Spagna – Don Roca, SDB: “Desidero continuare ad offrire una presenza amorevole secondo gli insegnamenti di Gesù Cristo e di Don Bosco”

30 Marzo 2023

(ANS – Barcellona) – Don Alfred Roca, 89 anni, è un salesiano missionario che ha l’Etiopia nel cuore. Ha trascorso quasi quattro decenni condividendo gioie e dolori con la gente dell’Etiopia, soprattutto nella regione del Tigray. Recentemente ha parlato al Bollettino Salesiano della Spagna su quanto accaduto nel nord dell’Etiopia negli ultimi due anni.

I media parlano costantemente della guerra in Ucraina, ma non si parla quasi mai dell’Etiopia. Come si sente in questa situazione?

Quando nel novembre 2020 è scoppiata la guerra nel nord dell’Etiopia, ha trovato un po’ di spazio nei media e alcune nazioni e organizzazioni internazionali si sono interessate e hanno offerto il loro aiuto. Ma con il passare dei giorni e l’inizio della guerra in Ucraina, il conflitto in Tigray ha smesso di fare notizia. Questi due anni, per la regione del Tigray e in parte anche per il resto del Paese, hanno significato grandi sofferenze per molte persone: guerra, fame, mancanza di medicinali e assistenza medica, chiusura di scuole e università, arruolamento di molti giovani... Ma è un fatto che la fine delle ostilità è stata possibile grazie all’intervento delle organizzazioni internazionali. Quanto al paragone con il trattamento della guerra con l’Ucraina, non mi compete.

La sua comunità, nel Tigray, si trova nella zona più colpita dalla guerra: quali sono i bisogni della gente?

Un medico dell’ospedale più importante di Makallé ha raccontato in un programma televisivo locale: “Noi, come medici, siamo qui per salvare vite umane, ma la realtà è che possiamo solo aspettare il giorno in cui queste persone, che non possiamo aiutare, moriranno”. Questa testimonianza riflette le difficoltà di due anni di assedio e di guerra. La mancanza di cibo e di medicine, insieme all’assenza di comunicazioni, ha segnato la vita della maggior parte delle persone, e non solo dei più poveri. Sono stati anni di fame, con morti e malnutrizione, soprattutto tra i bambini.

A causa dell’insicurezza e della distruzione causata dagli attacchi terrestri e aerei, molte famiglie sono emigrate e vivono in campi profughi nel Paese stesso o in Sudan. È necessario facilitare il loro ritorno a casa e aiutarli a ricostruire le loro vite.

Come vi siete organizzati per fra fronte alle necessità della situazione?

Come altre realtà civili e religiose, la diocesi di Adigrat, con il suo vescovo in testa, le comunità salesiane e di altri religiosi e religiose, siamo stati vicini alla popolazione con la nostra presenza e, quando possibile, distribuendo il cibo ottenuto con sussidi ricevuti tramite la nostra comunità della Visitatoria di Addis Abeba e del Programma Alimentare Mondiale delle Nazioni Unite. Poi, abbiamo accolto le persone, ricevendo il loro ringraziamento con espressioni come: “Non veniamo qui per quello che ci potete dare, ma perché qui al ‘Don Bosco’ ci sentiamo sicuri e amati”.

Cosa ha significato tutto questo per i più giovani?

Le scuole e le università sono rimaste chiuse per tre anni, prima a causa della pandemia e poi a causa della guerra, con chiare ripercussioni sul futuro dei bambini e dei giovani e dell’intero Paese. Molti giovani della regione sono stati costretti ad arruolarsi come soldati.

Le comunità salesiane in Etiopia ed Eritrea, con 106 membri e molti laici, lavorano nelle scuole, nelle parrocchie, nei centri giovanili e nelle opere sociali. La gioventù è cambiata e sente il bisogno di qualifiche per avere accesso a un buon tenore di vita, ma soffrono le conseguenze della situazione attuale. Questo spiega perché c’è una forte emigrazione, non pianificata e senza le condizioni di sicurezza. La mancanza di lavoro dopo gli studi fa sì che molti aspirino a trasferirsi all’estero, ingrossando così il numero degli Etiopi nella diaspora.

Lei è ancora in forma, nonostante l’età: il suo viaggio continua ancora in Etiopia?

I 36 anni di permanenza in Etiopia sono stati per me un arricchimento personale – ho ricevuto molto di più di quello che ho potuto dare – e questo fa sì che, nonostante l’età e il fatto che mi trovi in Spagna per qualche mese, io voglia tornare. Posso offrire la mia presenza e poco altro, ma credo che questo sia ciò di cui le persone, e in particolare i giovani, hanno più bisogno: una presenza amorevole fatta di vicinanza e convivialità, ad imitazione di Gesù Cristo e di Don Bosco.

Esprima un desiderio a Dio per questo popolo che tanto ama.

Il mio augurio è che tutti noi nel Paese lavoriamo per sanare le ferite, per fondare la pace sulla giustizia e sulla convivenza fraterna, rispettando la Costituzione, i valori vissuti dalle diverse religioni che il popolo professa, e le diverse etnie. Esprimendomi sotto forma di preghiera, chiederei a Dio che si realizzino le parole del salmista: “L’Etiopia tenderà le mani a Dio” (Salmo 67/68).

Non voglio concludere l’intervista senza ringraziare la solidarietà della Spagna salesiana che, attraverso le sue ONG “Bosco Global”, “Jóvenes y Desarrollo” e “Misiones Salesianas”, continua a sostenere i nostri progetti nel Paese.

Fonte: Bollettino Salesiano della Spagna

InfoANS

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