RMG – Lettera sul sacerdote salesiano nel prossimo numero degli Atti
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30 Gennaio 2020

(ANS – Roma) – Nel prossimo numero degli Atti del Consiglio Generale – (ACG 431), del 2019 – ci sarà una lettera sul sacerdote salesiano. Questo è un altro modo per esplorare l’identità carismatica salesiana più in profondità, come voleva il Capitolo Generale 27, ed è in complementarietà con la lettera “Una rinnovata attenzione al salesiano coadiutore”, pubblicata in ACG 424.

C'è stata poca riflessione nei documenti della Chiesa sul tema del sacerdozio di chi è religioso, come già aveva fatto osservare Don Egidio Viganò dopo il sinodo sulla formazione sacerdotale e di nuovo dopo il sinodo sulla vita consacrata. La nuova Ratio della Chiesa recentemente pubblicata (dicembre 2016 – Il dono della vocazione presbiterale), non contiene ancora alcuna riflessione specifica sul tema. Nella Congregazione, invece, la lettera di Don Viganò in ACG 335, “Ci sta a cuore il prete del duemila”, rimane una pietra miliare.

“Vivere il sacerdozio da salesiani” (ACG 431) inizia richiamando l’attenzione sul grande dono della vita consacrata salesiana e del sacerdozio, continua con l’illustrare i tratti caratteristici del sacerdozio nella vita salesiana e termina con suggerimenti puntuali per approfondire l’identità del sacerdote salesiano.

Invita il sacerdote salesiano ad avere una visione più chiara del suo posto nella Chiesa. Dobbiamo sempre essere consapevoli e convinti del fatto che la più alta dignità nella Chiesa è quella conferita dal battesimo. I padri della Chiesa erano soliti dire Christianus alter Christus - il cristiano è un altro Cristo. “Significa ben più christianus che non episcopus, anche se si tratta del vescovo di Roma”, ha detto Giovanni Paolo II in “Varcare le soglie della speranza”.

La lettera propone una riflessione sulla unicità del sacerdozio di Cristo, al fine di spronare i salesiani sacerdoti ad evitare ogni possibile tendenza a comportarsi da padroni tra il popolo di Dio. Un sacerdote che assume quegli atteggiamenti clericalisti che papa Francesco spesso denuncia, dimostra di aver capito quasi nulla del sacerdozio di Gesù.

Il sacerdozio ministeriale deve quindi essere al servizio del sacerdozio comune dei fedeli. Nella Gerusalemme celeste avremo bisogno né di Bibbia, né di sacramenti, né di vescovi, né di preti, come don Viganò ci ricorda. E così, già nella Chiesa oggi “l’ordine delle realtà istituzionali, gerarchiche e operative passa in seconda linea di fronte al Mistero a cui esse servono e che rivelano a chi vive la fede”.

Le scelte apostoliche del sacerdote salesiano sono sempre mediate dalla comunità e dal carisma. Pertanto, non tutte le attività sacerdotali sono adatte per un salesiano prete, ma solo quelle che fanno parte del carisma e della missione e sono state sottoposte al discernimento della comunità. Al sacerdote salesiano viene anche ricordato che la sua consacrazione colora tutto nella sua vita. Come Gesù, anch’egli è un segno escatologico, un ricordo visibile per le persone della vita della risurrezione che Dio sta offrendo a tutti noi.

La lettera si conclude elencando le implicazioni che ne derivano per l’animazione vocazionale e per le varie fasi della formazione. La sfida della formazione specifica è garantire che i confratelli continuino a crescere in pienezza nella loro identità salesiana consacrata presbiterale. Solo quando vivono in armonia e fino in fondo questa vocazione e identità, pur con i limiti personali, i salesiani sono chi la Chiesa, i giovani e il popolo di Dio chiede loro di essere. Quando invece non è così il famoso detto di Agostino diventa vero anche per noi: bene curris, sed extra viam – sei un gran corridore, ma stai andando nella direzione sbagliata.

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