegrini si lascerebbero scoraggiare. Marta, avvolta dalla bandiera dell’Ucraina, arriva con le sue amiche di diverse regioni del Paese in guerra: Donetsk, Kyiv, Irpin. Il gruppo, accompagnato da una suora, è stato selezionato grazie a un’iniziativa lanciata da diverse parrocchie ucraine che hanno messo in palio biglietti per partecipare al Giubileo. Per queste ragazze, essere a Roma è un segno concreto di speranza e di fede viva, non solo per ciascuna di loro, ma per il loro Paese, che continua a essere teatro di violenze e instabilità. “Essere qui ci permette di ricevere, come Paese, il supporto dei cristiani di altri Paesi”, dice Marta, originaria di Irpin, città simbolo della distruzione causata dall’invasione russa iniziata nel febbraio 2022. “Possiamo condividere qui – prosegue Marta - le nostre storie di vita, le nostre esperienze, la nostra forza di amare, pregare e di combattere per le cose in cui crediamo. Ci aspettiamo di incontrare persone che ci accolgano, che ci diano il loro supporto e che condividano con noi quella luce che portano attraverso Cristo, e che portiamo anche noi. Ne abbiamo davvero bisogno”.
“L’attenzione che Papa Leone XIV sempre dedica all'Ucraina è molto importante, non solo per chi è credente. Per noi ucraini leggere sui social, o vedere nei media in generale, messaggi di incoraggiamento da altri Paesi o dal Pontefice, ci dà tanta forza e accresce la nostra fede. Vivere a Kyiv significa passare ogni notte nei rifugi anti-bombardamento: è difficile viverci e lavorarci. Questo sostegno – conclude la ragazza - è per noi una vera fonte di forza e di speranza, che ci aiuta a resistere alla disperazione quotidiana”.
Giorgio, venuto dal Libano
Giorgio, che viene dal Libano – terra coinvolta nel conflitto che dal 7 ottobre 2023 scuote tutto il Medio Oriente – è venuto a Roma con un gruppo di 45 persone per sentirsi accolto dalla Chiesa universale. “Sono a Roma, per la prima volta, per essere vicino a Dio. È bellissimo vedere persone da tutto il mondo che vengono qui per Cristo. Dobbiamo tutti pregare per la pace, non sono in Libano, ma in tutto il mondo. Per questo siamo qui tutti. Speriamo che il Papa possa visitare prossimamente il nostro Paese e speriamo di poterlo accogliere in un Medio Oriente finalmente riappacificato”.
“Tante culture e tante lingue, lo stesso cammino”
Un sentimento ed un bisogno di sentirsi abbracciati da una realtà più grande, che prova anche Michele, 27 anni, dalla Provincia di Novara, in Piemonte, giunto a Roma con un gruppo di 26 ragazzi accompagnati da un seminarista. “Stiamo vivendo una settimana di incontri. Vogliamo respirare l’aria della Chiesa. Noi veniamo da un piccolo paesino e per noi è importante renderci conto di essere parte di un mondo di fratelli, abbracciati alla stessa Croce. Siamo circondati da tante persone di altre nazioni, con le quali certamente condividiamo le stesse esperienze”.
Gli fa eco Orazio, 21 anni, da una parrocchia di Biella, sempre in Piemonte, che sembra farsi portavoce delle istanze che tutti i giovani portano nel cuore quando, con idee molto chiare, dice di aspettarsi che, in questi giorni, “si parli di ecologia, di ambiente, di speranza, di pace, della risoluzione dei conflitti che ci sono nel Medio Oriente, ma anche in tutte le altre parti del mondo. Vogliamo una Chiesa che si schieri e lotti per la pace. Perché, come diceva il beato Pier Giorgio Frassati, piemontese come noi, ‘non vogliamo vivacchiare, vogliamo vivere’”.
Daniele Piccini e Jacopo Mancini
Fonte: Vatican News
