Italia – “Il giornalismo è una professione da costruire con buoni studi e con altrettanta pratica”: le parole di don Giuseppe Costa

19 lipiec 2022
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(ANS – Roma) - “Ai tanti giovani che affollano i corsi di giornalismo, alla ricerca di un futuro posto di lavoro sempre più arduo e raro, va forse detto che il giornalista di ogni giorno non è l’uomo dello spettacolo e dell’immagine, ma quello di una professione da costruire con buoni studi e con altrettanta pratica”. Inizia così l’intervista rilasciata alla testata “Il Fatto Quotidiano” da don Giuseppe Costa, Salesiano di Don Bosco, Co-portavoce della Congregazione Salesiana.

Nella lunga intervista, don Costa parla di cosa significhi esercitare la professione di giornalista, una professione che lui ha intrapreso ormai 40 anni fa, come raccontato nella sua ultima fatica letteraria “Girovagando tra cronache ed eventi. Quarant’anni di giornalismo”, edito da Nema Press. “Va anche raccontato della dura ferialità di un dovere quotidiano – aggiunge don Costa – da coniugare sì con la novità di un prodotto che si rinnova ad ogni dispaccio d’agenzia, ma soprattutto con parole che si chiamano coscienza, responsabilità sociale e obiettività”.

Al “Fatto Quotidiano”, il Co-portavoce della Congregazione Salesiana e Direttore Responsabile dell’Agenzia iNfo Salesiana, racconta anche della sua decennale esperienza come editore del Papa, prima di Benedetto XVI e poi di Francesco. “Ritornai a tempo pieno all’editoria – ricorda don Costa – nel 2007 presso la Libreria editrice vaticana. Vi rimasi per dieci anni. Conoscere da vicino i papi Benedetto XVI e Francesco, condividerne pareri e sentirne opinioni editoriali e soprattutto tradurle in libri per il mercato editoriale internazionale è stata per me una grande sfida che oggi posso dire d’aver vinta a servizio della Chiesa. Sono stati anni di grande attività internazionale con contatti e contratti fra i più alti ai quali l’editoria può aspirare. E il mestiere di giornalista? Beh, mi è rimasto tra le mani. Libri, relazioni, incontri. Una infinità di ‘pezzi’ dalle cronache più varie”.

Nell’articolo, c’è poi spazio per una più ampia riflessione sui media e su come vengano utilizzati oggi dalla Chiesa. Riflettendo sul rapporto tra Chiesa e media, il cardinale Carlo Maria Martini scriveva infatti: “Come la donna del Vangelo, che fa parte di una folla nascosta e anonima che circonda e preme Gesù da ogni parte, viene risanata, esce dall’anonimato, assume un volto, una dignità, il pieno controllo del suo corpo grazie al contatto con il lembo del mantello di Gesù, non potrà forse un uso retto dei media aiutare tanti a passare da massa a persone, da moltitudine a popolo, dando coscienza, dignità, cultura, slancio, capacità comunicativa? Se non è il caso di dare ai media un posto centrale nel grande processo di rifare umana l’umanità, non resterà però per i media un qualche aspetto, un lembo del mantello, del potere comunicativo e risanatore che viene attribuito nella grazia del Vangelo, al linguaggio umano e alla comunicazione tra gli uomini? È la grande scommessa dei media su cui punta la Chiesa: farne da strumenti di massa degli strumenti personalizzati. È la fiducia nella possibilità di vincere tale scommessa che permette all’insegnamento della Chiesa, dal Vaticano II in poi, di trattare dei mass media collegandoli addirittura col mistero comunicativo della Chiesa, con la stessa comunicazione divina ed evocando perfino il mistero della Trinità”.

L’articolo completo, a firma del vaticanista Francesco Antonio Grana, è disponibile al seguente link.

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