Il Messaggio del Rettor Maggiore
IL MESSAGGIO DEL RETTOR MAGGIORE, Don Ángel Fernández Artime
Questo è il bene semplice e silenzioso che ha fatto Don Bosco.
Questo è il bene che continuiamo a fare insieme.
IL MESSAGGIO DEL RETTOR MAGGIORE
Don Ángel Fernández Artime
Sulla copertina del Bollettino Salesiano di questo mese c’è la bella statua del Gesù benedicente che svetta sul campanile della Basilica del Sacro Cuore di Roma. Una gran bella chiesa che è costata “sangue e lacrime” a Don Bosco, che, già consumato dalla fatica, spese le sue ultime energie e anni nella costruzione di questo tempio richiesto dal Papa.
È un luogo caro a tutti i Salesiani anche per tanti altri motivi.
La statua dorata del campanile, per esempio, è un segno di riconoscenza: è stata donata dagli exallievi argentini per ringraziare i Salesiani perché erano venuti nella loro terra.
E anche perché in una lettera del 1883, Don Bosco scrisse la frase memorabile: “Ricordatevi che l’educazione è cosa di cuore, e che Dio solo ne è il padrone, e noi non potremo riuscire a cosa alcuna, se Dio non ce ne insegna l’arte, e non ce ne dà in mano le chiavi”. La lettera terminava così: “Pregate per me, e credetemi sempre nel SS. Cuore di Gesù”.
IL MESSAGGIO DEL RETTOR MAGGIORE, Don Ángel Fernández Artime
«Ancora una volta ho potuto constatare di persona, viaggiando nel mondo salesiano, che Maria Ausiliatrice - come promesso da Don Bosco - è un faro di luce, un porto sicuro, l’amore materno di suo figlio e di tutti noi».
IL MESSAGGIO DEL RETTOR MAGGIORE, Don Ángel Fernández Artime
Lui si chiama Alberto. Di lei, una giovane madre, non so il nome.
Lui vive in Perù. Lei vive a Hyderabad (India).
Ciò che unisce queste due storie, due vite, è che le ho incontrate in occasione del mio servizio, Alberto in Perù e la giovane madre in India la settimana successiva.
Ciò che le accomuna è il prezioso filo d’oro della carezza di Dio attraverso l’accoglienza che Don Bosco ha riservato loro in una delle sue case. Il cuore dei Salesiani ha cambiato le loro vite, salvandole dalla situazione di povertà e forse di morte a cui erano condannate. E credo di poter dire che il frutto della Pasqua del Signore passa anche attraverso gesti umani che guariscono e salvano.
Queste sono le loro due storie.