Madagascar – La Pasqua di Gesù vissuta con il popolo malgascio
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12 Aprile 2023

(ANS – Ambohidratrimo) – Prima dell’avvento di Gesù Cristo, il popolo malgascio conosceva già il Dio Creatore, chiamato in lingua malgascia “Zanahary”. Lo Zanahary è anche il Dio provvidenziale che protegge e provvede ai bisogni di tutti. Il popolo malgascio vive questa grazia della creazione in armonia con lo Zanahary attraverso una natura ricca, una cultura pacifica e una vita di speranza. Per i malgasci, Dio Creatore li ha benedetti con un’abbondanza di benedizioni naturali, una terra fertile e un clima mite. Ben consapevoli dei benefici che lo Zanahary ha per loro, i malgasci si sentono molto speciali su quest’isola del Madagascar, la quinta isola più grande del mondo.

La Pasqua di Gesù Cristo è celebrata in tutto il mondo come la vittoria di Gesù sulla morte e la risurrezione di Gesù apre la strada a una nuova vita per i popoli della terra. Nonostante la grande povertà e le difficoltà della natura, i malgasci vivono la Pasqua come una vittoria della vita sulla morte, una vittoria della gioia sulla tristezza, una vittoria della luce sulle tenebre.

Lo dicono nella loro lingua: “Raha tsy miaritra ny fohoriana isika, dia tsy hiditra ny Fanjakan’Andriamanitra”, che significa: “Se non sopportiamo la sofferenza, non entreremo nel Regno dei Cieli”. I malgasci vivono e affrontano le sofferenze della vita quotidiana con grande fiducia in Dio e con una gioia inspiegabile se si vede la miseria in cui molti vivono.

La preparazione alla Festa è preceduta da una seria preparazione spirituale, il tempo della Quaresima. Durante la Quaresima, i cristiani malgasci organizzano ritiri e preparazione dei catecumeni ai sacramenti, confessioni, ritiri spirituali, visite alle carceri (quella dei minori di Anjanamasina e molte altre), visite ai malati negli ospedali, sostegno ai giovani e ai bambini che hanno abbandonato la scuola, condivisione con i poveri e, soprattutto quest’anno, con le vittime dei cicloni Batsirai, Freddy e Cheneso.

“Come giovane sacerdote salesiano, ho trascorso i primi quattro anni del mio percorso sacerdotale nella missione in Madagascar e rimango positivamente segnato dal fervore del popolo malgascio nella fede, nella carità e nella speranza. Non ho mai confessato e accompagnato tante persone (giovani e adulti) in vita mia come in Madagascar” testimonia don Florent Dembele, salesiano maliano, oggi in servizio presso il Colle Don Bosco, sui Luoghi Salesiani del Piemonte.

“La missione è abbondante su quest’isola e sento che Dio chiama ad aprire nuovi orizzonti per questo popolo e soprattutto per i giovani che costituiscono i due terzi della popolazione. L’entusiasmo e l’ospitalità dei giovani e degli adulti mi hanno aiutato a vivere la mia vocazione salesiana, la mia missione e ad essere al servizio di tutti”.

La Chiesa malgascia è una Chiesa che cammina nella fede in Dio, nella carità (verso i suoi poveri) e coltiva la speranza della vita eterna. È per questa fede, carità e speranza che la Pasqua è celebrata in Madagascar come una festa della speranza, una festa della famiglia. La Pasqua è celebrata nella massima semplicità, una semplicità generosa che riflette l’amore e la fraternità delle prime comunità cristiane.

Il popolo malgascio non ha l’abitudine di lamentarsi, né è un essere rassegnato. Accetta la vita con ottimismo. Per i malgasci non esiste una vera separazione tra la vita e la morte. La croce (cioè la sofferenza, le difficoltà ecc.) fa parte della vita quotidiana. La morte fisica è solo una perdita temporanea. Per questo motivo i malgasci considerano i morti come parte integrante della famiglia dei vivi, non vengono mai dimenticati nella famiglia. La fiducia nella provvidenza è la cosa più importante nella vita dei malgasci. Questo non significa che non siano lungimiranti, anzi, sono laboriosi, audaci e vigorosi.

Nella speranza della resurrezione, in Madagascar si celebra la cosiddetta “Famadihana”, la venerazione delle reliquie dei parenti defunti. Ogni anno, questa celebrazione viene organizzata da un villaggio all’altro e da una famiglia all’altra. La celebrazione della Famadihana avviene dopo la Pasqua, come a testimoniare il desiderio di vedere i propri fratelli e sorelle defunti condividere la gloria di Gesù.

Questo rito post-mortem non è solo malgascio: pratiche simili esistono anche in altri paesi, come in Indonesia (tra i Toraja e i Dayak) e in Africa (ad esempio, tra i Bassar nel Nord del Togo). Osservando i testi biblici, vediamo anche che il “Famadihana” era già applicato ad alcune personalità, Giacobbe, Giuseppe, Saul e Gionata. Sebbene la pratica di questa tradizione sia ancora arcaica per molte persone, i cristiani malgasci praticano questa tradizione ancestrale come testimonianza dello stretto rapporto tra la fede cristiana e la loro cultura.

In particolare, per la Chiesa cattolica, la venerazione delle reliquie e il culto dei santi occupano un posto speciale. Confrontandoli con il Famadihana, questo rito malgascio può aiutare a comprendere la fede e la pratica cristiana. È in questo senso che l’inculturazione mantiene la sua singolarità.

Per ulteriori informazioni, visitare il sito: www.missionidonbosco.org 

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