RMG – La strategia missionaria di San Francesco di Sales
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14 Dicembre 2022

(ANS – Roma) – Ispirato dalla sua bontà, dal suo zelo e dal suo ottimista umanesimo, Don Bosco scelse San Francesco di Sales come patrono della sua Congregazione e chiamò “Salesiani” i suoi seguaci (SDB Cost. 4 e 17). E ancora oggi è possibile imparare molto dalla strategia missionaria che san Francesco di Sales seppe sviluppare, dapprima durante la sua esperienza missionaria nella regione dello Chablais in Francia (1594-1597) e poi durante il suo ministero come vescovo di Ginevra in esilio (1602-1622).

In primo luogo, per essere vicino alla sua gente, San Francesco accettò di vivere nel castello di Allinges, accompagnato solo da suo cugino. Scegliendo di scendere a piedi a Thonon ogni giorno, incontrava le persone nella loro vita quotidiana: gli operai nelle loro botteghe, i contadini nei loro campi e gli abitanti dei villaggi nelle loro case. In questo modo, stabiliva un semplice, ma personale rapporto con loro. Diventando loro amico, la sua testimonianza di vita diventava ancora più attraente. Questo apostolato di relazione e amicizia divenne il fondamento della sua opera missionaria.

In secondo luogo, San Francesco viveva povero, privo di risorse. Aveva poco sostegno umano. Sebbene fosse ospitato nel castello di Allinges come ospite del Barone di Hermance, si rifiutò di predicare il Vangelo protetto dalle armi dell’esercito cattolico.

In terzo luogo, riponeva la sua speranza solo in Dio. La sua forza erano la preghiera e la Messa quotidiana nella piccola cappella del castello prima di scendere a Thonon. Anche se veniva insultato e deriso, anche se i protestanti lo evitavano o lo assalivano, li trattava con grande rispetto e profonda carità.

In quarto luogo, era convinto della naturale inclinazione all’amore di ogni essere umano. Per lui la sfida missionaria consisteva nell’aiutare ogni persona a credere, con il dono della fede, nell’esistenza di un Dio d’amore, incarnatosi nell’umanità in Gesù, crocifisso per amore nostro e risorto perché potessimo entrare pienamente nella comunione d’amore con Dio.

In quinto luogo, si preparava bene per predicare, mettendo la stessa cura sia per il suo piccolo gregge di fedeli nello Chablais, sia per una gran folla di fedeli. Quando la gente si rifiutava di ascoltarlo, Francesco scriveva opuscoli e li distribuiva. E allo stesso modo dei protestanti, usava anche le Scritture nella sua predicazione e nelle discussioni con alcuni di loro.

Infine, dato che all’epoca le accademie erano il luogo predominante per gli sforzi intellettuali della sempre più istruita popolazione europea, nel 1606 San Francesco di Sales, insieme ad Antoine Favre, Presidente del Senato di Savoia, fondò l’Accademia Florimontana. Scopo ultimo di questa iniziativa era promuovere un “umanesimo devoto” infondendo i valori del Vangelo nella letteratura e nella scienza, creando così un legame tra fede e cultura e promuovendo l’integrazione tra fede e ragione. In questa luce la “devozione” (santità) s’infonde in tutte le dimensioni della vita quotidiana. L’Accademia Florimontana cessò le sue attività nel 1610, quando il Senato di Savoia venne trasferito a Chambéry. Tra i suoi membri vi figurarono comunque anche il poeta Honoré d’Urfé e i due figli di Favre, uno dei quali, Claude Favre de Vaugelas, sarebbe divenuto in seguito uno degli accademici originari della rinomata Accademia di Francia a Parigi.

In definitiva, San Francesco di Sales seppe toccare il cuore delle persone soprattutto attraverso la sua personale testimonianza di vita - attraverso il suo zelo missionario, il suo coraggio, la sua fede, la sua carità e la sua predicazione – che seppe portare molti alla conversione.

Per riflettere e condividere:

Cosa posso apprendere dalla strategia missionaria di San Francesco di Sales, che sia replicabile nel mio contesto?

Che importanza devo dare alla mia personale testimonianza di vita?

Don Alfred Maravilla SDB

Consigliere Generale per le Missioni

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