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Ghana – I salesiani alle prese con Covid-19 e le sfide di sempre

17 Giugno 2020

(ANS – Sunyani) – La presenza salesiana in Ghana, nell’Ispettoria “Beato Artemide Zatti” dell’Africa Occidentale Anglofona, deve confrontarsi quotidianamente con problemi quali lo sfruttamento minorile, la povertà, la mancanza di opportunità che porta i giovani ad emigrare clandestinamente… A tutto questo si è aggiunta di recente anche la pandemia da Covid-19, con le difficoltà derivanti dal blocco delle attività. Il missionario salesiano don Nicola Ciarapica, 72 anni, da 30 attivo in quella regione africana, offre un quadro dettagliato delle sfide attuali.

In cosa consiste la vostra opera in questa situazione?

Le nostre scuole tecniche e anche i convitti sono vuoti, ma abbiamo preso la decisione di rimanere insieme alla popolazione locale sia ad Ashaiman-Accra, nel Sud, sia a Sunyani, al Centro-Ovest, sia a Tatale, nel Nord-Est del Ghana. Questo ci permette di continuare a condividere, di essere disponibili alle persone, di portare avanti attività per l’emancipazione socio-economica delle donne, dei giovani e dei gruppi vulnerabili.

Altra attività che continuiamo a realizzare è la formazione di insegnanti sulle tematiche della migrazione irregolare, chiave per creare una cultura della pianificazione coscienziosa del proprio percorso educativo-professionale, non precludendo, allo stesso tempo, la possibilità di partire per l’estero se ci sono i presupposti di poter viaggiare regolarmente. Con l’aiuto di benefattori abbiamo distribuito alle famiglie più povere attrezzi per l’agricoltura, semi, fertilizzanti…

I mezzi di comunicazione sociale ci permettono di offrire sussidi per la formazione spirituale e umana e invitare a momenti di preghiera fatta insieme anche se ognuno a casa sua. Essere rimasti con la gente ci aiuta a preparare il post-pandemia. Proprio poche settimane fa è stato pubblicato il libro con otto riflessioni di Papa Francesco che ci invita a pensare un nuovo sistema di relazioni sociali, religiose, economiche, politiche, culturali, comportamentali che questa Pandemia ci ha obbligato a subire!”

Uno dei maggiori problemi è la tratta dei minori: quale risposta concreta offre la Chiesa in questa lotta?

Il fenomeno della schiavitù minorile è purtroppo diffuso in questa regione africana come si comprende da questa testimonianza di don Silvio Roggia, un salesiano della nostra provincia: ‘Già 20 anni fa, quando viaggiavo via terra tra Nigeria e Ghana, passando attraverso la Repubblica di Benin e Togo, alle frontiere si vedevano i poster di organizzazioni che mettevano in guardia contro il traffico di bambini, venduti per anni e usati nelle piantagioni di cacao come manodopera a costo zero da padroni senza scrupoli’. Il traffico di minori si è poi esteso anche nel settore della pesca e della pastorizia e si è aperto poi a circuiti criminali esteri.

Donne e ragazze provenienti dalla Cina, Nigeria, Costa d’Avorio e Burkina Faso sono anche vittime di tratta per la prostituzione in Ghana. Soprattutto ad Accra, la presenza di un gran numero di ragazzi di strada favorisce la diffusine di questo fenomeno.

La tratta, un reato grave di per sé, si accompagna ad altre atrocità e violazioni dei diritti umani, come il lavoro in schiavitù, l’utilizzo di bambini soldato, le violenze e lo sfruttamento sessuali, la commercializzazione di organi umani… In Ghana la Chiesa Cattolica è sempre stata un baluardo di difesa dei Diritti Umani.

In Ghana la Commissione cattolica di Giustizia e Pace è sempre stata attiva nel sensibilizzare l’opinione pubblica su temi di interesse nazionale, come il rispetto per la vita nei programmi statali di pianificazione familiare, l’equità e la trasparenza nell’economia per moderare le spinte liberiste, la promozione della donna, il pericolo dell’inquinamento, la desertificazione delle regioni del Nord, la corruzione nella politica. Nel far fronte a tanti di questi crimini, così come nella lotta e nella prevenzione della tratta, la Chiesa Cattolica di Accra ha fondato già nel 1992 la ONG “Catholic Action for Street children” (CAS). 

Insieme alla Procura Missionaria Salesiana “Missioni Don Bosco” di Torino, in collaborazione con l’ONG salesiana “Volontariato Internazionale per lo Sviluppo” (VIS), dal 2015 si porta avanti la campagna “Stop Tratta” che mira al contrasto della tratta e alla promozione di opportunità di sviluppo in Ghana, Senegal ed Etiopia. Noi Salesiani, con la Chiesa Cattolica del Ghana, con le Organizzazioni Civili e varie ONG abbiamo aperto ad Ashaiman, vicino alla capitale, da tre anni il “Child Protection Centre”, un Centro di Protezione per ospitare i minori recuperati per lo più dalla polizia dalle mani dei trafficanti con l’obiettivo di assisterli, rieducarli e quando è possibile riconsegnarli alle famiglie.

Il Centro sorge oggi su un terreno donato da Inna Marian Patt, la vincitrice di Miss Ghana 2004. La ragazza voleva che nascesse un’opera dedicata alle giovani più disagiate e, una volta incontrati i Salesiani di Don Bosco, il suo sogno è potuto diventare realtà. Un centro come questo è indispensabile per il recupero dei giovani. Quando la polizia riesce a salvare questi ragazzi, è infatti molto importante inserirli al più presto in un percorso di recupero psicologico e sociale. Al “Child Protection Centre” i ragazzi imparano a leggere e scrivere, poi ricevono una formazione scolastica vera e propria e, infine, vengono avviati al mondo del lavoro.

Quale sfida comporta questa pandemia per la fede?

Una prima impressione è che i cattolici si sono lasciati sorprendere dalle misure del lockdown. Soprattutto all’inizio si è subita passivamente e con paura e smarrimento la situazione. Ci si è ritrovati a dover pregare da soli in casa propria, e dalla maggior parte delle parrocchie non si sono inventati dei mezzi per raggiungere le persone. Pochi cristiani hanno lo smartphone, e anche chi ce l’ha non può disporre di una buona connessione internet, e non si potevano dunque organizzare delle dirette Facebook.

Ci sono stati casi originali di parroci, dove non arrivano le radio, che hanno installato, in alcuni punti dei villaggi nel territorio della parrocchia, altoparlanti, collegati via cellulare con la sede della parrocchia. Attraverso questo mezzo si trasmette in tutto il villaggio a varie ore del giorno il Rosario, la Messa, degli insegnamenti biblici, ed anche informazioni sanitarie sull’epidemia in corso. Ciò è stato molto apprezzato dalla gente, che non poteva uscire di casa e andare a pregare insieme in chiesa.

In altre parti della nazione, lontane dai primi focolai di infezione, si è continuato a vivere e relazionarsi normalmente talvolta anche ignorando le prescrizioni e norme di comportamento del Governo e dei Capi religiosi. La fede cristiana è collegata con la Speranza e l’Amore, e collegata con il come i cristiani hanno manifestato la solidarietà cristiana.

Il 27 marzo, i vescovi del Ghana hanno lanciato un piano nazionale di risposta di emergenza di nove mesi per COVID-19 per garantire che i poveri e i vulnerabili ricevano servizi fondamentali durante la crisi. Al momento del lancio, i vescovi in Ghana hanno osservato che “in questi tempi di pandemia di COVID-19, c’è la necessità per le persone di tutto il mondo e in particolare del Ghana, di vivere una vita esemplare simile a Cristo estendendo amore, gentilezza e cura a quelli che sono maggiormente colpiti o in pericolo di virus mortale”.

Dal lancio dell’iniziativa, molti gruppi cattolici in Ghana hanno ascoltato l’appello donando attrezzature ospedaliere e cibo per i bisognosi nel paese.

Come prete, condivido con semplicità un nuovo modo di esistenza; un forte richiamo a vivere la Messa come il cuore della vita; una “solitudine celebrativa” che non è lontananza, ma che crea “comunione mistica” con le persone malate, con chi muore solo, con tutti coloro che sono in prima linea, che si rendono disponibili per non far mancare i servizi di base, con le famiglie; un essere facilitatore della solidarietà con i più bisognosi e vulnerabili; una spinta ad adattare la pastorale alle circostanze.

Mi pare che l’immagine pastorale più eloquente di questo periodo possa essere la porta aperta delle nostre cappelle di adorazione del Santissimo Sacramento: in questi mesi di provvedimenti che limitano assembramenti in luoghi di culto a non più di 5 persone, il segno di quelle porte aperte ci ha messo davanti alla costante presenza di Cristo Eucaristico che permette sempre di portare le nostre vicende terrene presso il cuore del Padre e di farci riempire della sua Vita di Amore, in quella misura scossa e traboccante, che scorre in tanti rivoli per raggiungere “molti” e dare Vita.

Simone Baroncia

Fonte: Korazym

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