Stati Uniti – Il rischio di oggi, un’opportunità per il futuro: il volontariato

07 Giugno 2016

(ANS – Bellflower) – Juan Carlos Montenegro è un exallievo dell’Istituto Tecnico Salesiano Don Bosco Kennedy di Quito, Ecuador. Sin dagli anni nella scuola salesiana sentiva che la sua vita “non sarebbe dovuta essere una vita senza senso”. Da studente decise di fare volontariato tra gli indigeni “Achuar” di Wasakentsa. “È stata un’esperienza di volontariato che ha cambiato la mia vita per sempre” afferma.

Juan Carlos, com’è nata la tua vocazione al volontariato?

Credo che la mia vocazione sia nata in famiglia. I miei genitori sono stati un esempio. Una seconda ragione è stata l’apertura di una scuola salesiana che mi ha formato nell’aiutare i bisognosi, attraverso il volontariato salesiano.

Che percorso hai fatto in questi anni come volontario?

La mia prima esperienza è stata a Wasakentsa. Poi a 25 anni sono stato invitato a lavorare nella parrocchia “St. Dominic Savio” a Bellflower, California, come responsabile della pastorale giovanile. Nel 2007 ho preso l’incarico di responsabile del Volontariato Salesiano Ispettoriale e ho continuato le esperienze missionarie.

Adesso stai ultimando uno studio su volontari. Quali sono le implicazioni per la Congregazione?

In effetti è stata realizzata un’indagine tra 428 ex volontari provenienti da 28 paesi di tutto il mondo. In questa ricerca ci siamo resi conto che un’esperienza missionaria ti cambia la vita. Il 93% degli ex volontari intervistati crede che l’esperienza di volontariato li abbia aiutati e abbia cambiato la loro vita.

Qual è l’elemento essenziale del volontariato?

Credo sia l’accompagnamento. Se un volontario si sente accompagnato cresce umanamente. L’accompagnamento richiede non solo processi, ma anche momenti come: essere attenti, ascoltare, avere incontri personali, pregare insieme.

Nel percorso del Volontariato, quale pensi sia la situazione più difficile della missione?

Dallo studio emerge che per il 52% degli ex volontari il momento più difficile è quando il volontariato è finito e si deve tornare alla vita “normale”. Dopo aver vissuto con la povertà, il ritorno alla casa provoca uno shock che non è facile da accettare.

Di fronte ad una cultura dell’indifferenza, ci sono giovani desiderosi di essere missionari?

Sicuramente sì. Ci sono giovani che cercano di donarsi, di condividere la loro vita. Abbiamo solo bisogno di offrire loro una proposta e una via. Quanto bene potremmo fare a tanti giovani che vagano per il mondo senza un significato! Ma voglio anche sottolineare che è importante che sia ben definita l’identità del volontariato salesiano.

Cosa si porta un volontario al termine dell’esperienza?

La nostra ricerca mostra che ci sono 3 punti di forza: la conoscenza di sé; la conoscenza di contesti diversi e il saper interagire con le persone; e poi quello più importante: aprirsi ad una relazione con Dio! Questi tre doni sono insostituibili per il resto della vita.

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