Italia – Come dare speranza ai giovani: intervista a don Domenico Ricca

08 Ottobre 2021

(ANS – Torino) – Don Domenico Ricca, salesiano, è cappellano dell’Istituto penale per minorenni “Ferrante Aporti” di Torino. Ha ricoperto numerosi incarichi nazionali e regionali a favore dei ragazzi più fragili. È Presidente dell’associazione “Amici di Don Bosco” e Consigliere Ecclesiastico delle ACLI della Provincia di Torino. Si riporta di seguito un estratto della sua intervista a “La Voce e il Tempo”.

La pandemia ha svelato fragilità nuove anche nei giovani più “fortunati” e da più parti si afferma che saranno le nuove generazioni a pagarne il prezzo più alto. Dal suo osservatorio condivide questa analisi?

Se c’è una categoria di persone su cui non si dovrebbe mai generalizzare sono proprio i giovani. Oggi mostrano fieri il cerotto sul braccio: sono giovani e adolescenti che non pensano solo alla vacanza in libertà. Scelgono il vaccino per ritrovare la normalità, rientrare in classe e superare l’incubo della didattica a distanza, riprendere le attività sportive, ma anche per tornare a vivere in sicurezza l’università o il lavoro.

Secondo lei il mondo degli adulti (genitori, educatori, insegnanti, politici…) cosa deve fare per aiutare ragazzi e ragazze a guardare oltre Covid-19, che ci ha gettato in un clima di pessimismo, e progettare il futuro?

Qui il tema rimanda a quale tipo di comunicazione va innestata tra gli adulti e i giovani. Noi adulti siamo ancora troppo legati alla comunicazione verbale fatta di buone parole, piena di “mi raccomando”. Ma non è forse giunto il tempo di avviare segnali e possibili percorsi di incontro? Perché tutti sperimentiamo la ricchezza di un incontro prolungato, senza fretta, non guardando l’orologio, ma trasmettendo la vera sensazione di essere lì solo per loro. Occorre condivisione di esperienze. È quanto scriveva Don Bosco nel 1884 da Roma in una lettera inviata ai salesiani di Torino Valdocco: Non basta che i giovani siano amati ma che capiscano di essere amati!”. Con questo li invitava a stare in mezzo ai ragazzi, a giocare con loro, a seguirli in ogni loro attività, a praticare la vicinanza… Erano questi per Don Bosco i veri segnali d’incontro.

Qual è il ruolo della Pastorale Giovanile delle nostre diocesi?

La Pastorale Giovanile ha grandi opportunità: educatori e preti giovani che stanno in mezzo ai ragazzi. Li favorisce la vicinanza di età, le tante occasioni, anche quelle estive: Estate Ragazzi, campi scuola, oratori aperti e accoglienti al di là del colore della pelle e dell’appartenenza religiosa. Ma anche qui – e io sono nessuno per insegnare agli altri – sembra ovvio che queste occasioni di incontro bisogna giocarsele a tutto campo, non aver paura, ma viverle con gioia: perché se i ragazzi vedono che noi ci crediamo, non saranno mai spettatori.

Il presidente Mattarella intervenendo al Meeting di Rimini ha invitato tutti al coraggio della responsabilità: “la nostra responsabilità è immaginare il domani” ha detto. Come possiamo aiutare i nostri giovani ad immaginare il loro domani?

La pandemia ci ha dimostrato quanto ci sia bisogno di responsabilità. L’io responsabile e solidale, l’io che riconosce il comune destino degli esseri umani. Lo sviluppo integrale della persona si è arricchito di ulteriori implicazioni e coerenze, connesse anche all’irrinunciabile principio di pari dignità e uguaglianza. La persona è più dell’individuo: è un io pienamente realizzato. Vive nel ‘noi’, cerca il ‘noi’. Sentiamo che cresce la voglia di ripartire: il motore è la fiducia che sapremo migliorarci.

L’intervista completa è disponibile qui.

InfoANS

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