Zona di Comfort: NO GRAZIE! "Preferisco una Chiesa ferita"
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15 Settembre 2017
Servizio Fotografico dell'Osservatore Romano

Ha destato un certo stupore vedere il volto di Papa Francesco ferito durante la Visita in Colombia. La contusione sull'arcata sopraccigliare e sullo zigomo, la veste bianca sporca di sangue. Un piccolo incidente con la Papamobile che ci suggerisce quasi immediatamente le parole di Bergoglio e che mi hanno ispirato l'Editoriale di ANS:  “Preferisco una Chiesa accidentata, ferita e sporca perché uscita per le strade, piuttosto che una Chiesa malata per la chiusura e la comodità di aggrapparsi alle proprie sicurezze” (EG49)

È naturale per tutti noi a volte rimanere arroccati nei confini delle nostre "zone di comfort", nelle nostre sicurezze, dove ci sentiamo comodi e sicuri; ma proprio quando sperimentiamo questa sensazione dovremmo cominciare a preoccuparci, sospettare che qualcosa non va.

A volte abbiamo difficoltà ad accettare che la Chiesa, nella sua natura primordiale delle prime Comunità, sia in costante movimento. Nata per essere "inviata", per annunciare con la predicazione la buona notizia in tutto il mondo, senza mai preoccuparsi dove posare il capo.

Tutto il Vangelo, se vogliano, si svolge in uno stato di moto continuo. Gesù insegna mentre cammina, i suoi miracoli si compiono durante lo spostamento da un posto all'altro o passando da un villaggio, senza mai fermarsi: strade, percorsi, luoghi, vie sempre nuove.

Ecco allora delinearsi l'immagine tipo del discepolo, un Uomo in continuo movimento... 

Gli Apostoli vengono invitati ad andare in tutte le nazioni, fino ai confini del mondo, preferiscono una barca ad un comodo ufficio, un bastone ad una guida turistica.

La testimonianza di Papa Francesco oggi ci interpella e ci fa riflettere. Una Chiesa che il pontefice sogna poter percorrere vie che portano alla periferia, dove molti hanno paura di camminare, dove la povertà si fa appello d'amore. Un Papa che viaggia in Africa, arriva nelle periferie di Bangui per aprire la Porta Santa, viaggia in Egitto per dialogare con i leader di altre confessioni, arriva a Cuba, in Corea e in Paraguay ...  visita i prigioni, gli ospedali, incontra i rifugiati.

Le foto del viso afflitto, ferito e sanguinante anche se sorridente del Santo Padre, possono solo scandalizzare coloro che dietro le loro scrivanie promuovono una religione asettica, distante dai poveri; ma sicuramente incoraggiano le tante persone che sognano una Chiesa con "scarpe usurate per la tanta strada percorsa".

Uscire dalla nostra "zona di Comfort" vuol dire abbandonare le nostre paure, camminare con determinazione come fecero i nostri Padri nella fede, avere il coraggio di percorrere strade nuove, esplorare nuovi orizzonti, rapportarsi con persone diverse o progettare e lavorare con modalità nuove e creative. "Non possiamo più rimanere tranquilli, in attesa passiva, dentro le nostre chiese* (EG15)."
ll Vangelo ci invita sempre a correre il rischio dell’incontro con il volto dell’altro". (EG88)

Chiediamoci allora, qual è la nostra "zona di comfort" di fronte al messaggio Evangelico?

* V CONFERENZA GENERALE DELL’EPISCOPATO LATINOAMERICANO E DEI CARAIBI,Documento di Aparecida (31 maggio 2007),548.

InfoANS

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