Italia – L’estremo saluto di don Pasquero a chi moriva solo

15 abril 2021
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(ANS – Asti) – Sconcerto di fronte al divampare della pandemia da Covid-19 e commozione davanti allo stravolgimento della dimensione relazionale: è quanto condivide oggi don Roberto Pasquero sacerdote salesiano della parrocchia “Don Bosco” di Asti, che nel primo lockdown (quello iniziato nel marzo dello scorso anno) ha portato l’Unzione degli infermi ai ricoverati e l’ultima benedizione ai defunti per coronavirus all’ospedale cittadino “Cardinal Massaia”.

Piemontese di Chieri, classe 1951, don Pasquero è salesiano dal 1968 e sacerdote dal 1979. Nella sua vita pastorale ha avuto vari e diversi incarichi: ha servito per due periodi nella “culla salesiana” di Valdocco, così come nell’area popolare di San Salvario, sempre a Torino; e in Valle d’Aosta, dove si è occupato della Casa per Ferie di Oulx. Ma l’esperienza certamente più sconcertante per questo salesiano, figlio di un operaio e di una commerciante, arriva quando viene assegnato ad Asti, dove arriva per gestire la palestra e il cinema Lumière dell’opera salesiana, e dove si ritrova poi quasi catapultato a stare accanto a quanti soffrono e muoiono senza il conforto dei sacramenti e privati della vicinanza di parenti e affetti.

“A febbraio 2020 – racconta – il vicecappellano dell’ospedale astigiano si era recato in India. Avevo così accettato di sostituirlo fino al suo rientro, che poi il lockdown ha impedito”. Insomma, ci si è ritrovato quasi per caso; eppure, nel mutare imprevedibile della situazione, don Pasquero ha mantenuto l’impegno assunto in tempi ben diversi, fino a ricevere anche la nomina ufficiale di vicecappellano.

Raccontando quei mesi drammatici, il sacerdote non fa giri di parole: “In terapia intensiva l’atmosfera era impressionante, tesa e frenetica. Medici e infermieri, irriconoscibili nelle loro tute di protezione, non lasciavano mai i pazienti e facevano davvero tutto ciò che era possibile, ma si sentivano impotenti e molto preoccupati. C’era la consapevolezza di essere di fronte a una malattia sconosciuta. I sanitari stavano lavorando a rischio della loro vita”.

Il sacerdote ricorda la prima volta in cui, in quel contesto davvero fuori da comune, ha dovuto dare l’Unzione degli infermi e l’insolito modus operandi imposto dal distanziamento. “Per ragioni di sicurezza, sono stato portato in una piccola stanza vetrata, da dove si intravedevano i malati: dopo aver intinto il dito nell’olio santo e averlo avvicinato al vetro, ho fatto il segno della croce e dato l’assoluzione a distanza”.

L’episodio più sconcertante per don Pasquero è legato, però, a un’altra prima volta, il momento in cui è stato chiamato per una benedizione nella camera mortuaria, in piena emergenza sanitaria. “Mi sono trovato di fronte a due bare già chiuse, solo con la targhetta del nome delle persone decedute: non c’erano accanto familiari, né amici che piangessero o pregassero per loro. Non c’erano fiori. Tutto era spoglio. Avendo chiesto spiegazioni, mi fu detto che da lì tutti partivano soli. Ricordo che rimasi senza fiato. Quella solitudine e quel senso di isolamento fuori dal normale erano troppo squallidi, troppo dolorosi. In un’altra, tristissima occasione, in cui dovevo impartire la benedizione a molte persone decedute, mi sono trovato di fronte a più bare in un silenzio assordante. Non conoscevo quei defunti, ma a tutti ho dato la mia benedizione. A volte, gli addetti alle onoranze funebri filmavano, per inviare il video ai parenti, affinché avessero almeno quella consolazione, dato che il Covid-19 non aveva loro permesso di vedere i loro cari né vivi né morti. Il cuore, ogni volta, mi si riempiva di grande angoscia”.

In quel periodo, la ricerca del conforto religioso è stata molto sentita dalla comunità, alimentando il senso di coesione e vicinanza. Prosegue ancora il sacerdote: “Alcuni operatori sanitari si sfogavano e mi chiedevano di pregare per loro. L’emergenza cresceva ogni giorno. La Domenica delle Palme 2020, un’infermiera mi chiese di sporgerle un ramo di ulivo, riferendomi che i ricoveri erano aumentati al punto da smantellare anche due sale operatorie”.

Altrettanto indimenticabile per don Pasquero è stata la riapertura delle chiese. “Ricordo il senso di liberazione quando si è potuto di nuovo celebrare la Messa in presenza dei fedeli e la commozione di alcuni di loro durante la mia prima omelia dopo il lockdown di primavera”.

Manuela Zoccola

Fonte: Gazzetta d’Alba

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