Editoriale
Giovani sdraiati nel loro letto, con le cuffie accese, fissando il telefonino, in attesa che passi il giorno e arrivi quello successivo. Questa è l’immagine di milioni di ragazzi ogni domenica pomeriggio. È la realtà che vive un gran numero di giovani oggi, in una situazione di vuoto esistenziale, come sottolinea lo psichiatra austriaco Victor Frankl, riferendosi a un’esistenza senza valori. È un male che cresce come un’epidemia nelle nostre società.
È un dato di fatto che la comunicazione digitale sia una sfida per la Chiesa. Nell’ultimo Sinodo dei Vescovi si parla della rete come uno spazio di evangelizzazione, come un continente da esplorare, come un nuovo luogo dove abitare. Le vecchie "autostrade dell'informazione" sono ormai diventate vere "costellazioni di contenuti", ci sono circa 1.400 milioni di siti web nella rete e il loro numero cresce esponenzialmente, mentre ogni giorno nascono nuove comunità virtuali di incontri e di discussione secondo i diversi gusti e i bisogni della gente.
Il Sinodo dei Vescovi sui giovani è iniziato in un contesto difficile e apparentemente sfavorevole per la Chiesa, in mezzo a tensioni, incredulità, calo delle vocazioni e contestazioni aperte agli insegnamenti della Chiesa su temi importanti come il diritto alla vita e il ruolo della fede cristiana nel tessuto sociale e nei diritti umani. D’altra parte, nonostante le complesse circostanze che circondano quest’evento, un segno di comunione e speranza è la presenza di due vescovi della Cina continentale che “per la prima volta” possono partecipare a un Sinodo.
I giovani oggi vivono in un mondo globalizzato, una rete di interconnessioni e relazioni. Beni, informazioni, immagini elettroniche, canzoni, intrattenimento e mode si diffondono quasi istantaneamente in tutto il pianeta. Le reti sociali sono diventate il loro habitat naturale ed è attraverso di esse che si conosce il mondo circostante. Il salesiano Ariel Fresia presenta un punto di vista originale sulla comprensione di questi nativi iperconnessi.