Siamo un tessuto di storie
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01 Giugno 2020

Una delle esperienze più belle che viviamo come educatori è quando un giovane si avvicina a noi durante il giorno e ci chiede un minuto perché deve confidarci qualcosa di importante: «Don, sono innamorato, sono la persona più felice del mondo. Volevo proprio dirtelo perché sei una persona importante per me». Il volto ha una strana luminosità, le parole si accavallano, c’è agitazione e poi il silenzio. Aspettano la nostra risposta. A volte aspettano solo che diciamo loro che siamo felici e che condividiamo la loro gioia, una parola di incoraggiamento. Si sente la magia del momento.

Ciò che più serve a un adolescente è essere “sentito”.

In tutti i tempi e con tutte le lingue e con tutti i mezzi gli uomini continuano a raccontare le loro storie, innumerevoli storie che hanno mirabilmente messo in scena l’incontro tra la libertà di Dio e quella dell’uomo. La nostra umanità è stata costruita su storie che hanno dato identità a popoli e nazioni, miti su cui sono stati costruiti valori e forme di vita diverse.

Inserita in queste grandi narrazioni su cui si basa la nostra umanità, la nostra minuscola storia personale si aggiunge a molte altre e che contribuiscono con la loro originalità e bellezza a questa trama che scorre nel tempo.  Non è indifferente se ci uniamo o meno a questo grande progetto di vita. Come afferma Papa Francesco «L’uomo è un essere narrante. Fin da piccoli abbiamo fame di storie come abbiamo fame di cibo. Che siano in forma di fiabe, di romanzi, di film, di canzoni, di notizie…, le storie influenzano la nostra vita, anche se non ne siamo consapevoli. Spesso decidiamo che cosa sia giusto o sbagliato in base ai personaggi e alle storie che abbiamo assimilato. I racconti ci segnano, plasmano le nostre convinzioni e i nostri comportamenti, possono aiutarci a capire e a dire chi siamo».

«L’uomo ha bisogno di raccontarsi» continua il Papa «di “rivestirsi” di storie per custodire la propria vita. Non tessiamo solo abiti, ma anche racconti: infatti, la capacità umana di “tessere” conduce sia ai tessuti, sia ai testi».

Quando il Papa usa il “tessuto” come metafora della nostra vita, propone un’immagine bella e complessa, ci invita a immaginare qualcosa di simile a una rete infinita che si compone nel tempo, dove i colori e le orditure formano migliaia di combinazioni che si intrecciano e formano un disegno unico: noi.

Il Papa ci invita a leggere la nostra storia di vita «con lo sguardo del Narratore – l’unico che ha il punto di vista finale – per avvicinarci ai protagonisti, ai nostri fratelli e sorelle, attori accanto a noi della storia di oggi».

Continua: «Anche quando raccontiamo il male, possiamo imparare a lasciare lo spazio alla redenzione, possiamo riconoscere in mezzo al male il dinamismo del bene e dargli spazio».

Siamo parte di una rete infinita, non dobbiamo dimenticarlo. Abbiamo la possibilità di stringere infiniti “nodi”. Agli aspiranti collaboratori, Steve Jobs chiedeva: «Vuoi una vita ordinaria o vuoi cambiare il mondo?» La risposta a questa domanda dipende dal significato e dallo spessore del tessuto della nostra vita. 

Don Bosco rispose a questa domanda a suo tempo. Certo era un ragazzo insignificante agli occhi dei suoi contemporanei, la sua vita era condannata all’anonimato, senza istruzione e senza risorse. Tuttavia volle cambiare il mondo, volle essere diverso e “trafficare” i suoi talenti. Così ha trasformato il destino e solo per questo noi siamo qui. Lo Spirito di Dio intesse la trama nella nostra vita con libertà e creatività, aiutandoci a far emergere chi siamo agli occhi di Dio.

Dio è il nostro ascoltatore, a volte ci avviciniamo a Lui, con una voce timida diciamo: «Hai un po’ di tempo per me? Ho qualcosa di importante da raccontarti e solo tu puoi capirmi». È un momento meraviglioso.

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