LA FORZA DI QUEL BAMBINO IMPOTENTE SCONFIGGE TUTTE LE POTENZE DEL MONDO
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16 Dicembre 2022

IL MESSAGGIO DEL RETTOR MAGGIORE, Don Ángel Fernández Artime

Quest’anno, sentiamo più vere che mai le parole di Isaia: «Il popolo che camminava nelle tenebre vide una grande luce; su coloro che abitavano in terra tenebrosa una luce rifulse».

Cari amici, in questo tempo c’è più luce nelle nostre città. Stelle e vetrine annunciano l’arrivo della festa di Natale. Nel profluvio di Babbi Natale, renne e pupazzi di neve, fa raramente occhiolino qualche immagine di Gesù Bambino, anche se è Lui il re della festa. Come ricordava Papa Benedetto XVI, «La gloria di Dio non si manifesta nel trionfo e nella potenza di un re, non risplende in una città famosa, in un palazzo sontuoso, ma prende dimora nel grembo di una vergine, si rivela nella povertà di un bambino. L’onnipotenza di Dio, anche nella nostra vita, opera con la forza spesso silenziosa della verità e dell’amore. La fede ci dice, allora, che la forza indifesa di quel Bambino vince finalmente le voci delle potenze del mondo. E nella notte del mondo, lasciamoci sorprendere e illuminare di nuovo da questo atto totalmente inaspettato di Dio: Dio diventa Bambino. Lasciamoci sorprendere e illuminare dalla Stella che ha inondato l’universo di gioia. Che Gesù Bambino, quando viene a noi, non ci trovi impreparati, intenti solo ad abbellire la realtà esterna».

La maggior parte di noi vive con emozione e nostalgia la preparazione del Natale con i suoi riti e le sue feste. Alcune persone potrebbero non essere in grado di sentire nel loro cuore cosa significa questo meraviglioso Mistero della presenza di Dio che è Amore. Molti altri lo fanno. Ma in ogni caso, è sempre un bel momento di umanità, di grazia, di desiderio di pace, di speranza.

Non possiamo nasconderci che stiamo vivendo davvero “una notte del mondo”.  Viviamo nella notte, viviamo in un tempo di dolore, di disperazione, di guerra, di morte.

Non possiamo ignorare la guerra che si sta combattendo in Ucraina.

Non dimentichiamo le migliaia e migliaia di vite stroncate dal peccato della guerra e dalla morte che essa semina ovunque.

Non ignoriamo che migliaia e migliaia di persone sono sfollate in Ucraina e che centinaia di migliaia di altre vivono in condizioni subumane in clandestinità, senza luce e calore e con poco cibo.

Oltre all’Ucraina, nel mondo ci sono altri 29 focolai di guerra e guerriglia con gli stessi effetti di morte e desolazione.

Ogni anno, in alcune nazioni dell’America Latina, vengono uccise più di 35.000 persone.

Il numero di poveri in Europa (quelli di noi che pensavano di essere al sicuro da tutto) è più che raddoppiato rispetto a due o tre anni fa.

Non siamo riusciti ad arginare la fame nel mondo, che è addirittura aumentata.

Le catastrofi di incendi e inondazioni, conseguenza dei cambiamenti climatici in un pianeta malato, ci mettono in guardia sempre più spesso.

All’ultimo vertice sul clima le nazioni che inquinano di più non sono state nemmeno presenti, come se il problema non riguardasse anche loro.

Non si può definire questa una “notte dell’umanità”?  Papa Francesco ha dichiarato: «Quest’anno la nostra preghiera è diventata un accorato appello, perché oggi la pace è stata gravemente violata, aggredita e calpestata, e questo in Europa, proprio nello stesso continente che nel secolo scorso ha subito gli orrori di due guerre mondiali. E ora stiamo vivendo una Terza guerra mondiale».

La manifestazione della bontà di Dio in Gesù Cristo e il suo amore per gli uomini ci hanno tratti fuori da una situazione del genere. Dio ci ha salvato, come dice la lettera a Tito. Ci ha liberato dalle catene che ci tenevano legati. Ha po­sto fine alle nostre lacerazioni e ai nostri traviamenti e ci ha riportato sulla retta via. Ci ha liberati dall’ossessione dell’odio. Quando la sua umanità si manifestò in Cri­sto, questa vera immagine dell’uomo ha cambiato qualcosa anche in noi. Ci ha messo in contatto con l’immagine origina­ria che Dio si era fatto di noi e ha fatto brillare di una nuova bellezza l’immagine originaria.

Papa Francesco è tornato più volte in questo periodo a parlare di speranza, esortandoci a guardare la nostra esistenza con occhi nuovi, soprattutto ora che stiamo attraversando una dura prova, e a guardarla con gli occhi di Gesù, “autore della speranza”, per aiutarci a superare questi giorni difficili, con la certezza che le tenebre si trasformeranno in luce. La speranza è «una virtù che non delude mai: se speri, non sarai mai deluso» ha detto Papa Francesco. È una virtù che, in una poesia del grande scrittore cattolico francese Charles Peguy, sorprende anche Dio, perché l’autore gli fa dire: “La fede che amo di più, dice Dio, è la speranza. Quello che mi sorprende... è la speranza”.

Dove possiamo trovare, scoprire, toccare con mano i frutti dell’Incarnazione, del Natale di oltre 2.000 anni fa e della Vita che ci viene dalla Risurrezione del Signore? Abbiamo motivi di speranza o la notte buia non ci permette di trovarli?

Il Bambino ha le mani vuote, perché il dono di Dio, il dono supremo all’umanità, è Lui. Non un superuomo, ma un essere fragile, piccolo, indifeso come noi. Per dirci: ripartiamo da questo, ripartiamo dalla tenerezza. Guardiamoci negli occhi e riscopriamo la vita identica che pulsa in noi. Agli occhi di un certo mondo può sembrare una cosa ridicola, calpestabile, eliminabile, ma noi sappiamo di possedere una forza che può sconvolgere le tenebre. Gesù è la piccola luce che ci è stata affidata.

Ora tocca a noi.

Un bel dono vale se lo usi! Come tutti i doni, c’è un modo per “riciclare” il dono di Dio: ridonando la vita! E senza dubbio è così: di fronte a tanta notte, c’è anche tanta vita. La vita che Maria di Nazareth ci porta nel suo figlio appena nato e la vita di tanti bambini che le loro madri, con immenso amore, fanno nascere, nel nome di Dio. La vita di tanta generosità anonima di milioni di persone che ogni giorno si rivolgono al prossimo, ai bisognosi, agli anziani soli. La vita è quella donata da tante persone anonime che lottano silenziosamente contro tanta oscurità e pessimismo. La vita, mi sembra, è quella che viene seminata ogni giorno in migliaia e migliaia di presenze salesiane nel mondo, dove un gesto, un sorriso, un pezzo di pane o un piatto di riso, un momento di incontro semina luce e speranza. Tutto questo, credo, è il frutto del Natale, dell’Incarnazione del Figlio di Dio, della Risurrezione e del Dio della Vita che ha sempre l’ultima parola.

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